Ne Gli indifferenti, “mosso dall’unico proposito di ritrovare un uomo scomparso senza un perché”, Dylan Dog scende nelle gallerie della metropolitana di Londra, disegnate con linee sinuose e vertiginose da Armitano. Guidato da una versione misteriosa e oscura del Virgilio dantesco, l’Indagatore dell’Incubo è protagonista di una catabasi1 caratterizzata da ciclici e repentini passaggi da una situazione all’altra.
Le sceneggiatrici Rita Porretto e Silvia Mericone delineano un mondo sotterraneo che ospita o rapisce individui disorientati: fisico o metafisico che sia, è un luogo della fragilità, un asilo per chiunque conosca la spersonalizzazione e quindi l’indifferenza causate dal dolore. Un’indifferenza a doppio senso, perché affligge tanto chi soffre quanto chi circonda il sofferente. A sottolineare questa dimensione della (non) esistenza è la dicotomia presente in alcune vignette tra un Dylan rappresentato con un bianco e nero netto e i suoi compagni di viaggio, le cui silhouette sono riempite dai grigi.
Più in generale, durante la lettura, colpisce l’abilità con cui Armitano gestisce i pieni e i vuoti, usando con efficacia sia il segno affilato e sicuro che le masse di nero intenso. Tavole con un’impostazione più rigida si alternano ad altre organizzate liberamente: per esempio, la terza striscia di pagina 47 si frammenta in cinque vignette, con le ultime due che infrangono lo schema per proseguire la loro “corsa” nella prima striscia di pagina 48; o ancora la bella splash-page con richiamo a Gianni De Luca di pagina 82.
Come si può intuire, Dylan Dog #443 è un albo dal forte impatto visivo, che beneficia anche di dialoghi scorrevoli, al di là di qualche frase fatta, e di una trama coinvolgente, con un finale in classico stile dylaniato.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog #443 – Gli indifferenti
Rita Porretto, Silvia Mericone, Armitano
Sergio Bonelli Editore, agosto 2023
98 pagine, brossurato, bianco e nero – 4,90 €
ISSN: 977112158000930443
La discesa nell’Ade di una persona viva, fatto accaduto a Enea nell’Eneide, per esempio. ↩