Abbiamo incontrato Bepi Vigna per una intervista che, a partire dalla nuova storia speciale Nathan Never: Destinazione Luna, disegnata da Sergio Giardo e nata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, offre una suggestiva riflessione dello scrittore sardo sulla fantascienza, l’immaginario lunare e il fumetto popolare.
Bepi, ben tornato su “Lo Spazio Bianco”. Ci puoi riassumere lo spunto narrativo di “Nathan Never: Destinazione Luna”?
Nel 2124, qualcuno sta tradendo la Federazione terrestre, trasmettendo preziose informazioni riservate al governo ostile di Marte. Nathan Never sbarca sulla Luna per indagare, imbattendosi in un mistero che ha origine ai giorni nostri, legato al passato di un’astronauta del ventunesimo secolo sulla Luna In pratica la storia prende spunto anche dal lavoro che stanno facendo la NASA, le altre agenzie e le industrie spaziali negli USA come in Europa…
Già da questo tuo riassunto, mi sembra di poter dire che rispetto all’albo precedente Nathan Never: Stazione Spaziale Internazionale, questa nuova storia sia più integrata nell’universo narrativo del personaggio…
La grande differenza è che in Stazione Spaziale Internazionale, lo spunto per far incontrare Nathan Never con un personaggio realmente esistente, l’astronauta Luca Parmitano, era un portale spazio—temporale, che permetteva al nostro eroe di tornare indietro nel tempo. Era un escamotage fantascientifico per incrociare la tecnologia reale del nostro presente (la Stazione Spaziale Internazionale) con quella futuribile dei fumetti di Nathan. Qui, invece, lo spunto potremmo definirlo “fantarcheologico”: Nathan nel corso di una sua indagine nella sua epoca, si trova a dover far luce su un segreto legato alla costruzione della prima base lunare.
Anche l’approccio documentativo è stato quindi diverso…
Si. In “Stazione Spaziale Internazionale”, sia io sia il disegnatore Sergio Giardo, potevamo far riferimento a una quantità di video e immagini dei moduli spaziali in orbita ed alle esperienze degli astronauti. Per le prossime infrastrutture lunari come sapete, è diverso perché esistono al momento disegni e progetti ma abbiamo dovuto integrare con la nostra immaginazione. Per me è particolarmente divertente questo approccio diciamo di “docufiction”. In fondo la fantascienza speculativa, quella che amo e che cerchiamo di proporre anche nelle storie di Nathan Never, parte proprio dalla tecnologia reale, del presente o dell’immediato futuro, per immaginarne gli sviluppi e gli impatti possibili sulla nostra vita. Per intenderci amo più storie alla Star Trek che alla Star Wars, se vogliamo più legate a un immaginario fantasy.
Oltre a Nathan Never, tanti altri fumetti hanno una relazione di lungo corso con l’immaginario lunare. Da appassionato c’è una storia, cui sei particolarmente legato? Oppure un film o una serie?
Ce ne sono tante, da Little Nemo a Jeff Hawke! Io sono un fan di tutta la serie Tintin, quindi anche la sua avventura con l’allunaggio in “Obiettivo Luna”. In ambito televisivo, ricordo un serial ormai datato ma che ha lasciato un’impronta indelebile in tanti ragazzi dell’epoca, “Spazio 1999”. Se devo citare un film, citerei in quello in cui la Luna è un obiettivo mancato: “Apollo 13”. Da narratore e studioso di storie mi ha sempre colpito che il film, probabilmente più riuscito, sulle missioni Apollo, sia quello che racconta un “fallimento”, ma perché in quella storia c’è tutto: il rischio vitale corso dagli astronauti, la capacità di adattare la tecnologia all’emergenza… Paradossalmente, lo storico allunaggio del 1969 di Armstrong in cui tutto (o quasi tutto) andò liscio, esaurito il senso di meraviglia che contagiò il mondo intero in quegli anni, ha avuto un minor impatto narrativo, proprio perché è una storia “senza alti e bassi”!
Ecco, appunto, dalla fantasia alla realtà: cosa ricordi del mitico allunaggio del 1969. Pensi che quegli avvenimenti abbiano marcato, per esempio, la tua passione per la Fantascienza?
Certamente. La mia generazione è stata segnata dalle missioni Apollo. In quella notte del luglio 1969, cambiò il nostro modo di immaginare il futuro. Non è un caso che nel corso della lunga diretta del 1969, la RAI trasmise anche un film di Fantascienza, “Il Pianeta proibito”… Accettare che l’uomo potesse sbarcare su un altro corpo celeste significava allargare il novero delle cose che potevamo accettare e, di qui, la possibilità di immaginare tanto tecnologie nuove quanto sviluppi fantastici.
Alcuni sostengono che proprio nella forma più “classica”, speculativa, la Fantascienza sia oggi messa “in crisi” dagli sviluppi sempre più rapidi della tecnologia. La realtà può entrare in competizione con la fantasia?
In parte è vero. Gli sviluppi tecnologici sono oggi talmente rapidi che la capacità anticipatrice dei racconti fantastici si è ridotta. Prendi la letteratura fantascientifica “Cyberpunk”: un’autentica novità negli anni Ottanta del secolo scorso che sembrava raccontarci un futuro molto lontano (l’integrazione uomo-macchina, le reti neuronali/digitali) e in cui, invece, adesso ci ritroviamo immersi. Se penso, che nelle prime storie di Nathan Never avevamo immaginato che nel futuro sarebbero esistite ancora una sorta di “cabine telefoniche”, sorrido. Ma lo spazio per fare buona fantascienza c’è ancora. Noi continuiamo a provarci mese per mese, con i fumetti di Nathan Never.
Appunto, la collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, è l’ennesima conferma della vitalità di questo eroe a fumetti, che nel 2021 compirà 30 anni di storia editoriale. Immaginavi un successo così duraturo, quando allora creasti il personaggio assieme a Michele Medda e Antonio Serra?
Certo che no! Allora, eravamo dei giovani sceneggiatori con un’esperienza limitata. Credo che Sergio Bonelli ci abbia dato fiducia perché ha visto in noi tanta passione e anche una certa preparazione specifica. In più, pur avendo la Fantascienza a fumetti una tradizione lunga in Italia – dai tempi di “Saturno contro la Terra” di Zavattini, per intenderci – Nathan Never è stato il primo personaggio popolare ad avere successo, grazie anche a un buon battage mediatico, sviluppatosi del tutto spontaneamente, anche fuori dalla cerchia degli appassionati. Il resto, penso, l’abbia fatto la qualità profusa in tutte le storie in questi anni.
Proseguiremo nei prossimi giorni la conversazione con Bepi Vigna con una riflessione su fumetto e critica.
Intervista realizzata al telefono il 18 novembre 2020, ringraziamo Bepi Vigna per la sua disponibilità. L’intervista è stata realizzata originariamente per Thales Alenia Space e qui ripubblicata con il permesso dell’intervistato.