Goldfish: le origini di Brian Michale Bendis nel fumetto indipendente

Goldfish: le origini di Brian Michale Bendis nel fumetto indipendente

Dai film noir e d'azione degli ultimi anni, Goldfish di Brian Michale Bendis eredita trama, dilatazione degli avvenimenti, dialoghi, colpi di scena: per conoscere da vicino le origini del "fenomeno Bendis"

CopertinaIl Bendis del fumetto indipendente, a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, era un autore completo con il gusto per il noir, per il bianco e nero, per le storie dure e crude.
Goldfish è una di queste opere, pubblicata qualche tempo fa in Italia dalla Black Velvet Editrice, che di Bendis propone le storie più significative pre-Marvel (come l’ottimo Torso. Al momento inediti in Italia restano Fire e Jinx).

Goldfish sembra un film. Qualcuno sveglio potrebbe aggiungere: un film di Quentin Tarantino. Dai film noir e d’azione degli ultimi anni, Goldfish eredita trama, dilatazione degli avvenimenti, dialoghi, colpi di scena. A tratti, sembra uno storyboard, con tanto di lunghi dialoghi senza disegni (se non uno unico, grande, affiancato ad occupare tutta la pagina), con fotografie ritoccate, o disegni copiati dal vero (ricalcati?).
é una storia piena zeppa di potenzialità e al contempo di difetti, di limiti. Ci sono tutti i semi in potenza di quello che sarebbe poi diventato Bendis nella sua maturità artistica, che già nella successiva Torso hanno trovato un primo, efficace compimento.
Il difetto principale di questo lavoro è che per quanto l’autore cerchi di convincerci, Goldfish non è un film, è un fumetto!
Dialoghi così ridondanti, gonfiati dall’ego spropositato dei protagonisti, eredi degli antieroi di celluloide a la Pulp Fiction, su carta non funzionano. Non sempre, almeno. Diventano pesanti, faticosi. La trama, semplice e lineare, subisce delle pieghe difficili da giustificare, si increspa e gonfia senza una reale efficacia narrativa. Ma quei dialoghi, per i quali Bendis è diventato famoso, possono anche ubriacare il lettore; distratto, sommerso, può rimanerne affascinato e dimenticare che, in fondo, i personaggi stanno parlando del niente.
C’é un sostanziale vuoto che domina queste pagine in bianco e nero, dai contrasti decisi, senza mezze misure. è il vuoto di una trama leggera, si diceva, che parla di vendette personali, di malavita, di gangster, di pericolose femme fatale, ma anche il vuoto morale dei protagonisti, delle loro esistenze e delle loro personali vicende di vita. Come piccole figurine stilizzate, ombre che si muovono in un contesto fin troppo reale, questi personaggi non colpiscono, non arrivano all’immaginario del lettore. Troppo evidenti, troppo sopra le righe, troppo emblematici per essere reali. E troppo abusati. Il protagonista, giocatore d’azzardo per eccellenza, che per amore può e deve tutto, che gioca la vita del proprio figlio per una vendetta personale, il signor Gold(fish), si dimentica velocemente, confuso tra i mille altri personaggi simili visti al cinema.
Ma se nel cinema, con la giusta regia, Sergio Leone è capace di far ergere queste figurine come icone del bene e del male, in Bendis, anche a causa di un disegno poco efficace, queste figurine rischiano di perdersi nello sfondo, di scomparire nella noia di tutti i giorni.

Una tavolaIl Bendis disegnatore è un autore acerbo, innamorato del Sin City di Frank Miller, che utilizza moltissimo l’inchiosto per riempire le proprie tavole di nero, che ricalca paesaggi e ambienti dalle fotografie, che tratteggia i volti dei protagonisti con pochi tratti grossi, stilizzati, freddi. C’é pochissima dinamicità in queste tavole, lo storytelling – ovvero il ritmo della narrazione per immagini – è scostante, a tratti efficace, a tratti confuso. Alcune sperimentazioni grafiche appaiono ingenue, prevedibili e fini a se stesse.
Se per Frank Miller, la riduzione del mondo a un bianco e nero netto e senza scampo nasce da una precisa esigenza narrativa e dal compimento di una ricerca stilistica durata anni e giunta a una perfetta sintesi, per Bendis il fiume di inchiostro sembra essere più un “trucco”, uno stratagemma per mascherare le proprie lacune artistiche.

Eppure, con tutti i suoi difetti, Goldfish rimane una lettura importante ed istruttiva.
Soprattutto perché ci permette di conoscere appieno la parabola assolutamente ascendente di questo autore sulla cresta dell’onda, di comprendere come, per Bendis, l’amore per il noir e per i complotti sia qualcosa di profondamente radicato nella sua personalità creativa. Ci accorgiamo che tecnica ed efficacia narrativa nascono da un lavoro lungo, faticoso, che possono passare per la sperimentazione di tutte le aree della realizzazione di un fumetto. Possiamo anche immaginare che, come ci ha rivelato Ponticelli nella sua intervista ( Fumetti con gli Steroidi), le sue sceneggiature, oggi che ha abbandonato il tavolo da disegno, siano necessariamente iper-dettagliate, che delineino già inquadrature e montaggio, in modo diverso dal classico metodo Marvel.

Leggete Goldfish, odiatelo o amatelo, divertitevi o annoiatevi; conoscerete un po’ più da vicino le origini del “fenomeno” Bendis.

Riferimenti
Black Velvet: www.blackvelveteditrice.com

Abbiamo parlato di:
Goldfish
Brian Michael Bendis
Black Velvet, 2001
272 pagg. b/n bros. – 20,66€

B. M. Bendis<br> <i> Black Velvet, 2001 – 272 pagg. b/n bros. – 20,66euro</i>

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *