Otto Gabos si muove fra fumetto (nella doppia veste di scrittore e disegnatore), illustrazione e letteratura fin dalla metà degli anni ’80. Partecipa alla vita di riviste quali Frigidaire, Dolce Vita, Cyborg e alla fondazione di Fuego e Mondo Naif. Molte sue opere sono contraddistinte da un tono che utilizza il realismo magico e il surreale, dove l’elemento fantastico mira a uno spiazzamento che offra la possibilità di una visione non scontata delle vicende narrate. Da segnalare le collaborazioni con Pino Cacucci, da Tobacco a La giustizia siamo noi, e Loriano Machiavelli (Sarti Antonio, come cavare un ragno dal buco) e le opere per giovani lettori, quali Banana Footbal Club, Tobia e l’oceano capovolto e il romanzo Arrivano gli Gnummo Boys. A quella di autore, Gabos affianca l’attività di insegnamento presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Già da tempo eri presente in rete: un tuo sito (www.ottogabos.com), un blog (radioherzberg.blogspot.com). Poi, dal novembre 2014 hai aperto una tua pagina personale FB e una pagina pensate come diario di lavoro per L’illusione della terraferma. (www.facebook.com/lillusionedellaterraferma).
In realtà il mio profilo personale su FB l’ho aperto parecchi anni fa, agli albori di questo social in Italia, all’inizio soprattutto per curiosità. Con il trascorrere del tempo il mio rapporto si è trasformato in qualcosa di più complesso e strutturato. Sottolineo profilo e non pagina professionale perché ho deciso che doveva rappresentare il “Gabos pensiero” e non soltanto la mia produzione artistica. Scrivo riflessioni, qualche sfogo e ho inserito pure qualche rubrica come Radio Gabos e Bar Sport, dove do campo libero alle mie passioni per la musica e per il calcio, anzi per il Cagliari, squadra dolente di cui sono tifoso sfegatato. Il tutto all’insegna di una sana e giusta ironia. A breve inaugurerò altre rubriche tutte apparentemente distanti dall’argomento fumetto. Del resto un autore non si ciba di solo fumetto, ma è il risultato di diversi nutrimenti. Ebbene sì, sono figlio della generazione dei vasi comunicanti, irrimediabilmente waver e postmoderno, frivolezze dandy comprese.
Invece con L’Illusione della terraferma ho voluto fare l’esperimento di raccontare e condividere in diretta tutte le fasi di realizzazione del romanzo. Un impatto soprattutto emotivo che mi ha permesso di stabilire un rapporto privilegiato con il pubblico.
A giochi fatti posso dire che è stata una bella esperienza. Mi sono sentito meno solo, visto che come ben saprai il mestiere del fumettista, così come dello scrittore, è una condizione di parziale solitudine che condividi spesso (loro malgrado) con il tuo editor, l’editore, l’agente e la famiglia quando ce l’hai. Sono loro il parafulmine per dubbi e paturnie.
Che cosa ti ha spinto a farlo? Quali obiettivi/sfide ti sei posto aprendo queste pagine? FB offre o rende facile qualcosa che è invece difficile per un sito istituzionale o un blog autoriale? Raggiunge più persone? È più semplice da usare?
Un po’ ho già risposto sopra. Aggiungo che pur avendo sito e blog preferisco FB perché è più diretto, più ampio e più leggero da gestire. Per stare dietro il blog ci vogliono impegno e costanza. In pratica se lo vuoi gestire al massimo delle sue potenzialità, deve diventare un mestiere. E io sono e voglio restare autore. Sul blog metto le cose che voglio che restino e siano reperibili. FB è molto più caduco, estemporaneo. Invece non amo particolarmente Twitter. Sono logorroico e non scrivo per aforismi o slogan. Non è mai scattato il feeling necessario e lo uso poco. Metto dei link, quando li metto…
Si pensa che la comunicazione su FB tenda ad essere molto frammentata e a premiare contatti/letture brevi. Ma, soprattutto all’inizio, i tuoi post per L’illusione della terraferma erano pezzi di media lunghezza. Quale è stata la tua esperienza?
Qualcuno li avrà letti fino in fondo, altri no. Una questione di percezione, di abitudine. A volte bisogna alzare l’asticella e proporre di più. Il fatto che oltre ai testi unissi le immagini mi ha aiutato di sicuro. Comunque è stato un approccio che variava a seconda della necessità e del mio stato emotivo. Devo dire che è stata una scoperta continua che mi sarà utilissima anche in futuro se dovessi usare ancora questa modalità di condivisione di un progetto in lavorazione.
Uno dei requisiti per mantenere la visibilità in rete è la presenza costante, sotto forma di post propri o commenti a post altrui. Come gestisci questo impegno ad “esserci sempre”? Quanto influisce sui tuoi ritmi o addirittura sul tuo stesso riflettere sul tuo lavoro? Quando scrivi o disegni, pensi già a come ne scriverai?
Non uso la tattica presenzialista aggressiva. Detesto i flame, i troll, la polemica o l’opinione a tutti i costi. Non è nel mio temperamento. Intervengo se ho qualcosa da dire o se voglio far sentire la mia presenza con un semplice like. Poi ci sono argomenti che non mi va di trattare, rappresentare e condividere. Sul problema delle migrazioni non ho risposte, non ho soluzioni da dare e allora mi astengo. Non mi interessa fare il compitino dell’indignato. Non metto mai fotografie del privato della mia famiglia. Per pudore, privacy, protezione. Non metto mai quei moniti minacciosi che se tu non la pensi come me o pensi queste o queste altre cose allora ti banno ecc. Insomma ci sono tantissimi aspetti dell’uso di FB che proprio non mi piacciono e forse in fin dei conti non servono nemmeno a niente.
Invece mi è capitato di conoscere belle persone. Da tutto il mondo. Ecco qua sì che certi confini si abbattono davvero.
Dal virtuale al materiale. Collabori quasi ogni anno sempre a Nues, la manifestazione organizzata annualmente a Cagliari da Bepi Vigna. Tu sei molto legato a questa manifestazione: che cosa ha di particolare?
Una visione diversa dagli altri festival. Ha date mobili, si unisce ad altre manifestazioni, affronta le tematiche dell’area mediterranea che da sardo e isolano in particolare mi sono molto care. Abbiamo fatto dialogare i Balcani, l’Egitto con Israele spostandoci in varie località della Sardegna. Un festival che va nei luoghi. Una bella esperienza fatta soprattutto di incontri e di condivisione.
Esperienze editoriali: lo scorso anno pubblicasti Tobia e l’oceano capovolto su SuperG: immagino che le Edizioni SanPaolo, che pubblicano la rivista, siano una casa editrice ben strutturata e solida: come è il loro approccio al lavoro (programmazione, gestione tempistiche, editing, ecc)?
Sono cresciuto leggendo seriale e farlo per un gruppo storico è stato molto interessante. L’organizzazione su basi editoriali industriali ha un suo fascino particolare e alla lunga paga. Una volta trovato l’approccio giusto non ci sono stati problemi di lavorazione. Come in tutti i lavori, gli ultimi mesi, quelli a ridosso della consegna sono stati durissimi. Dell’estate scorsa mi ricordo il mare che vedevo dalla terrazza dove avevo improvvisato il mio studio mobile, la programmazione di Radio 3, le tavole fatte e quelle da fare. Ma alla fine tutto è andato per il verso giusto e ho consegnato puntuale. Quest’anno con Rizzoli Lizard il copione è stato quasi lo stesso, solo che ho anticipato i tempi e il mare oltre a vederlo, l’ho pure goduto.
Confronto col Gabos che fu. Nel 2014 hai curato la riedizione di Cold Graze, uscito originariamente nel 1997: come era quel Gabos, rispetto a quello di oggi?
Era il Gabos prima che scoprisse la famiglia, facevo la vita leggera del single. Altri pensieri, altre esigenze. Un periodo senza social dove le email e gli sms erano gli strumenti per comunicare con il mondo. Scrivevo ancora qualche lettera su carta. Mi interessava il cyberpunk sia come narrazione che come veicolo sociale e in parallelo con Mondo Naif eravamo entrati in comunione con un pubblico molto attento e appassionato. Avevo scoperto il mio lato pop. Tutti gli anni Novanta sono stati un periodo di grande fermento e novità. Lo dico senza retorica e senza nostalgia. Parlano gli atti. Progettavamo entusiasti e non sapevamo ancora cosa ci avrebbe regalato quest’orribile inizio di nuovo millennio.
L’illusione della terraferma è terminato: hai altri progetti?
Ormai sono impegnato con la promozione che mi vede in giro per festival e incontri vari.
Ho in mente un seguito del romanzo: si svolgerà a Cagliari durante in bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Al momento mi sono preso un po’ di pausa. Sto riflettendo sul prossimo libro. So che mi impegnerà molto e voglio fare le cose per bene.
La novità di queste settimane è che sto scrivendo. Solo parole che non prevedono disegni. Che cosa sarà è un po’ presto per dirlo. Di sicuro un romanzo però. Da lì non si scappa.
Intervista realizzata via mail e conclusa il 16/09/2015