Introspezioni e feticci: una lettura comparata dell’opera di Yoshiharu Tsuge

Introspezioni e feticci: una lettura comparata dell’opera di Yoshiharu Tsuge

Alcune osservazioni sullo stile e i temi di Yoshiharu Tsuge fra "L'uomo senza talento" e i racconti de "Il giovane Yoshio".

“Nell’ambiente del fumetto, l’arte è soltanto un ingombro inutile”
[Il protagonista de L’uomo senza talento]

L'uomo Senza Talento Copertina 1

L’uomo senza talento rappresenta, secondo la critica, l’opera più importante di Yoshiharu Tsuge, uno degli autori più significativi del genere gekiga, filone manga caratterizzato da storie introspettive, delle quali fanno parte anche i racconti de Il giovane Yoshio.

Ne L’uomo senza talento conosciamo da subito il protagonista, uomo dedito all’attività di ricerca di pietre dalla forma e dalle qualità strane, da rivendere a presunti collezionisti. L’attività è un insuccesso totale, sia perché il protagonista non ha denaro per andare nei luoghi dove potrebbe trovare rocce pregiate, sia soprattutto per l’assenza di acquirenti. Ma questa non è l’unica attività tentata dall’uomo: apprendiamo di diversi tentativi, tutti andati rovinosamente verso il fallimento

La presenza costante di oggetti – spesso invenduti – ai quali il protagonista resta attaccato, mettono questo solitario uomo senza talento in mezzo a cianfrusaglie e merci malamente assortite o dal valore nullo, feticci che aumentano la solitudine e il distacco dal mondo, ma soprattutto conferiscono una qualità specifica allo stato di alienazione sperimentato: si tratta di una solitudine che non ha nulla di eroico né di spirituale, che non si apre alla crescita o alla scoperta di sé, ma si attorciglia nelle spirali di un pensiero nichilista. La presenza di oggetti vecchi o di poco conto diventa metafora di un uomo che pare affannarsi per risollevare la propria condizione economica, ma che di fatto resta ad oziare nella tenda adibita a negozio.

Quella del solitario protagonista è una vita spesa in mezzo ai feticci, oggetti quasi di culto, da cui non riesce a staccarsi: l’unica gita che riesce ad offrire alla famiglia è dirottata verso luoghi in cui poter cercare pietre migliori. Anche i momenti famigliari sono subordinati alla merce e alla sua fascinazione.  Alla relazione uomo-merce, si affianca, quindi, anche quella uomo-società: tanto la famiglia, quanto le relazioni con il prossimo, sono contrassegnate da amarezza e cinismo. Fanno eccezione poche relazioni, con altri uomini senza talento o che, pur avendo una qualche qualità, non ricevono alcun riconoscimento sociale per le loro doti. La famiglia, per esempio, non è il luogo del conforto e dell’amore, ma estensione del cinismo del mondo: esterno e interno, vita pubblica e privata, sono accomunate ancora dall’incomunicabilità e dal disprezzo. La moglie ha in odio le fissazioni del marito, che continua a investire tempo e denaro nella ricerca e nella infruttuosa vendita di pietre. Unica eccezione a questo universo di indifferenza e cinismo è rappresentata dal piccolo figlio del protagonista, che compare spesso in momenti cruciali e riesce con il candore dell’età ad evitare epiloghi drammatici, quali una relazione fedifraga e quello che pare un tentato suicidio.

L'uomo Senza Talento 1

Infine, spicca la figura di un libraio di testi antichi, altro uomo solitario, il quale preferisce mangiare in orari diversi da quelli dei propri cari per non avere contatti nemmeno con la famiglia: questi dona un libro di poesie di un autore dimenticato al protagonista. La lettura di queste opere, insieme alla narrazione della biografia dell’antico poeta, avviano la fine della storia, istituendo un legame fra la misera fine del poeta dimenticato e quella del libraio – che pare voler percorrere la stessa triste strada , offrendo una chiave di lettura della vita del protagonista: più che impegnarsi veramente ad affermarsi, pare che i personaggi di questo manga desiderino sparire, diventare evanescenti.

I disegni vanno ripartiti in due diverse categorie: da un lato abbiamo inquadrature pulite, con immagini nitide, prive anche di sfondo o, quando presente, limitato alle aree limitrofe alla scena rappresentata; dall’altro, il lettore s’imbatte in scene più elaborate, sia quando l’autore definisce spazi interni – soprattutto scene in cui predominano le merci, come locali e attività commerciali di oggettistica varia – sia quando delinea spazi aperti e naturali, la cui cura non arriva mai a fino al dettaglio, sfumando verso inquadrature ampie e indefinite. Predomina, in ogni caso, un tratto limpido: è evidente la lezione di Osamu Tezuka e la semplificazione verso cui tende, nella forma, il manga tradizionale.

L’uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge racconta la vicenda di un inetto: il protagonista appartiene all’universo de Lo Squalificato di Dazai Osamu, di quel Giappone in cui si muovono uomini ai margini della società, reietti e reclusi in una sorta di zona franca. Del resto, l’ambiente privilegiato dal protagonista del manga è la sponda di un fiume: un confine di terra lontano dalle città e dalla vita urbana e civile. Habitat perfetto per uno squalificato.

Il Giovane Yoshio Copertina 1

Il giovane Yoshio raccoglie sei racconti, disegnati fra gli anni Settanta e la fine degli Ottanta, motivo per cui offre uno spaccato temporalmente esteso, che permette di conoscere meglio lo stile e i temi tipici di Yoshiharu Tsuge.
La silloge, pur caratterizzandosi per ampiezza cronologica e varietà dei racconti, è comunque riconducibile a una serie di elementi costanti: fame, la miseria, la presenza di un protagonista giovane, bambino o ragazzo. Si tratta comunque dell’ambiente de L’uomo senza talento, ad eccezione di alcune varianti, fra le quali la giovinezza dei protagonisti e la varietà garantita dalla natura dei racconti.
I disegni rivelano un tratto – come per l’opera maggiore – pulito: si va da raffigurazioni minimaliste ad altre più elaborate, soprattutto per un uso più minuzioso dei neri, ma solitamente su scenari limpidi, risultando costantemente nitidi ed essenziali.

Cosa comporta leggere le due opere contemporaneamente o, almeno, in sequenza? Sul piano delle uguaglianze, costante il tema della miseria, caratteristica declinata sia nell’assenza di mezzi economici, quindi nei faticosi tentativi di raggranellare qualche yen; sia in un asfissiante contesto famigliare, per colpa della moglie – ne L’uomo senza talento, di un pessimo patrigno – nei racconti de Il giovane Yoshio. A questo punto, incontriamo una prima differenza: nell’opera maggiore, il protagonista è un uomo adulto, mentre, nei racconti, protagonista è il mondo dei piccoli. Mutando il protagonista, cambia anche la prospettiva da cui guardare e attraverso la quale inscenare i drammi famigliari: se per un uomo adulto il dramma è quello di non ricevere affetto e comprensione dalla moglie, oltre al fatto di non riuscire a mantenere la propria famiglia, per un bambino la tragedia deriva da un patrigno rabbioso, poco istruito ma troppo superbo per accettare incarichi che ritiene offensivi. La presenza di un lavoro difficile, perché faticoso (ne Il giovane Yoshio) o poco remunerativo (ne L’uomo senza talento) è un’altra costante.

A tal proposito in ambedue le opere ha un ruolo importante il lavoro del mangaka, che non compare come semplice impiego, ma s’intreccia con alcune questioni affrontate nelle storie, sia economiche che di principio: ad esempio, ne L’uomo senza talento, il fatto che il protagonista sia ritenuto un ottimo mangaka è un problema, dato che non può umiliarsi a chiedere a un editore di offrirgli un lavoro, in quanto ciò lederebbe l’immagine di artista affermato.

Nel sesto ed ultimo racconto della raccolta (il quale dà il titolo all’opera), il protagonista ha un dialogo con il maestro Tayama, presso cui decide di lavorare: i due discutono sulla dignità del manga, offrendo due visioni del ruolo di questa forma d’espressione. Per Tayama il manga è solo intrattenimento, mentre il giovane Yoshio crede che possa aspirare a un ricoprire un valore artistico superiore. La risposta con la quale il maestro chiude il dialogo è lapidaria e inattaccabile: “Finché il “man” resterà incollato al “ga”, il manga non verrà mai considerato arte”. La frase, criptica per chi non ha mai affrontato l’etimologia del termine o non conosce la lingua giapponese, si spiega con il fatto che gli ideogrammi “man” e “ga” significano “comico” e “disegno”. Dunque, se il manga ha un nome simile, non può per statuto risalire la china che conduce ai piani alti delle arti. Il problema è presente anche ne L’uomo senza talento, ed è legato allo stato d’impasse al quale è condannato il protagonista: se è riuscito ad eccellere, avendo presumibilmente raggiunto livelli artistici più importanti dei colleghi, non può più proporsi come se fosse uno dei tanti mangaka, restando paradossalmente confinato in una condizione di esclusione dal mercato dei manga.

Il Giovane Yoshio Copertina 2

Presente anche la tematica erotica, ma ridotta anch’essa a uno stato di miseria: l’eros non prelude a né rappresenta una passione – tanto nel senso nobile quanto in quello puramente carnale. Nel primo dei racconti (Galvanotecnica) la relazione fra la vedova Oba e il nuovo operaio, il forte Myioshi, anticipa la fuga dei due, con il risultato che il giovane ragazzo che lavora nella piccola fabbrica dovrebbe andarsene, perché ceduta a qualche altro proprietario. La storia si chiude, però, con il protagonista ancora chino sul banco di lavoro, in attesa di ciò che deve avvenire. Stessa funzione assume la sessualità ne L’uomo senza talento: la moglie di un esperto di pietre cerca di sedurre il protagonista. Proseguendo, si apprende che la signora aveva già abbandonato il primo marito – il quale adesso si è messo al servizio dell’attuale sposo della donna – e che ha sedotto già diversi ospiti passati da casa: anche stavolta, il sesso non ha nulla di passionale. La donna pare sedurre tutti indistintamente, privando la seduzione e la relazione fedifraga di ogni margine di trasgressione o passionalità.

Infine, notevole l’elemento autobiografico che attraversa opera maggiore e racconti: il lavoro alla fabbrica, la fatica dietro ai manga, il tentativo di fare di un genere d’intrattenimento qualcosa di più, sono elementi che si ritrovano anche nella vita dell’autore, come si apprende dalla lettura delle postfazioni di ambedue i volumi di Vincenzo Filosa, dove si legge delle critiche rivolte all’opera di Yoshiharu Tsuge anche da parte di importanti esponenti del manga, i quali diffidavano da una deriva troppo seria e intimistica di un genere deputato dalla tradizione all’intrattenimento.

Concludendo, le due opere, poste specularmente, mostrano il filo rosso che lega le tematiche cardine dell’autore. Perfino la differenza che potrebbe correre fra racconti brevi e storia dal respiro più ampio è solo apparente: L’uomo senza talento presenta una scansione in capitoli che richiama l’organizzazione di una serie di racconti, la cui coesione è garantita dalla presenza dello stesso protagonista; così come i diversi racconti de Il giovane Yoshio sono attraversati da una continuità tematica e di personaggi talmente ricorrente da renderli contigui gli uni con gli altri: ambedue le opere raccontano la miseria, la difficile vita famigliare, l’aspirazione e le difficoltà del mangaka. Del resto, non è un caso se il nome dell’autore è legato alla storia del gekiga, genere votato all’introspezione.

Abbiamo parlato di:
L’uomo senza talento
Yoshiharu Tsuge
Traduzione di Vincenzo Filosa
Canicola, 2024
248 pagine, cartonato, bianco e nero – 25,00 €
ISBN: 788899524685

Il giovane Yoshio
Yoshiharu Tsuge
Traduzione di Vincenzo Filosa
Canicola, 2018
224 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,00 €
ISBN: 9788899524340

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *