
Topolino #3608: La festa dei dialetti
All’incirca una settimana prima dell’uscita del Topolino #3608 su Milano piovigginava. E mentre camminavo a piedi lungo Corso Garibaldi per andare in ufficio, all’Osservatorio Astronomico di Brera, mi stavo pertendo attraverso alcune riflessioni dialettali, che partivano dal termine che, generalmente, viene utilizzato a Cosenza per il tempo che c’era quel giorno: squicciulia.
Come evidente è una parola onomatopeica, come buona parte dei termini dialettali, che ricorda lo squic squic delle piccole gocce di pioggia che fanno quando cadono a terra. E nei vari giri che la mente fa quando inizia a seguire delle linee di pensiero, anche la mia alla fine è arrivata a una delle parole onomatopeiche, quindi probabilmente di origine dialettale, più nota dai lettori disneyani: papero.
Il termine, che oggi nel linguaggio comune utilizziamo per identificare le anatre in generale, era in origine utilizzato indifferentemente per le anatre e per le oche, che sono piuttosto differenti rispetto alle anatre, sia per stazza sia per agilità. Un altro dei termini dialettali utilizzati nella mia regione, infatti, è papariare, che identifica molto bene non tanto la goffaggine delle oche, quanto il loro andare lento e tranquillo, e che nel dialetto è diventato sinonimo del perdere tempo. Un po’ come Ciccio, che in effetti è un’oca!

Quattro dialetti per una storia
Se con papero ci riferiamo a una parola onomatopeica di probabile origine dialettale entrata nell’italiano corrente, i lettori di Topolino sono però abituati anche a leggere termini dialettali nelle storie pubblicate sul settimanale. L’esempio più noto sono le storie con il Commissario Topalbano protagonista che, proprio come i romanzi di Montalbano di Andrea Camilleri, presentano alcuni termini ed espressioni prese dal siciliano. Così l’iniziativa proposta da Alex Bertani in occasione della Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, istituita nel 2013 dall’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, possiamo considerarla come la naturale evoluzione di questo discorso linguistico.
I dialetti, infatti, come ricorda Riccardo Regis dell’Università di Torino nell’intervista realizzata da Francesca Agrati, sono delle vere e proprie lingue con “regole specifiche a livello fonetico, morfologico, sintattico e lessicale”. Per cui ecco l’idea di rendere in dialetto una delle storie del Topolino #3608, nello specifico Il PDP 6000, storia d’apertura del numero realizzata da Niccolò Testi e Alessandro Perina. Pertanto il numero di Topolino è stato distribuito in versione regular e in quattro versioni: catanese, fiorentino, milanese e napoletano. In ognuna di esse è stata tradotta nel dialetto specifico la storia d’apertura, rendendo questo numero speciale tanto che persone che normalmente non acquistano Topolino hanno “assalito” le edicole, rendendo difficile la vita ai lettori regolari.

Stando, infatti, a quanto visto sul sito di Panini Comics mentre sto scrivendo queste righe, non sono stato l’unico a ordinare la copia regular attraverso il loro store online, visto che è andata esaurita, e quindi non credo di essere stato l’unico a non aver acquistato come ogni settimana la sua copia in edicola.
Il numero di copie immesse dall’editore sono quindi state di molto inferiori rispetto al successo dell’iniziativa, e questo è uno dei due elementi di difetto del progetto, che ha quindi reso complicata la ricerca del numero per i lettori regolari (personalmente, nell’attesa di ricevere la copia fisica, mi sono letto quella digitale).
Il secondo difetto è nell’aver abbinato l’iniziativa a una storia che non è stata concepita allo scopo e che, visto il tema trattato, avrebbe meritato un numero dedicato.
Delegare alle macchine
Il PDP 6000, infatti, affronta un tema che sta diventando di sempre maggiore attualità: il delegare un numero sempre maggiore di compiti automatici alle macchine. Nel caso della storia di Testi e Perina Paperone, grazie all’ennesimo antifurto definitivo di Archimede, delega nello specifico a una intelligenza artificiale (che ai pkers ricorderà sicuramente Uno, almeno un po’ nell’aspetto estetico) la decisione su chi sia una minaccia e su come intervenire.

Il fatto che poi la storia degeneri, come spesso succede, e, soprattutto, la scelta finale della “macchina” sembra, in qualche modo, riecheggiare le posizioni filosofiche del padre della cibernetica, Norbert Wiener, in grado di vedere i rischi della disciplina che aveva contribuito a fondare, o forse per essere più precisi gli abusi che il genere umano avrebbe molto probabilmente portato avanti.
D’altra parte, come ricorda Veronica Giuffé nella sua biografia pubblicata in appendice al 49.mo volume della collana Matematica (a proposito: il 52.mo volume sarà scritto dal sottoscritto!):
(…) tra le sue pagine invita a non delegare mai alle macchine la distinzione tra il bene e il male: una discriminante etica che, secondo lui, dovrà appartenere per sempre agli uomini.
Alla fine il PDP 6000 sembra aver capito molto meglio di Paperone queste idee di Wiener, motivo per cui è importante, nonostante la festa dei dialetti, non lasciar cadere questo discorso molto delicato che, molto più della salvezza dei dialetti stessi, influenzerà la nostra vita in futuro.

Si ringrazia la redazione di Topolino, in particolare Francesca Agrati, per la condivisione della cartella stampa dell’iniziativa.