Topolino #3479: I modelli del Sistema Solare

Topolino #3479: I modelli del Sistema Solare

L’usuale video disneyano del lunedì arriva in ritardo a causa di alcuni problemi con la tecnologia, ma niente paura, eccoci qui a raccontare qualcosa sul Sistema Solare ispirata all’autoconclusiva con cui si chiude il numero, Modelli della serie Paperi siderali di Roberto Gagnor e Federico Franzò. E come succede spesso, dopo il video, il testo (o parte di esso) intorno a cui ho preparato il video stesso. Buona visione”!

La sinossi della storia è presto detta: una lezione al parco di Pico de Paperis sui modelli matematici che ci permettono di descrivere il moto dei pianeti appartenenti al Sistema Solare. I due modelli principali sono quelli geocentrico, il più noto quello di Claudio Tolomeo, ed eliocentrico, quello di Niccolò Copernico (Nicolaus Copernicus in latino).
Il modello di Tolomeo risale al secondo secolo dopo Cristo e migliorava dal punto di vista matematico il modello geocentrico di Aristotele, rendedolo molto più preciso rispetto al modello eliocentrico di Aristarco da Samo del terzo secolo avanti Cristo. Il modello di Tolomeo, però, era anche più complicato dal punto di vista matematico, visto che prevedeva un moto controintuitivo dei pianeti.
Per poter adattare il modello alle osservazioni astronomiche Tolomeo propose un sistema in cui i pianeti ruotavano in orbite circolari e, a sua volta, il centro di queste orbite ruotava intorno alla Terra, sempre percorrendo un’orbita circolare. In termini tecnici l’orbita del pianeta è detta epiciclo, mentre l’orbita del centro è detta deferente.
Arriviamo, così al XV secolo quando Copernico, partendo proprio dal lavoro quasi dimenticato di Aristarco da Samo, elaborò un modello eliocentrico che si adattava meglio alle osservazioni astronomiche e, soprattutto, formulava delle previsioni corrette. Il problema era che Copernico ebbe timore a pubblicare i suoi risultati in vita, così la sua opera, il De Revolutionibus, uscì postumo in una prima edizione curata da Georg Joachim Rhetics, o Rheticus in latino, che fu suo assistente nella fase conclusiva della sua vita. La storia delle edizioni postume di Rheticus, e anche maggiori dettagli sulla storia di Copernico, li trovate su Il segreto di Copernico di Dava Sobel, che vi consiglio di recuperare.
Il modello di Copernico, però, aveva a sua volta un problema: le orbite circolari. Questo portava comunque a qualche errore, che poté essere corretto solo grazie alle tre leggi di Keplero, tutte ricavabili a partire dalla formula della gravità di Newton.
La storia, però, non la si può dire conclusa senza gli ultimi due protagonisti. Nel periodo di passaggio tra il modello geocentrico e quello eliocentrico (stiamo parlando del 1588), l’ultimo dei grandi astronomi a osservare il cielo a occhio nudo, Tycho Brahe, propose un modello ibrido che in qualche modo salvava capra e cavoli. Brahe, infatti, propose un modello con sì il Sole al centro, ma intorno a esso ruotavano tutti i pianeti tranne uno, la Terra. Quest’ultima, così, restava ferma e immobile nel cielo mentre il Sole ruotava intorno a essa, con Mercurio e Venere a ruotare intorno al sole e gli altri pianeti a ruotare intorno al centro del sistema: la Terra non era esattamente al centro dell’universo, ma almeno se ne restava ferma, come voleva la filosofia e la religione dell’epoca.
Arriviamo infine ai giorni nostri: il modello eliocentrico basato sulla gravità newtoniana, però, non era precisissimo. Alla sua descrizione sfuggiva in particolare il pianeta Mercurio, il cui moto risultava abbastanza diverso da quello previsto dal modello. Per riuscire a descrivere correttamente l’orbita del pianeta più vicino al Sole bisogna attendere il 1916 con l’arrivo della relatività generale di Albert Einstein. Il modello di Einstein, infatti, ci ricorda che Mercurio è sufficientemente vicino al Sole che, nel fare i calcoli, dobbiamo tenere conto delle deformazioni dello spaziotempo generate dal Sole stesso. Più o meno è la stessa cosa che dobbiamo fare con i satelliti di geolocalizzazione con la Terra: senza le correzioni relativistiche i GPS sbaglirebbero di diversi chilometri.