Pubblicato da Coconino Press sotto l’etichetta Warp, Cosplayers di Dash Shaw è un fumetto che gioca sulle dicotomie, partendo da un argomento abbastanza banale. Bisogna allora scavare più a fondo.
Con le eccezioni del primo e dell’ultimo racconto, entrambi surreali e slegati dalla trama principale, tutti gli altri sono collegati e hanno per protagoniste Annie e Verti, due ragazze che girano video per passione. La prima si traveste, impersonando non solo i suoi personaggi preferiti, ma anche persone “normali” come un postino, mentre la seconda riprende e si occupa degli aspetti più tecnici della faccenda.
Sebbene il titolo faccia intendere una certa centralità del cosplay – l’uso sempre più di moda da parte di appassionati di fumetti, videogiochi, film e serie TV di vestirsi come i loro beniamini – fulcro del racconto è in realtà la ricerca di una dimensione personale e lavorativa che va al di là di convention, eventi e gare per il costume più bello e originale. Esempio lampante è paradossalmente proprio l’episodio in cui viene trattato esplicitamente questo tema che, a essere onesti, non è per tutti i palati. Esso funge da motore della vicenda e, attraverso uno spostamento dell’attenzione, rimane piuttosto defilato.
Più della sfida tra concorrenti che sfilano con gli abiti di Elektra e Rogue, per fare solo due nomi, a colpire è soprattutto la vacuità della vita di una esperto dell’opera di Osamu Tezuka, aspetto seguito in un’ipotetica scala di interesse dalla difficoltà di Annie a lasciarsi andare, visto che non accetta la corte di un ammiratore, ma non trova neppure il coraggio di rifiutarlo, quindi mette a nudo la necessità di evitare l’assunzione di responsabilità.
Un simile tentativo di nascondere i problemi sotto il tappeto si incontra già in uno dei primi racconti di Cosplayers, quando la risposta alle critiche mosse a un video viene affidata al discredito, anche falso e codardo, della spettatrice bollata come hater. O ancora quando una collaboratrice entusiasta viene lapidariamente liquidata come una lesbica che ci prova, senza che le sia lasciato il tempo di esprimersi veramente.
Annie gode di un’occasione di parziale riscatto poco oltre la metà della narrazione, ma a colpire maggiormente l’attenzione è Verti, che idolatra l’amica evidentemente senza accorgersi del proprio talento e della propria maturità sul piano umano. È lei ad aprirsi ai sentimenti, a cercare di barcamenarsi tra la cotta per un videogiocatore e la missione affidatale, ossia sedurlo per girare un video che ottenga tante visualizzazioni in rete. È sempre lei, quella che resta nell’ombra, a non gettare la spugna dopo l’insuccesso e ad avere nuove idee.
Un’altra dicotomia, che arriva quasi in chiusura di volume, fa sorridere (o rabbrividire) più delle altre i lettori accaniti di fumetti. Da un lato c’è un negoziante convinto che gli albi siano potenti, parlino e influenzino il pubblico, già a partire dall’acquisto. Una sorta di personificazione di alcune teorie che Grant Morrison ha esposto nelle avventure più metaletterarie che ha sceneggiato. Dall’altro ci sono le due giovani che ritagliano le vignette, senza nessun interesse per le trame in esse dispiegate.
Attento all’uso che fa del medium-fumetto è Shaw: intento a raccontare vari aspetti della vita, inserisce nella storia elementi che si allontanano dallo stile adottato in prevalenza. Infatti, alle tavole scandite dalla griglia, in particolare tra un capitolo e l’altro, si mescolano illustrazioni a tutta pagina di personaggi di finzione, di prodotti alimentari nelle loro confezioni e di oggetti utili a realizzare il miglior cosplay possibile. Migliore almeno secondo un canone preciso: ad Annie piacciono i costumi che non riproducono del tutto fedelmente quelli delle star o degli eroi, preferisce qualcosa di imperfetto, magari ibridato con altro.
Osservando la gabbia si può cogliere la predilezione dell’autore per riquadri schiacciati ma lunghi orizzontalmente e per quadrati di dimensioni ridotte, addossati a tre a tre nella striscia. Con la prima soluzione sono delineati vari individui su sfondi particolareggiati, mentre la seconda è riservata a primi piani con sfondi spogli e monocromatici. Ovviamente non mancano eccezioni e variazioni, come nel caso di una pagina divisa in dodici rettangoli e quattro cerchi.
Il tratto dell’artista losangelino non è orientato al realismo, cerca piuttosto l’immediatezza nella comunicazione di pensieri e stati d’animo, anche attraverso la stilizzazione di alcuni gesti. L’apparente semplicità con cui il segno dà corpo alle vicende passa anche attraverso un’osservazione del lavoro di Daniel Clowes (evidente anche nella scelta di suddividere il fumetto in varie parti): la linea decisa e spessa diventa contorno per colori netti e mai sfumati, quasi mai brillanti ma spesso impastati e pesanti. Ecco quindi un’estetica per certi versi oscura che ben si sposa con un’opera che, sotto una patina di allegria e spensieratezza, tratta argomenti importanti e interessanti.
Abbiamo parlato di:
Cosplayers
Dash Shaw
Traduzione di Francesco Pacifico
Coconino Press, 2017
148 pagine, brossurato, colore – 17,00 €
ISBN: 9788876183713
Le cosplayer di Dash Shaw: sotto il vestito tutto
"Cosplayers" di Dash Shaw, pubblicato da Coconino Press, è un fumetto che racconta molto più di fiere e gare per il costume più bello.
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