Dylan Dog #346: autopsia di un personaggio ancora vivo

Dylan Dog #346: autopsia di un personaggio ancora vivo

In Dylan Dog #346 a Paola Barbato spetta il compito di completare l’evoluzione della "Fase 2" del rilancio del personaggio, psicoanalizzandolo.

Dylan Dog 346_coverChe cos’è che definisce la nostra identità? Le risposte a questa domanda sono molteplici e, soprattutto,  diverse per ciascuno di noi.
E che cos’è che definisce l’identità di un personaggio di fantasia, diventato un importante elemento dell’immaginario collettivo comune? È a questa domanda che Paola Barbato e i fratelli Raul e Gianluca Cestaro provano a dare una risposta in …E cenere tornerai, l’albo di Dylan Dog che, simbolicamente, chiude la Fase 2 del rinnovamento del personaggio e apre il campo all’evoluzione successiva.

Sei piccoli passi

DyD346_8Come rivelato dall’autrice, questa storia nei piani iniziali del curatore della testata Roberto Recchioni avrebbe dovuto rappresentare la sesta pedina del rilancio, l’ultimo tassello dei cambiamenti a cui l’Indagatore dell’incubo sarebbe stato sottoposto per poter essere rinnovato.
I tempi di realizzazione si sono però allungati, facendo slittare la pubblicazione dell’albo. Questa posticipazione si rende evidente soprattutto nella parte iniziale del numero, dove alcune scene risultano troppo allungate e sfilacciate, causa probabilmente la necessità di inserire, mano a mano che l’albo slittava, i nuovi elementi portanti del mondo di Dylan Dog che le storie precedenti presentavano.
Un’altra criticità presente nell’incipit della vicenda è il modo forse troppo esagerato nel quale il protagonista si piange addosso, una forzatura che, per quanto sia anche funzionale alla vicenda narrata, resta pur sempre una forzatura.
A ben guardare, la storia sarebbe  stata perfetta come primo albo della seconda fase, perché essa è fondamentalmente una grande riflessione su Dylan Dog, sulla sua storia passata, la sua evoluzione negli anni e il suo possibile futuro.
…E cenere tornerai è un chiaro esempio di metanarrazione, un metafumetto che si innesta nel solco di alcune delle più riuscite storie sclaviane: è il tentativo, in buona parte riuscito, della Barbato di riconciliare Dylan con i propri lettori, in qualunque punto della storia editoriale essi siano saliti a bordo (o scesi) della testata.
Allo stesso tempo, questo è un numero che può essere goduto serenamente anche dai lettori occasionali, per quanto i vari risvolti del metatesto possano essere apprezzati in pieno da chi segue con continuità la testata.

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Autoanalisi e metatesti dylandoghiani

La cosiddetta Fase 2 ha inserito una serie di nuovi elementi (la marcata presenza della tecnologia digitale e della realtà contemporanea nella narrazione, tra tutti), ha cambiato lo status quo di alcuni personaggi (l’ispettore Bloch) e ne ha introdotti di nuovi (Carpenter, John Ghost), con il fine di modificare la percezione che i lettori avevano di Dylan Dog, farla procedere insieme al personaggio verso la contemporaneità. Questo avrebbe dovuto innescare una sorta di svecchiamento delle storie dell’Indagatore dell’incubo, portando a un recupero della sua essenza originale, quella che aveva fatto diventare la creatura di Tiziano Sclavi un fenomeno ben oltre i confini del fumetto.
A questo lavoro di rinnovo mancava però, fino ad adesso, una riflessione  che stesse a monte di tutto il ragionamento, sulla natura profonda del personaggio, su cosa esso rappresenti da un punto di vista narrativo, su quale sia stata la sua evoluzione e involuzione, su cosa significhi per un autore che si trovi a narrarne una storia e su quali siano le sue possibili strade future.

DyD346_39Questa analisi tocca a Paola Barbato e, per metterla in atto, l’autrice spoglia Dylan di tutto ciò che lo ha connotato finora in maniera esteriore, quei “simboli” materiali che sovente riteniamo definiscano l’identità di una persona: la casa, l’auto, gli effetti personali, le foto, i libri, fino alle amicizie.
Parallelamente all’intreccio narrativo che vede un Dylan depresso e da mesi senza lavoro infilarsi in una spirale paranoica che lo porta ad allontanarsi da tutto e da tutti fino a diventare un senza tetto vittima di una forma di agnosia1, l’autrice sottopone il personaggio a una autoanalisi metanarrativa.
Trattando Dylan come un figlio (seppur adottivo), l’autrice lo pone davanti a una serie di eventi, di situazioni e di personaggi che gli impongano di guardare finalmente negli occhi la realtà, il fatto cioè di essersi smarrito e appannato con gli anni, di essersi adagiato e di essere rimasto intrappolato in una serie di cliché e abitudini narrative che hanno reso la sua esistenza editoriale pericolosamente precaria. Nel far ciò l’intento appare chiaro: condurre il personaggio a una catarsi, tanto narrativa quanto psicologica, per segnare un punto fermo nella sua esistenza e dare il via al consolidamento del nuovo universo dylandoghiano e, dunque, alla Fase 3.

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Di chi è Dylan Dog?

La Barbato pone Dylan davanti a quello che egli è divenuto dal momento della pubblicazione: come è normale che avvenga per qualsiasi creazione, sia questa narrativa, cinematografica o altro, essa diventa parte di un immaginario collettivo, proprio come alcuni dei comprimari della storia, che la mente dell’Indagatore dell’incubo raffigura simili a figure iconiche di storie famose e di famosi universi narrativi (ancora: letterari, televisivi e cinematografici) che si sono “cristallizzati” nel sentire comune dei rispettivi appassionati, i quali malvolentieri accettano i cambiamenti che si vorrebbero attuare in possibili nuove interpretazioni.

DyD346_52Si legge in ciò una critica verso quei lettori che vorrebbero il personaggio sempre uguale a se stesso, in una sorta di reiterazione di situazioni e meccanismi narrativi che, con l’andare del tempo e l’evolversi della realtà sociale – da sempre fortemente legata alle storie di Dylan – sono ormai diventati obsoleti.
Al contempo però la critica diventa anche autocritica, verso gli autori che si sono succeduti negli anni, rappresentata nella storia dalla resistenza di Dylan al cambiamento, dal volere restare quello che è, esemplificato nel suo legame compulsivo con gli aspetti materiali della propria esistenza: l’appartamento di Craven Road, il galeone, il clarinetto.

Io non ti conosco, io non so chi sei…

La catarsi alla quale Dylan viene sottoposto non è definitiva né conclusiva. “Sta meglio, tutto a posto, anche se niente è in ordine”: è in queste parole pronunciate da Groucho la chiave di tutto il percorso che la Barbato ha fatto intraprendere all’Indagatore dell’incubo nel corso delle pagine. E proprio Groucho è il personaggio dell’albo meglio riuscito, in una rappresentazione non più stereotipata ma dalle molte sfaccettature, per una volta motore degli eventi dall’inizio alla fine della storia.
E l’autrice è brava anche nel gestire Bloch, richiamando in modo originale il suo ruolo –messo da parte dall’opera di rinnovamento – di salvatore cronico di Dylan: se il pensionamento del poliziotto ha privato gli autori di un facile cliché narrativo ormai abusato per la risoluzione di varie situazioni, qua la Barbato riveste di un senso nuovo quella soluzione, magari per darle il congedo definitivo.

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I binari tra narrazione e metanarrazione proseguono accomunati per tutto lo svolgersi dell’albo, sovrapponendosi e interscambiandosi, approfondendo e argomentando i significati più profondi che hanno reso necessario il rilancio di Dylan Dog e, allo stesso tempo, concretando nella vicenda i risultati di quei ragionamenti, da una maggiore continuity orizzontale della serie fino al finale spiazzante, che lascia il lettore senza punti di riferimento. Un forte rimando alle chiusure delle storie scritte da Sclavi, dove l’orrore è quello della realtà quotidiana, che si cela in ciò che pensiamo di conoscere. E, allo stesso tempo, un trampolino, una rampa di lancio per i probabili sviluppi futuri dell’esistenza di Dylan Dog, da narrarsi in quell’unico arco narrativo che andrà a comporre la Fase 3.

Fratellanza artistica

DyD346_10Alla riuscita del numero contribuiscono, in modo paritetico alla sceneggiatura della Barbato, i disegni dei fratelli Cestaro, il cui stile appare in dinamica evoluzione.
In questa storia i due disegnatori si concedono l’uso di un tratto “sporco”, pieno di linee spezzate, utile a trasmettere quella sensazione di disagio e incompletezza che aleggia su tutta la vicenda.
In varie occasioni, il richiamo più forte è all’opera svolta su Dylan Dog da un autore come Giampiero Casertano e, specie nell’oscurità che avvolge in vari momenti il volto del protagonista, al miglior Corrado Roi, il tutto filtrato attraverso lo stile autoriale dei due fratelli, fatto di un lavoro quasi certosino sulle ombre che definiscono ambienti, vestiti e figure.

DyD346_85Derogando poche volte dalla regolare gabbia della pagina, anzi dimostrando sempre un’efficace padronanza di tale canone bonelliano, i due disegnatori riescono a rendere perfettamente la doppia natura della storia (narrativa e metanarrativa), lavorando con vignette dalle inquadrature oblique o deformate in alternanza a vignette con punti di vista più tradizionali e “reali”. Allo stesso modo, nelle tavole in cui la gabbia viene smontata, l’impatto emotivo delle immagini viene perfettamente trasmesso al lettore.
Azzeccata in ogni situazione la resa estetica di Dylan, raffigurato sempre più emaciato e allucinato mano a mano che avanza la sua “discesa” nella depressione e nella “pazzia”. Il volto del protagonista e la sua silhouette sempre più longilinea rimandano anche a un autore del fumetto statunitense degli anni Settanta, Jim Aparo. E in tante vignette e inquadrature non si può non ritrovare la lezione di un maestro come Neal Adams.

…E cenere tornerai è dunque una tappa fondamentale per l’evoluzione di Dylan Dog, un punto fermo e necessario nell’analisi dell’evoluzione dello stesso e, al contempo, la soglia per una porta che si apre verso il futuro sviluppo della sua vicenda narrativa ed editoriale. Un’efficace chiusura della Fase 2, la quale ha alternato storie più riuscite ad altre meno,  che preannuncia sotto i migliori auspici la Fase 3 del rilancio.

Abbiamo parlato di:
Dylan Dog #346 – …E cenere tornerai
Paola Barbato, Gianluca e Raul Cestaro
Sergio Bonelli Editore, giugno 2015
98 pagine, brossurato, bianco e nero, 3,20 €
ISSN: 977112158000950346

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  1. disturbo della percezione che impedisce il riconoscimento dei volti, delle cose e degli ambienti abituali e che porta la mente a rielaborare in continuazione la realtà, per renderla meno dolorosa in seguito a uno shock 

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