Le strip-stories di Romano Scarpa

Le strip-stories di Romano Scarpa

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta Romano Scarpa scrisse e disegnò quattro avventure con Topolino costruite nel formato a striscia invece che in quello classico da libretto: ecco una breve analisi di quell’esperimento.

Romano Scarpa è senza alcun dubbio uno dei fumettisti più importanti per quanto riguarda i comics disneyani, ben degno di stare sul podio assieme ai maestri americani Carl Barks e Floyd Gottfredson.
Nell’arco della sua pluridecennale carriera l’autore di Cannaregio realizzò avventure entrate nella storia del fumetto Disney sia lavorando sull’universo dei paperi che con quello di Topolino & co., affiancando fin dai primi tempi alla sua attività di disegnatore anche quella di sceneggiatore.
Tra le ultime opere di rilievo della sua carriera si annoverano sicuramente le quattro avventure che Scarpa realizzò nel formato a striscia: le cosiddette strip-stories, sorta di testamento spirituale della sua poetica insieme alla storia-fiume Paperolimpiadi.

Prima premessa: la tradizione delle strisce americane

Romano Scarpa ha sempre guardato con ammirazione al lavoro di Floyd Gottfredson (e degli sceneggiatori che lo affiancavano) su Mickey Mouse, da prima ancora che conoscesse nome e identità del disegnatore americano. Queste storie venivano pubblicate, tra gli anni Trenta e Cinquanta, al ritmo di quattro vignette al giorno sui quotidiani statunitensi e non di raro andavano a formare una trama lunga mesi e piuttosto articolata.
Il taglio – narrativo e grafico – era riconoscibile all’occhio attento del giovane autore veneziano, che leggeva quelle avventure nella traduzione per il Topolino italiano, rimontate al ritmo di sei vignette per pagina in modo che potessero adeguarsi al formato del libretto.

Ma la modalità con cui queste storie venivano scritte tradiva comunque la loro natura originaria, aspetto che non sfuggì a Scarpa: la “regola” era quella di riservare alla vignetta che chiudeva la striscia un colpo di scena o una gag, così da rendere in qualche modo godibile anche quel singolo frammento di avventura, in grado di spingere il lettore a voler sapere come sarebbe proseguito l’intreccio, un po’ come accade oggi con i cosiddetti cliffhanger nelle serie televisive con un forte senso della continuity.

Questo stratagemma dettava quindi il ritmo della narrazione, un po’ come un andamento musicale, rendendola particolarmente equilibrata e attrattiva, tanto da non sembrare sbagliato ricorrere a questo modus operandi anche per storie nate direttamente per il formato libretto.

Seconda premessa: i primi esperimenti

Già nel 1956, con solo una decina di storie all’attivo, Romano Scarpa scrisse e disegnò una storia che ricalcava questo andamento: Topolino e il mistero di Tapioco Sesto appariva infatti in tutto e per tutto aderente agli stilemi delle strisce di Gottfredson, tanto per l’andamento ritmico appena visto, quanto per il plot particolarmente affine a quelli orchestrati dal disegnatore dello Utah e dal suo team: un comprimario strampalato che Topolino si trova ad accudire, un background dai toni misteriosi che emerge pian piano, un viaggio in terre lontane, un complotto da disinnescare: non è un caso se si ritrovano echi della classica Topolino sosia di Re Sorcio, del resto.

Non solo: l’artista veneziano chiese e ottenne di poter inserire di quando in quando all’interno della storia la firma di Walt Disney, che compariva alla fine di ogni striscia pubblicata sui quotidiani USA e che ogni tanto permaneva anche nella versione italiana per dimenticanze da parte dei redattori, così da rendere ancora più efficace il gioco di emulazione che voleva portare avanti.

Successivamente Scarpa avrebbe seguito la regola ritmica delle strisce anche in altre sue avventure – per esempio Topolino e l’ultraghiaccio – ma l’episodio in cui avrebbe reso ancora più esplicito questo richiamo fu Topolino e la regina d’Africa, realizzato nel 1983 per il volume speciale e di grande formato Topolino Più. In questo caso il ritmo narrativo venne evidenziato incorniciando una vignetta ogni quattro con un doppio bordo, vignette nelle quali effettivamente era sempre presente un momento di tensione o la conclusione di una gag.

Verso la fine degli anni Ottanta i tempi sembravano maturi per una realizzazione fedele anche nella forma a questo modello putativo, dato che l’allora direttore di Topolino Gaudenzio Capelli stava per accettare la proposta di Scarpa di varare una nuova testata in formato orizzontale che potesse ospitare sue storie concepite apposta per tale pubblicazione. Il progetto naufragò prima di nascere, ma l’ostinazione del fumettista lo portò a conseguire almeno una vittoria, sotto questo fronte: la possibilità di realizzare quattro storie che, pur destinate alla pubblicazione su Topolino, sarebbero state sviluppate a strisce.

Le quattro avventure

© degli aventi diritto

Topolino e l’enigma di Brigaboom, Topolino e la banda dello sternuto, Topolino e gli Uomini-Vespa e Topolino in: Ciao, Minnotchka sono i titoli delle quattro strip-stories di Romano Scarpa.
La loro pubblicazione su Topolino fu strutturata per una lettura dalla pagina sinistra (con due vignette) a quella destra (con le altre due), con due strisce per ciascuna accoppiata di facciate affiancate. Frecce predisposte in alto e ai lati delle pagine ricordavano costantemente ai lettori l’ordine, decisamente atipico, con cui fruire di queste storie.

Il bizzarro esperimento poteva apparire fine a se stesso, l’incaponimento di un professionista estremamente legato al passato con cui si era formato. Ma non era esattamente così: se la componente “sentimentale” (chiamiamola così) rappresentava sicuramente una delle motivazioni dietro questa operazione, dall’altro lato si possono individuare dei motivi e dei meriti oggettivi per questo exploit.

© degli aventi diritto

Rispolverare il sistema a strisce per avventure di ampio respiro costituiva infatti un recupero concettuale importante, considerando che da anni questo formato era usato solo per microtrame autoconclusive che si esaurivano nell’ambito del singolo gruppo di quattro vignette; Romano Scarpa dimostrò che questa struttura aveva ancora molto da dire anche in termini di narrazione continuativa. Inoltre, rendere finalmente esplicito e dichiarato quell’andamento finora solo suggerito di quando in quando ma mai formalmente costituito, permise ai lettori di prendere maggiore coscienza delle potenzialità del fumetto e di come la diversa struttura poteva condizionare in qualche modo anche un diverso approccio di composizione della storia.

Infine, un altro elemento importante risiede nelle qualità di queste quattro storie: erano anni che l’artista di Cannaregio non realizzava intrecci complessi ed epici con Topolino protagonista, ma questa opportunità lo spinse a dare il massimo e a realizzare dei gialli avventurosi di grande pregio, nei quali Scarpa riversò tutta la sua grande passione per il cinema (L’enigma di Brigaboom fa il verso al film di Vincente Minnelli del 1954 Brigadoon, Ciao, Minnotcka richiama la pellicola del 1939 di Ernst Lubitsch Ninotchka) e per il classico Mickey avventuroso che tanto amava, affiancato da Gancetto alias Bruto, figlioccio adottivo di Gancio il Dritto, che viveva con lui e gli faceva da spalla da una quindicina d’anni sempre grazie all’inventiva di Scarpa.

Sono avventure dal sapore genuino, dove Topolino indagava su un’isola capace di spostarsi misteriosamente, oppure su una serie di furti che sfruttano la straordinaria capacità di un giovanotto, oppure su un mistero legato a un’ipotetica mutazione che coniugherebbe uomini e vespe in un sol corpo.

È il miglior Mickey quello che recita in queste trame: volitivo, altruista, intelligente, attento all’ambiente e pronto a spendersi in prima persona per difendere quello in cui crede. Rappresentava appieno il modello originario che Scarpa aveva conosciuto leggendo le storie disegnate da Floyd Gottfredson, e che l’autore vedeva come quello da mantenere, privilegiare e rilanciare, togliendogli quell’aura antipatica impostata nei decenni scorsi da una serie di storie poco riuscite e che aveva indirizzato le simpatie dei lettori verso Paperino.

Il Topolino di queste strip-stories non è un detective infallibile ma un normale cittadino con un forte senso del dovere e le capacità e il buon senso di agire per il bene e in favore dei suoi amici e dei suoi valori.

A tal proposito la figlia Sabina ha avuto modo di dichiarare, su Fumo di China n. 272 di aprile 2018:

Papà amava il suo lavoro e adorava il mondo Disney, ma quello classico dei comics americani, che spesso vedeva “macchiato” da certe modernità nostrane che non gli piacevano affatto. Lui cercava di mantenersi sempre fedele al modello americano classico e certe volte si irritava quando vedeva storie di Topolino che secondo lui non rispecchiavano i canoni disneyani originali. Momenti difficili perciò li ha avuti ogni volta che vedeva approvati e pubblicati racconti in cui veniva storpiata la filosofia dei comics originali.

© degli aventi diritto

Addirittura, nell’ultima di queste avventure, il protagonista dalle grandi orecchie si ritrovò invischiato in una trama a sfondo politico, con riferimenti – ancorché modificati e con nomi di fantasia – alla situazione di allora della Russia sovietica, degli idealismi e del socialismo. Uno “sconfinamento” non nuovo per il personaggio, che proprio nelle strips quotidiane di Gottfredson combatteva nella Seconda Guerra Mondiale, avversava Hitler e, successivamente, difendeva l’american way of life ironizzando sulla propaganda dell’URRS nel pieno della Guerra Fredda. Ma i tempi erano cambiati, e infatti non si fecero mancare alcune critiche da parte del Partito Comunista Italiano verso Ciao, Minnotchka, che ebbero gli onori della ribalta giornalistica per qualche giorno e che portarono la storia a non essere più ristampata fino al 2014, ospitata all’interno dell’opera omnia di Romano Scarpa Le grandi storie Disney.

Le altre tre strip-stories videro invece una prima ristampa sul periodico I Maestri Disney (nei numeri 19, 24 e 36), dove però vennero rimontate per l’occasione nel formato comic book della testata, ricadendo da una parte nella scelta anacronistica di cui furono “vittima” le strisce di Floyd Gottfredson a loro tempo ma fornendo la possibilità, in questo modo, di poterle ripubblicare più facilmente su altre collane di ristampe in futuro.

Il disegno

Dal punto di vista artistico, queste storie rappresentano probabilmente l’eccellenza del segno grafico di Scarpa: il suo tratto era giunto a completa maturazione, sintetizzando in una linea fluida e dall’inchiostrazione sottile le diverse mutazioni conosciute nell’arco della sua carriera e arrivando a un distillato elegante e sinuoso, che non mancava di echi gottfredsoniani ma che allo stesso tempo attualizzava certe soluzioni con un’impronta personale e moderna.

Il suo Topolino appariva dinamico e giovanile: a dispetto degli abiti “borghesi” ormai di prassi, tutto nella sua costruzione fisica comunicava enfasi e movimento, e senza dubbio la mai sopita passione per l’animazione influiva anche sul lavoro di fumettista, riversando in esso un’apprezzabile fluidità nel tratto che si riscontra anche nei dettagliatissimi storyboard realizzati dall’autore in fase di realizzazione delle quattro avventure a strisce. Tale background si avverte anche nella ricchezza espressiva del personaggio, il cui viso assume tratti pensierosi, sognatori, volitivi, perplessi, preoccupati, allegri… proprio come accade nei model sheets dei disegni animati, che devono mostrare varie pose e sguardi del cast.

I comprimari sono invece generalmente dei classici canidi antropomorfi, per quanto sempre graziati da un segno guizzante. Importante eccezione è costituita da Minnotchka, una topolina dalla orecchie grige e pelosette e dal caschetto biondo, interessante alternativa grafica ai prototipi di Mickey e Minni. La giubba da cosacco che indossa, invece, serve a ricondurre ulteriormente il personaggio alla Russia a cui fa indirettamente riferimento la storia, che prende il nome dalla ragazza in questione.

Strutturalmente, Scarpa si dimostra infine abile nel giocare con la griglia orizzontale: divide una vignetta in due da una linea ondulata per simboleggiare una telefonata e spesso le vignette invece di essere rigidamente quadrate vengono suddivise in modo obliquo, così da rendere leggermente più spaziosa una delle due. Utilizza una doppia solo quando è necessario, preferendo la scansione a quattro vignette per striscia che gli consente di rendere più alto il ritmo narrativo.

Le strip-stories di Romano Scarpa rappresentano un unicum nella produzione disneyana italiana, che non ebbe effettivo seguito anche se, a onor del vero, un timido tentativo di rinverdire il formato a striscia per produzioni inedite ci fu nel 2010: Tito Faraci e Lorenzo Pastrovicchio realizzarono infatti la storia Mickey’s strip, pubblicata in orizzontale (si doveva quindi ribaltare l’albo di 90° per leggerla) a puntate all’interno dei numeri dal 2834 al 2839 di Topolino, ma l’esperimento fu poco convincente e non ebbe ulteriori riprese.
L’approccio di questo progetto era in linea con quello scarpiano come filosofia di base ma, al contempo, la maggiore compressione narrativa lo rese distante dal respiro avventuroso del quartetto di vent’anni prima, che rappresenta tutt’ora una commistione azzeccata di tutto quello che rende memorabile un’avventura di Topolino.

Bibliografia essenziale:
I Maestri Disney #19-24-29-36
Le grandi storie Disney – L’opera omnia di Romano Scarpa #16-43-44-45-47
Fumo di China #272

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