Nel novembre del 2000 esordì in Francia, grazie all’editore Dargaud, il primo volume della serie Blacksad, creata da Juan Dìaz Canales ai testi e Juanjo Guarnido ai disegni.
Quella storia, intitolata Quelque part entre les ombres (tradotta in italiano come Da qualche parte fra le ombre) conteneva già i due elementi maggiormente distintivi del progetto: un mondo di animali antropomorfi e il genere hard-boiled come principale riferimento narrativo.
La scommessa era quindi quella di unire due realtà apparentemente distanti tra loro per creare qualcosa che sulle prime magari stridesse, ma in grado di portare a risultati coerenti e inediti.
Come scrive Sergio Brancato sul numero di ottobre 2018 di Linus:
Dopo Topolino, l’idea di dialogare con il mondo animale diviene elemento costitutivo della pop culture. Non a caso, Mickey Mouse è oggetto di imitazioni e plagi così come di continue riscritture […]. Il più recente, Blacksad di Canales e Guarnido, riscrittura straniante del noir anni ‘50, riporta il codice antropomorfo verso quel mood tragico, mimetizzato da commedia, già presente agli esordi del topo disneyano.
Questo assunto, così come il nostro approfondimento sul tema, ci mostrano come l’idea alla base della serie non sia completamente inedita ma affondi le proprie radici in un humus che viene rielaborato dai due autori per ottenere un prodotto nuovo, il cui successo rilanciò quest’idea offrendo quindi spunto e aprendo la strada a fumetti che ne ripresero l’approccio al genere.
Vediamo però quali sono gli elementi che maggiormente identificano Blacksad.
Blacksad: grandi temi per grandi noir
Da qualche parte tra le ombre è un’ottima storia e al contempo il manifesto della serie: i protagonisti sono animali che parlano e indossano abiti, ma il tono delle avventure che vivono è tutt’altro che fanciullesco. John Blacksad, il gatto protagonista, è il classico investigatore “duro e cattivo” – non una parodia del genere ma un degno esponente di quel tipo di figura che si riconduce a Philip Marlowe e Sam Spade – e deve indagare sul brutale omicidio di una gatta con la quale in passato aveva avuto una relazione. Inevitabilmente il caso tocca quindi corde personali, che rendono la trama più tesa.
Il primo volume costituisce un banco di prova per Juan Dìaz Canales e Juanjo Guarnido: avrebbero preso le misure con questo universo narrativo e al contempo avrebbero saggiato il polso dei lettori prima di proporre nuovi racconti, che magari esplorassero più a fondo questo stesso setting.
L’ambientazione, e soprattutto i personaggi che la popolano, diventa infatti importante in Arctic Nation, seconda avventura della serie. Qui gli autori affrontano di petto il concetto di supremazia della razza bianca, con un clima piuttosto acceso a causa di un gruppo di orsi polari che vogliono espellere dalla loro città chiunque abbia il pelo di colore diverso.
Il rapimento di una bambina è il caso che fa incrociare la strada del protagonista con questi fanatici, ma come nel Jungle Town di Tito Faraci e Giorgio Cavazzano l’indagine è soprattutto un pretesto per trasporre in chiave ferina tematiche reali. L’intreccio si presenta comunque assai articolato, segnando una maturazione nella costruzione della trama rispetto al primo volume.
Le stesse considerazioni si possono fare per la quarta storia, L’inferno, il silenzio. Anche in questo caso, infatti, l’impostazione del giallo è sofisticata e senza grinze, e l’indagine rivela a Blacksad e al lettore una torbida storia di povertà, di usurpazioni, di rimorsi e di segreti. In una New Orleans fumosa e ambigua, il detective incontra una variegata umanità, nella maggior parte dei casi poco esemplare, e la sofferenza che viene trasmessa nel mostrare i più derelitti pagare il prezzo più alto delle attività di individui ricchi, potenti e senza scrupoli è uno dei traguardi migliori raggiunti dalla serie.
La terza e la quinta avventura, Anima rossa e Amarillo, per quanto come ogni buona detective-story d’annata presentino come tappeto narrativo ingiustizie letali verso i più deboli, sono meno focalizzate su temi di denuncia sociale e più concentrati sullo svolgimento della trama e alla caratterizzazione dei personaggi: non solo John e il suo assistente-fotografo Weekly, ma anche la fauna con cui si confrontano durante le indagini. Il lavoro di Canales è quello di immettere con quanta più naturalezza possibile vizi (molti) e virtù (poche) del tutto umani nei tanti personaggi che affollano queste storie.
Risulta evidente che la scelta degli animali da introdurre non è mai casuale, ma sempre ponderata secondo un gioco di rimandi popolari che partono dalle fiabe di Esopo e arrivano ai film d’animazione disneyani, come visto in questo pezzo di Marco D’Angelo. Un ippopotamo dà l’idea di individuo poco raccomandabile perché massiccio e individualista, mentre un gufo trasmette immediatamente l’idea di persona saggia e pacata.
Un lavoro di caratterizzazione molto accurato, che trova reale e pieno compimento nei disegni.
Il tratto raffinato di Juanjo Guarnido
Una buona metà della riuscita di Blacksad è da ascrivere alle tavole tratteggiate da Juanjo Guarnido.
Il disegnatore bilancia in modo equilibrato e suggestivo uno stile cartoonesco con uno maggiormente realistico, ottenendo un risultato finale che si potrebbe definire conturbante, e che contribuisce in maniera determinante all’estetica e all’atmosfera del fumetto.
L’esperienza come animatore, dapprima nello studio madrileno Lapiz Azul e poi presso i Walt Disney Animation Studios in Francia per film come Tarzan (per il quale lavora come lead animator per il personaggio del gorilla Sabor) viene sfruttata dall’artista per dare ritmo alle vignette. Poche linee cinetiche, la posizione particolare di una parte del corpo o alcuni dettagli di abiti e posture bastano per suggerire il movimento all’interno dei riquadri, donando l’impressione di accurati fermo-immagine da una pellicola animata tradizionale.
Altri accorgimenti che sembrano venire da quel mondo sono alcuni eccessi nella rappresentazione degli animali: quando John Blacksad si arrabbia snuda i denti, contrae la mascella e il pelo si fa ritto sulla nuca, e sembra di vedere un qualunque mammifero di quelli che affollano i Classici Disney degli anni Settanta e Ottanta.
Ma il feeling complessivo è ben diverso da quello ottenuto da Giorgio Cavazzano su Jungle Town o da Tracy Butler in Lackadaisy (per i quali si rimanda nuovamente al nostro approfondimento): infatti, a parte i momenti di esuberanza, i personaggi hanno fattezze realistiche e coerenti con l’animale di riferimento, con le uniche eccezione ovviamente della capacità di camminare su due zampe e dell’indossare abiti. Orsi, rinoceronti, pantegane, anfibi vari, gufi e volatili in genere sono fedeli alle caratteristiche base della loro specie, nell’aspetto di volto e zampe, e la cura di Guarnido nel rappresentarli così fedelmente nei loro tratti è degna di nota.
Il tono realistico si riscontra anche nelle ambientazioni. Gli sfondi urbani della grande metropoli americana, gli interni di case fatiscenti e di ville eleganti e gli immensi scenari di luoghi come New Orleans e il Texas sono rappresentati con efficacia, gusto e fedeltà. Il segno tende sempre a un’estetica vagamente caricaturale, in concerto con gli animali antropomorfi che recitano su questi ambienti, ma l’impressione del lettore è di trovarsi di fronte a panorami credibili e coerenti, anche grazie all’azzeccata colorazione che contribuisce in maniera significativa all’atmosfera della serie, variando le tonalità di volume in volume a seconda di dove si svolge l’azione dell’ambientazione e del tipo di storia.
Infine, per quanto riguarda la gestione delle tavole, il disegnatore opta per una scansione piuttosto classica della gabbia: le splash-page sono ridotte al minimo, e le vignette mantengono contorni quasi sempre regolari (anche se privi di bordi visibili, con il disegno che sfuma tra lo spazio della vignetta e lo spazio bianco attorno), un rigore che ben si confà al genere narrativo di elezione di Blacksad.
Non per questo la suddivisione è regolare: le strisce si allungano e si accorciano, i riquadri si stringono e verticalizzano, aggiustando numero e forma delle vignette a seconda della scena in corso.
Blacksad si pone in sostanza sulla scia dalla lunga tradizione di fumetti che usano animali umanizzati per raccontare storie che non di rado si allontanano dal terreno del semplice intrattenimento per affrontare temi delicati e allo stesso tempo rappresenta una pietra di paragone per i numerosi progetti successivi che si sono mossi su questa falsariga.
Per il mix di scrittura di pregio, disegni evocativi e cuore tematico d’effetto, a oggi rimane probabilmente il fumetto per eccellenza di questo filone.
Abbiamo parlato di:
Blacksad – L’integrale
Juan Dìaz Canales, Juanjo Guarnido
Traduzione di Gianluigi Gasparini, Giovanni Zucca, Francesco Satta
Rizzoli-Lizard, aprile 2018
312 pagine, cartonato, colori – 49,00 €
ISBN: 9788817099998