Diventare esseri Umani!: Intervista a Bea Davies

Diventare esseri Umani!: Intervista a Bea Davies

A Lucca Comics abbiamo incontrato l’autrice, che ha pubblicato il suo primo fumetto in Italia per Sonda Edizioni.
Umani Cover

Nata da madre italiana e padre padre coreano-hawaiiano, cresciuta in Italia (ad Acquapendente, come ci tiene a sottolineare), Bea Davies da ormai quasi 13 anni vive e lavora a Berlino, dove nel 2015 frequenta il corso di Comunicazione Visiva alla Weißensee School of Art di Berlino. Nel 2016 vince il Comic Invasion Berlin Grant che le permette di collaborare con il giornale dei senzatetto berlinesi “strassen|feger”. Dopo aver pubblicato varie storie sul suo blog samuraisvisualjournal.com, confluite poi in A Child’s Journey (Jaja Verlag, 2020), pubblica la sua prima graphic novel nel 2019: Der König der Vagabunden – Gregor Gog uns seine Bruderschaft  (Il re dei vagabondi – Gregor Gog e la sua fratellanza), scritto da Patrick Spät e supportato dalla Rosa Luxemburg Stiftung e dalla Rudolf Augstein Stiftung, candidato ai Leibinger Comic Prize 2019 (e di cui avevo parlato qui). Dopo la pubblicazione del libro per bambini Lo chiamavano formica, scritto da Dita Zipfel e illustrato da lei, Bea Davies arriva con il suo primo fumetto tradotto in Italiano e presentato a Lucca Comics and Games 2024 per edizioni Sonda: in Umani! L’evoluzione spiegata bene, scritto da Michael Stang e Susan Schädlich, si racconta l’evoluzione della nostra specie attraverso il fantasioso viaggio nel tempo del protagonista Tali, che chiama a raccolta tutti i suoi antenati per la festa di compleanno di sua nonna.
Per parlare dell’opera abbiamo intervistato l’autrice, a cui abbiamo chiesto la genesi e le idee dietro questo lavoro che unisce fumetto e scienza in modo molto particolare.

Ciao Bea e grazie per il tuo tempo. È la prima volta che sei a un festival italiano, e la prima volta con un tuo fumetto pubblicato in italia dopo un libro illustrato per bambini, Lo chiamavano formica, scritto da Dita Zipfel e pubblicato per Rizzoli. Volevo prima di tutto presentarti al pubblico e chiederti come hai deciso di fare fumetti e come hai iniziato.
Io ho sempre letto moltissimi fumetti, da ragazzina, da bambina e non ho mai smesso di leggerli, ma non ho mai veramente avuto intenzione di farli. Crescendo, da adolescente, non era esattamente la mia idea di una carriera. Ho sempre avuto un po’ il pregiudizio che i fumettisti fossero dei nerd, con poca vita sociale e senza soldi: in parte ho scoperto essere vero (ride), ma negli anni ho imparato ad apprezzare questa realtà (ride). Scherzi a parte, ho cominciato a fare fumetti grazie a mio figlio Samu, il mio primogenito, perché volevo scrivere un diario sul suo sviluppo, sulla nostra quotidianità, ma non sono mai riuscita a farlo in maniera scritta, e quindi a un certo punto ho iniziato a disegnarlo. All’inizio disegnavo semplicemente degli schizzi, lo ritraevo mentre giocava, mentre leggeva, cose così. Poi con il tempo questi schizzi si sono evoluti, sono diventati delle piccole comic strips, poi sono diventate delle pagine intere e ho cominciato a pubblicarli online. E questo è stato veramente il mio primo, timido passo nel mondo del fumetto. E Berlino, la città in cui vivo, ha una scena estremamente generosa e aperta, quindi anche da principiante totale sono stata accolta a braccia aperte e si è formato un network abbastanza forte.

Pag11 Umani

Questo mi permette di introdurre la prossima domanda. Tu vivi e lavori a Berlino: com’è l’ambiente del fumetto tedesco, sia in termini di autori e autrici, ma anche in termini di opportunità, di sostegno, di editori?
Partendo dalla mia opinione ed esperienza personale, direi che il mondo dei fumetti in Germania si stia ingrandendo, è in una fase che definirei adolescenziale, nel senso che stanno provando cose nuove, ambiti nuovi, e c’è una grande volontà di aprire il fumetto come mezzo di comunicazione anche a altri aspetti del mercato, non necessariamente il libro pubblicato: per esempio, io recentemente ho fatto un fumetto per un museo, che è parte dell’esposizione fissa del museo, e tutto questo ha ancora un potenziale molto grande. Ci sono ovviamente differenze con altri mercati: in Francia, ad esempio, la carriera dello sceneggiatore è una carriera rispettata; in Germania invece conosco pochissimi sceneggiatori, li puoi contare sulle dita di una mano, non sono molti perchè in Germania il fumetto è qualcosa di autoriale, quindi se sei fumettista scrivi e disegni.
Io amo collaborare con altre persone: prima scherzavo sul mio pregiudizio di fumettista come nerd o con poca vita sociale, ma questo ha un fondo di verità nel senso che, semplicemente, quando vuoi fare un fumetto devi mettere così tanto del tuo tempo e della tua vita nel lavoro che non resta tempo per uscire, per fare networking per creare uno scambio con altri. In una collaborazione con qualcuno lo scambio è costante, questo per me è una cosa molto bella. Purtroppo il mercato tedesco non è in grado di coprire la produzione di un fumetto come si dovrebbe: la scena tedesca, i molti autori di comic indipendenti, lavorano soprattutto grazie a contributi e sovvenzioni statali. Ci sono premi e concorsi: per esempio, la mia prima graphic novel, scritta e disegnata da me e che uscirà a marzo per Carlsen, è stata possibile grazie a un finanziamento che ho ottenuto dal senato berlinese. Quindi sì, ci sono dei fondi dello Stato per la produzione dei comics e purtroppo, come in tutto il mondo, adesso che si taglia qui e di là, questi fondi si stanno riducendo, e molti autori e autrici tedeschi hanno un po’ paura rispetto a quello che succederà nei prossimi anni.

Tu sei cresciuta in Italia, ora vivi in Germania, sei stata esposta a vari ambienti anche da un punto di vista fumettistico. Che cos’è che ti ha influenzato, quali sono stati gli artisti e le storie che ti hanno influenzato in più nella tua nella tua crescita come fumettista?
Tra gli autori italiani, giusto per citarne alcuni, posso dire che amo Andrea Pazienza e sono una fan sfegatata di Sergio Toppi. Adoro anche Enki Bilal. Ma questi sono autori che amo come lettrice. Per quanto riguarda il mio stile invece non posso citare qualcuno che mi abbia realmente ispirata; trovare il mio stile è stato veramente un processo lungo, io ho sempre disegnato, ho sempre provato tecniche diverse, stili diversi, finchè non sono arrivata a un mio stile personale. E ho avuto sempre l’incoraggiamento di tutta la mia famiglia, al 100%: i miei genitori erano e sono tuttora burattinai, quindi sono cresciuta circondata da teatro di strada, teatro di figura, teatro d’attore, artisti di vario tipo, mio nonno era pittore, quindi la parte artistica è molto forte nella mia famiglia.

Pag14 Umani

Qui a Lucca presenti Umani!, un lavoro che mescola divulgazione scientifica, illustrazione e fumetto. Ci sono tanti elementi al suo interno. Come hai lavorato su questo progetto? Quali sono state le sfide più grandi?
Quando ho accettato questo progetto ho dovuto chiedermi prima di tutto quale fosse il mio ruolo in questo lavoro, perché è un tema che non conoscevo bene, un tema scientifico che è qualcosa con cui non avevo mai lavorato prima. Ho lavorato molto su storie con temi a sfondo sociale, ho fatto i primi libri per bambini, questo per me era un ambito nuovo. I due autori, Michael Stang e Susan Schädlich, hanno scelto i personaggi, volevano che ci fosse un protagonista, Tali, che almeno nella versione tedesca non si sa se è una bambina o un bambino, che faceva questo viaggio nel tempo e in ogni capitolo andava a prendere un rappresentante di una razza umana antica. In questo senso, loro hanno messo il bagaglio di informazioni scientifiche. Il mio contributo è quello dello storytelling, ovvero di aiutarli a rendere questa storia interessante per i lettori. Abbiamo quindi scritto questa storia insieme, con uno scambio molto stretto. Un altro ruolo importante è stato trarre dei personaggi a partire da degli esemplari di cui erano stati trovati dei fossili: dovevo inventarmi la personalità, cercare di capire a seconda dell’ambiente in cui vivevano, che cosa facevano, cosa gli piaceva fare, come si divertivano: è stato molto divertente!

È un fumetto interessante perché nella parte superiore della pagina c’è la storia a fumetti vera e propria, mentre nella parte inferiore invece ci sono le informazioni scientifiche, in forma di testo con illustrazioni che accompagnano. Com’è stata decisa questa impostazione?
Susan e Michael hanno cominciato a pensare a questo progetto come un libro sull’evoluzione, volevano fare un libro di scienza per bambini. Col tempo, a Susan è venuta l’idea di creare un racconto a fumetti che sfruttasse elementi fantastici: il fumetto ha questa qualità bellissima di portare qualsiasi tema, anche quelli scientifici che non sono sempre digeribili, molto vicino al cuore della gente, riuscendo a coinvolgere i lettori in una storia e allo stesso tempo a trasmettere molte informazioni. Abbiamo fin da subito chiarito che per metà sarebbe stato fumetto e metà libro di scienza illustrato, dovevamo solo decidere come. Alla fine abbiamo pensato che sarebbe stato interessante lasciare la decisione ai lettori, che con questa struttura possono decidere se vogliono leggere prima tutto il fumetto e poi tornare indietro e prendere spizzichi e bocconi di informazioni scientifiche che noi offriamo oppure fare un po’ un ping pong tra storia e parte scientifica, perché tutte le informazioni che uno trova nel corso della lettura comunque hanno a che fare con la storia. Volevamo rendere la lettura insomma fluida ma anche flessibile. È stato un lavoro abbastanza complicato, la parte più difficile è stata sicuramente la pianificazione e decidere quale layout usare.

Page72 Umani

Ne abbiamo già parlato prima, ma quali sono pro e contro di lavorare da sola a un fumetto o farlo invece con altri sceneggiatori, in questo caso con giornalisti scientifici?
Posso fare un esempio: ho iniziato a lavorare sul fumetto che uscirà l’anno prossimo nel 2019, quando è uscito Der Koenig der Vagabunden: è stato come una gravidanza (ride), questo libro stava crescendo in me, piano piano piano si stava evolvendo, ma sono riuscita a sbloccarmi e a lavorare velocemente solo quando ho cominciato a lavorare con un drammaturgo, non solo perché lui mi mi ha posto un sacco di domande esterne che mi hanno dato molti input, ma anche per il fatto che poter parlare con qualcuno di un’idea la concretizza automaticamente. Per me è molto difficile mettersi al tavolino, scrivere, essere giudice imparziale di me stessa, solo parlando di qualcosa riesco a renderla tangibile e concreta, per questo per me è molto importante parlare con altri, e lo è stato anche nel realizzare Umani!

Per concludere, quindi, vorrei chiederti su cosa stai lavorando.
Come ho detto, è il mio primo graphic novel. Abito da 13 anni a Berlino, e nell’arco di questi anni mi sono successe molte cose belle e meno belle. Una cosa che mi ha fatto crescere molto è stato collaborare con un giornale per senzatetto, “strassen|feger” , in cui io facevo fumetti per il retro di copertina, oltre a lavorare in un rifugio e dare una mano in vari modi. Qui ho sentito un sacco di storie di persone e mi sono resa conto di quanto è pesante la solitudine a Berlino: forse questa è una cosa che succede in tutte le grandi città, ma a Berlino,per via di inverni così lunghi e bui, questa solitudine è ancora più tangibile. Questo mi ha fatto pensare a tutti noi, a come spesso ci chiudiamo nelle nostre bolle, a come ci proteggiamo dagli altri, dalle persone che non conosciamo, ogni volta che usciamo in strada. Berlino è una città molto grande, ogni volta che si esce, che si va in metro, si è spiaccicati tra persone che non conosciamo, ne sappiamo niente di loro, e non sappiamo nemmeno che influenza possa avere il nostro contatto con gli altri nella vita quotidiana, e questo mi ha portata a pensare, anzi a credere, che se non fosse per tutte le persone che casualmente sono intorno a me, io non sarei la persona che sono oggi. Partendo da queste considerazioni, ho realizzato un libro che inizia un mattino molto presto dell’11 marzo 2011, e finisce notte fonda dello stesso giorno. E’ una giornata non casuale: quel giorno in Giappone è avvenuto il disastro di Fukushima, che è stata una tripla catastrofe, con il terremoto, lo tsunami e l’incidente nella centrale nucleare. Parto da questa catastrofe per creare un contrasto estremo con la vita quotidiana a Berlino. Nel libro ci sono nove personaggi, uno in Giappone che vive, e non sopravvive, al disastro, le altre vivono a Berlino e ricevono via via le notizie dall’altra parte del mondo, diventano sempre più presenti. Questi altri otto personaggi non si conoscono tra di loro, ma tutto quello che fanno influenza la giornata degli altri, un po’ come Babel, il film su quattro storie diverse, che apparentemente non hanno niente a che fare l’uno con l’altro, però a poco tempo si capisce. Quindi l’unica persona veramente a sapere qual è il collegamento tra tutti i personaggi è il lettore.

Un’ultima domanda, sul futuro: sei cresciuta in Italia, parte delle tue radici sono italiane, e questo è il tuo primo fumetto pubblicato in Italia: speri che le tue opere continuino ad essere pubblicate in Italia, o vorresti lavorare anche con qualche editore italiano?
Io sono felicissima di collaborare finalmente con editori italiani, ma dal punto di vista economico preferirei lavorare con qualche editore americano o francese, per  ragioni brutalmente pratiche. Però sono molto contenta della collaborazione con Sonda, se ci fosse l’interesse di altre case editrici o ci fosse modo di continuare questa collaborazione, ovviamente sono aperta a tutto.

Grazie Bea e a presto, speriamo con il tuo nuovo graphic novel tradotto in italiano!

Intervista realizzata il 31 ottobre a Lucca Comics and Games 2024

Bea Davies

Bea Davies Foto C Andreas Mnich V1 Formatkey Jpg W320r

Nata in Italia nel 1990, vive a Berlino dal 2012 e lavora come illustratrice e fumettista freelance. Ha iniziato la sua formazione artistica alla School of Visual Arts di New York nel 2010 e proseguito gli studi a Berlino presso la Kunsthochschule Weißensee. Il suo primo libro per bambini, Lo chiamavano formica, ha ottenuto il premio I più bei libri tedeschi nel 2022 ed è stato selezionato per i White Ravens. In Germania ha pubblicato nel 2019 Der König der Vagabunden – Gregor Gog uns seine Bruderschaftper avant-verlag e per Jaja Verlag A Child’s Journey nel 2020.

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *