L’autore
Kakizaki Masasumi (1978 -) è un mangaka dalla pubblicazione altalenante. Ha iniziato la sua carriera pubblicando all’inizio degli anni 2000, con la miniserie Gene X (X-GENE, 2002), con storia di Fumizuki Kentarō, e Rainbow (RAINBOW 二舎六房の七人, Rainbow: Nisha rokubō no shichinin, 2003), con storia di Abe George (1973-2019), che lo ha portato a essere conosciuto ad un pubblico più vasto e che è diventato uno dei capisaldi della sua produzione artistica.
Nonostante ufficialmente si occupasse solo dei disegni, come ha affermato in un’intervista rilasciata durante il Lucca Comics & Games 20141 in Rainbow ha partecipato anche alla costruzione della narrazione. In questa storia infatti troviamo due elementi identificativi attorno a cui Kakizaki sensei è solito far girare i suoi racconti: una ricostruzione storica il più fedele possibile alla realtà e i legami che si instaurano tra i personaggi.
Dopo Rainbow Kakizaki si dedica alla stesura di volumi curati interamente da lui, sia nel disegno che nella sceneggiatura, producendo in ordine Kansen Rettō (感染列島, Kansen Rettō, 2008), Hideout (Hideout , 2010), Bestiarius (闘獣士, Tōjūshi, 2011) e Green Blood (GREEN BLOOD, 2011). Da questi titoli, in particolare dagli ultimi due citati, possiamo vedere come Kakizaki riesca a spaziare da un’epoca storica all’altra senza limiti, facendo un’analisi attenta di eventi, luoghi, usi e costumi di popoli lontani nello spazio e nel tempo: mentre in Bestiarius notiamo la volontà di raccontare una storia fantastica, in cui la ricerca storica sull’antica Roma incontra quella mitologica (anch’essa accurata), in Green Blood si sfocia in temi sociali, come la discriminazione, la disparità sociale e l’immigrazione.
Dopo un periodo di pausa durato dieci anni, l’autore torna a scrivere una sua opera originale con Yomotsu Hegui – Il frutto del regno dei morti (ヨモツヘグイ 死者の国の果実, Yomotsu Hegui – Shisha no Kuni no Kajitsu, 2021), pubblicato in Italia da Planet Manga, divisione della Panini Comics che nel nostro paese si è occupata di pubblicare interamente la produzione di Kakizaki.
La storia
Per analizzare determinate scelte narrative prese da Kakizaki è importante ripercorrere l’inizio della storia. Il manga si apre rivelando al lettore l’esistenza di un mondo dei morti dove cresce lo Yomotsu Hegui, un albero i cui frutti rendono immortali chi li mangia. La scena si sposta poi in un istituto penitenziario, dove facciamo la conoscenza del protagonista della storia, Kanetsugu Nawa, un ex poliziotto che ha scontato otto anni di prigione con l’accusa di omicidio e tentato omicidio. Le sue vittime erano state i responsabili dell’assassinio di sua moglie e della sua piccola figlia, una tragedia che ancora non riesce a superare.
Non riuscendo a ottenere giustizia attraverso la legge decide di raggiungerla a modo proprio: trova l’assassino sopravvissuto, lo rapisce e lo uccide con una mazza da baseball rompendogli il cranio. In quel momento accade qualcosa che mai avrebbe immaginato: l’uomo si rialza e gli trapassa il petto con un lungo pezzo di metallo. Nawa inaspettatamente non muore, ma si trasforma per metà, assumendo una forma mostruosa che rimanda alle entità lovecraftiane, e con un gesto d’ira fa fuori nuovamente il suo avversario.
È in questo momento che Nawa si ritrova ad essere la pedina più importante di uno scontro lungo quattromila anni, contesa tra le due fazioni coinvolte: da un lato gli immortali, il cui re vuole proteggere i suoi fedeli da ciò che viene dopo la vita, e la Morte, la quale non accetta che esistano vite che non abbiano una fine. Per portare avanti questo suo ideale, la Morte è in costante ricerca di immortali da uccidere, sradicando dal loro corpo il frutto dello Yomotsu Hegui che hanno assimilato, così da privarli della loro immortalità fisica. Chiede quindi l’aiuto di Nawa che, essendo divenuto immortale, ha acquisito la capacità di poter rintracciare altri suoi simili. Il re degli immortali vuole invece averlo tra le sue fila per la sua capacità di riuscire ad estirpare il seme dello Yomotsu Hegui da un corpo immortale senza doverlo necessariamente uccidere.
Sebbene questa faida non riguardi direttamente il protagonista, immergendoci più profondamente nella lettura possiamo invece scorgere una domanda che lo riguarda molto più da vicino: che valore ha la vita?
Il concetto di immortalità
Per provare a formulare una prima risposta, è interessante notare come viene trattato il tema dell’immortalità.
La persona che mangia il frutto dello Yomotsu Hegui decide di rinunciare alla propria umanità in favore di un’apparente immortalità fisica. Nawa, che non sceglie di cibarsi del frutto ma gli viene impiantato non perde dunque la sua sensibilità umana acquisendo però un corpo imperituro. Questa sua condizione è molto fragile: il frutto che ha ingerito possiede una volontà propria e ogni rigenerazione corporea lo conduce sempre più vicino alla totale perdita della sua personalità, rimanendo quindi con un corpo immortale privo della sua coscienza.
Di conseguenza in questa storia si parla di due tipi di immortalità, una corporea e l’altra spirituale: quando Nawa ha ottenuto un’immortalità fisica, la sua famiglia è invece rimasta vivida e continuamente presente nella sua memoria, ricordandogli nei momenti più bui quei valori morali che lo hanno accompagnato e spinto a diventare un poliziotto. La situazione ambigua in cui si ritrova il protagonista si riflette nella posizione che decide di ricoprire nei confronti dello scontro in cui viene coinvolto: non abbraccia nessuna delle due ideologie, proclamandosi difensore degli umani. Sotto questo punto di vista è interessante notare come l’umanità, nonostante abbia da sempre bramato la vita eterna, venga discostata sia dal concetto di immortalità fisica, di cui il re degli immortali si fa portavoce, sia da quello di immortalità spirituale che, stando alle azioni della Morte, viene promossa da quest’ultima.
Come ben sappiamo Kakizaki ama fare ricerche per contestualizzare meglio luoghi e periodi storici in cui ambienta i propri racconti. Questo manga è la prova che i suoi studi non si limitano soltanto a ricreare il più fedelmente possibile finestre temporali e ambientazioni specifiche, ma sono finalizzati a offrire uno scorcio culturale dettagliato.
Nel primo capitolo della storia, ci viene introdotto il regno dei morti in cui risiede l’albero del frutto della vita eterna, un’apparente contraddizione. L’aldilà è il luogo in cui le anime si dirigono dopo la morte, ponendo così una fine definitiva all’esistenza terrena. Tuttavia, la presenza di un albero che concede l’immortalità fisica ribalta questo concetto, e diventa il simbolo dello squilibrio tra vita e morte causato dall’albero stesso, con la nascita di persone capaci di eludere il naturale corso della vita.
Questo contrasto trova un interessante parallelismo con un episodio del Kojiki (古事記 Kojiki, 712), l’opera più antica della letteratura giapponese.
All’inizio del Kojiki vengono narrati il mito della creazione del Giappone e delle divinità ad opera di Izanagi e Izanami. Quest’ultima però muore dando alla luce Kagutsuchi, la divinità del fuoco2. Per non perdere la sua amata, decide di andarla a recuperare nello Yomi, il mondo sotterraneo, ma scopre di essersi mosso tardi quando Izanami gli confessa di essersi già nutrita del cibo dell’oltretomba, rendendo impossibile il ritorno. Izanami prova però a convincere il sovrano di quel mondo di fare un’eccezione, facendo promettere al marito di attendere con pazienza. La promessa viene infranta, e alla fine Izanagi si ritrova a scappare dal mondo sotterraneo senza l’amata.
Questo episodio del Kojiki , seppur breve, presenta ben due analogie con Yomotsu Hegui:
- l’esistenza di un mondo dei morti dove è possibile trovare del cibo che rende la persona che lo mangia legata al re di quel mondo, che mentre nel caso di Izanami si manifesta nell’impossibilità di uscire dall’oltretomba, nel manga di Kakizaki si traduce in uno schieramento volontario dalla sua parte nella guerra contro la Morte;
- la possibilità, seppur recondita, di aggirare le regole, che nel Kojiki rappresenta l’uscita dal mondo dei morti, mentre al contrario in Yomotsu Hegui è intesa come la morte dell’essere divenuto immortale.
Un altro riferimento culturale che potrebbe aver ispirato il frutto di questa storia proviene dalla Cina dei Ming (1368-1644), epoca in cui è stato scritto Il viaggio in Occidente (西遊記, Xīyóu Jì, 1590 circa), uno dei quattro romanzi classici Ming, di cui alcuni attribuiscono la paternità all’erudito Wu Cheng’en (1504 –1582). In uno degli episodi Sun Wukong, protagonista della storia meglio conosciuto in Italia con il nome di “scimmiotto” (nome derivante dalla traduzione inglese “Monkey” di Arthur Waley alla quale si rifà la nostra italiana a cura di Adriana Motti), viene incaricato dall’Imperatore di Giada prendersi cura del Giardino dei Peschi, questo immenso giardino sui cui alberi crescono delle pesche che conferiscono a chi le mangia diversi poteri, tra cui l’immortalità.
I disegni
Ciò che salta all’occhio guardando la copertina del primo volume di Yomotsu Hegui sono il tratto inconfondibile di Kakizaki e la chiara citazione ai mostri usciti dall’immaginario di H.P. Lovecraft (1890 – 1937).
Quando Nawa realizza di non essere morto, risveglia questo mostro sopito in lui che sembra essere uscito dal bestiario lovecraftiano. Il riferimento stilistico non si limita a essere una semplice citazione grafica: ci troviamo davanti una reinterpretazione dei Grandi Antichi, confinati in uno stato di sonno che li colloca tra la vita e la morte. Questo stato riflette la posizione dell’ex poliziotto in merito al conflitto in cui è stato coinvolto, decidendo di non volersi schierare né a favore della vita, dell’immortalità apparente, né della morte.
Tavole chiare e scure si alternano perfettamente per riflettere gli stati d’animo dei personaggi nelle scene raffigurate. Quelle scure, che compongono la maggior parte del manga, sono usate per scene di rabbia, vendetta, violenza e confusione; al contrario quelle chiare per situazioni di calma, lontane dalla violenza.
Un elemento curioso da analizzare è la foto di famiglia di Nawa, che risulta sempre chiara nonostante sia inserita per lo più in tavole caratterizzate da uno stile più sporco. Inoltre la foto presenta un alone scuro interno che potrebbe richiamare il sentimento di tristezza e vendetta che ancora attanagliano il protagonista, rendendolo schiavo della sua volontà di volersi fare giustizia per la tragedia vissuta.
Conclusioni
Rileggere questo autore dopo così tanto tempo è stata sicuramente una piacevole esperienza. La trama non è particolarmente articolata, ma nonostante ciò ritroviamo la solita cura che ha nella creazione dei personaggi (non tutti, ma la maggior parte) e dei loro legami, che si conferma essere una delle colonne portanti di questa storia. Questo primo volume del manga presenta un giusto equilibrio tra scontri fisici e riflessioni morali che portano il lettore a riflettere insieme al protagonista su cosa sia considerabile giusto e sbagliato nello scontro tra gli Immortali e la Morte. Anche se non c’è un particolare contesto storico da sviscerare, com’è accaduto per altri suoi manga in passato, qui ha deciso di concentrarsi maggiormente su elementi culturali, attingendo prima dall’Asia per la gestione dell’immortalità, per poi andare in America per la ricerca di un design adatto a ciò che ha voluto raccontare. Sull’edizione non c’è molto da dire, è un classico volume di pregio con sovraccoperta. La scelta di utilizzare una carta così bianca, se voluta, è stata interessante, perché un bianco così marcato aiuta a creare un contrasto molto forte con i neri e le scale di grigi usati nel manga.
Abbiamo parlato di:
Yomotsu Hegui. Il frutto del regno dei morti #1
Kakizaki Masasumi
Traduzione di Laura Giordano
Panini Comics, 2024
240 pagine, brossurato, bianco e nero – 7,00 €
ISBN: 9788828797050
https://www.animeclick.it/news/40975-lucca-2014-masasumi-kakizaki-intervista-esclusiva-e-reportage ↩
Yasumaro Ō no, Kojiki. Un racconto di antichi eventi, a cura di Villani P., Letteratura universale Marsilio, 2006, pp. 39 ↩