
Federico Pedrocchi: Il primo disney italiano
Lo so, ultimamente ho un po’ (tanto) trascurato i lidi spaziobianchisti, sia quelli del Cappellaio sia quelli del magazine. Quest’ultimo, poi, proprio in questi giorni sta celebrando i 20 anni di attività. E di questi 20, 16 hanno visto anche la mia presenza: escludendo i blog personali, solo la localizzazione italiana di Wikipedia mi presente da più tempo!
Il primo articolo di questa lunga (e al momento un po’ stanca) collaborazione è stato la recensione di Zio Paperone #198, non il clone di Paperino che Panini Comics pubblica ogni mese, ma la storica rivista per collezionisti iniziata nell’era Mondadori e poi portata avanti da Disney Italia tra molti alti e una discesa inarrestabile negli ultimi numeri.
Per celebrare sia il ventennale de Lo spazio bianco sia la mia personale ricorrenza, anche se è meno importante, vi estraggo, con qualche modifica, la parte dell’articolo dedicata al primo dei disney italiani.
Le atmosfere del vecchio west
Federico Pedrocchi fu uno dei primi a scommettere sulle possibilità di autoprodurre storie disneyane fuori dagli Stati Uniti: il successo del Topolino giornale e la penuria di materiale originale(1) erano insufficienti per poter mantenere la cadenza settimanale per quello che si rivelò un piccolo successo editoriale. Così Pedrocchi invia a Walt Disney il soggetto della prima storia italiana, Paolino Paperino e il mistero di Marte, che si appresta a realizzare come autore completo una volta giunto il permesso dalla casa madre. La storia(2) si inserisce nel filone fantascientifico a quel tempo di gran voga grazie ai successi di Flash Gordon e di Saturno contro la Terra, quest’ultimo scritto dallo stesso Pedrocchi su soggetto di Cesare Zavattini e per i disegni di Giovanni Scolari.
Inizia, così, una lunga avventura che porterà Pedrocchi a realizzare anche molte storie con Biancaneve e i Sette Nani. Le atmosfere cupe, che comunque sono tipiche delle versioni originali delle favole, le ritroviamo anche nella produzione di altri autori *disneyani; su tutti Guido Martina. In generale le storie di Pedrocchi, oggi, sarebbero probabilmente improponibili salvo che su in proposte editoriali dedicate ai collezionisti, come era appunto Zio Paperone.
La storia di cui, però, voglio scrivervi oggi non è quella marziana, bensì Paperino e i pellirosse, ristampata per l’ultima volta proprio su ZP #198.
Coadiuvato ai disegni da Enrico Mauro Pinochi, Pedrocchi mette in campo assieme a Paperino l’amico di lunga data Meo Porcello (uno dei personaggi più utilizzati da Pedrocchi), il maialino coprotagonista di The Wise Little Hen (La gallinella saggia), il corto in cui i due esordirono insieme.
I due amici si reincontrano alla redazione del giornale diretto da Linotipi, l’Altro Mondo (vi avevano già lavorato insieme in Paolino Paperino inviato speciale), il quale affida loro la delicata missione di realizzare un reportage giornalistico su una sperduta tribù di pellirosse, nascosti in un angolo remoto del paese, all’epoca ancora non identificato come Calisota. Unica guida, una mappa. Della partita è anche Bartolomeo Circonlocuzioni, detto il Gatto, un gatto antropomorfo con lo sguardo torvo e l’impermeabile alla Dick Tracy, che da giornalista concorrente del duo Paperino-Meo diventa, per l’occasione, agente del fisco. Scoperta della missione dei due amici, decide di mettergli i bastoni tra le ruote per arrivare prima dai pellirosse e costringerli a pagare le tasse arretrate.
Per fortuna Paperino risolverà la situazione, mostrando un piglio deciso e autoritario, cosa piuttosto rara ai giorni nostri. Nella storia Paperino idea piani elaborati allo scopo di cavarsi d’impaccio dalle varie situazioni di difficoltà in cui incappa, mentre le sue prontezza e intelligenza vengono esaltata dalla dabennaggine mostrata da Porcello. Paperino viene, poi, caratterizzato da Pedrocchi come spietato e violento: fa frustare senza pietà il Gatto, legato al palo della tortura della sperduta tribù indiana.
Altro aspetto fondamentale è l’opportunismo di Paperino: quando all’inizio i due amici, sbagliando strada, si imbattono in una fattoria gestita da un caprone, il signor Capricorno, Paperino pensa bene di farsi assumere per avere una buona scusa per indagare nei dintorni. Durante la notte egli scopre che il fattore è un ex-bandito che ha sepolto nel suo campo il bottino di una rapina di molti anni addietro: sarà proprio con questo bottino che Paperino aiuterà i pellirosse, che eleggeranno Paperino e Meo stregoni direttamente ispirati dal Grande Spirito.
Pedrocchi, comunque, cura anche gli aspetti umoristici (le sventure, infatti, sono tutte trattate come divertenti gag): tra tutti i siparietti imbastiti da Paperino-Meo si fa notare il battibecco continuo tra i due su chi avesse accettato la missione di Linotipi, sottintendendo la scelta sbagliata, fino all’ultima vignetta, quando la felice conclusione dell’avventura e la fama venuta dal successo degli articoli scritti li fa litigare su chi tra i due avesse avuto il merito di accettare l’incarico!
- Le sole strisce giornaliere di Floyd Gottfredson per Topolino e di Al Taliaferro per Paperino, cui vanno ad aggiungersi le tavole domenicali, come le Silly Simphonies dove avviene l’esordio fumettistico dell’irascibile papero di casa Disney. ↩︎
- Ultima ristampa sul nono numero della nuova PaperFantasy. E’ stata anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1994 su Donald Duck #286. ↩︎