
“Io voglio sognare… Mamma, non voglio invecchiare!”
(Little Nemo)
Una volta lessi una lunga conversazione (pubblicata nel volume All’ombra di Corto, edito da Rizzoli nel 1992) tra il fumettologo Dominique Petitfaux e Hugo Pratt. Tra le tante parole mi colpirono parecchio queste:
“… E poi il più grande di tutti, Winsor McCay e il suo Little Nemo.”
“Ma lei è stato veramente influenzato da McCay?”
“Ma certo, è lui che ha introdotto l’elemento onirico nel fumetto… Winsor McCay è un grande poeta. Ci sono poeti che fanno poesie e che, come Winsor McCay, si esprimono col segno grafico. McCay è un artista e Little Nemo è arte…”
Non immaginavo che Little Nemo fosse uno degli ispiratori del grande artista veneziano. Pratt aveva ragione comunque: Little Nemo è arte.
Il genere delle nuvole parlanti era nato da circa dieci anni ed ecco che il 15 ottobre del 1905, sulle pagine del New York Herald, il fumetto mostrava il suo primo vero capolavoro.
Un fumetto che spazzava letteralmente via Yellow Kid e compagni, con un disegno e dei colori da far sgranare gli occhi per l’accecante bellezza.
Little Nemo in Slumberland era qualcosa di mai visto, e che raramente si sarebbe in seguito visto in oltre cento anni di comics. Il suo autore Winsor McCay, che si era fatto le ossa nel disegno dipingendo insegne pubblicitarie presso un circo, ci presenta questo bambino dal sogno facile e inquietante, che vediamo svegliarsi nella sua prima avventura e trovarsi di fronte un clown, con un cavallo di nome Somnus, che lo invita a comparire davanti a sua maestà Morpheus di Slumberland. E da qui iniziano le fantastiche avventure di Little Nemo nella terra del dormiveglia, attraverso una serie di tavole a dir poco sbalorditive, che illustrano mondi fantastici e favolistici, illustrati da McCay non poco ispirato dal movimento dell’Art nouveau.
Le tavole dell’artista americano parlano di onirismo, di magia, di sogni, ma se vogliamo sono precursori di generi come la fantascienza, il surrealismo e il fumetto d’introspezione psicologica che tanto avrebbe avuto da dire negli anni a venire. Ma Little Nemo parla soprattutto d’infanzia senza necessariamente rivolgersi ai soli bimbi, del rapporto tra realtà e sogno, sogno che viene visto dal piccolo Nemo come un rifugio personale sicuro, affascinante e allo stesso tempo inquietante. Un rifugio mentale assolutamente non capito dagli adulti, in questo caso rappresentati dai suoi familiari, una famiglia della media borghesia che attribuisce la colpa di questa iper attività sognante del figlio al cibo che Nemo mangia a cena: una giustificazione non plausibile e irrisoria considerando che in quegli anni la psicanalisi, grazie agli studi di Freud, ci diceva che il sogno era una naturale attività notturna della nostra mente.
E dal sogno non può che scaturire l’amore, quell’amore che la figlia del re Morpheus, la principessa di Slumberland, prova per il nostro simpatico eroe da lei preferito a tanti altri pretendenti.
Ma è un amore difficile, impossibile, un amore tra sogno e realtà, un amore talmente desiderato dalla principessa da indurre il padre a cercare Nemo per condurlo a Slumberland. Un amore contrastato da Flip Flap, un clown geloso del sentimento provato dalla principessa per Little Nemo, tanto da portare il nostro eroe a svegliarsi di continuo; ma alla fine i due diverranno inseparabili compagni d’avventure avendo a che fare con pirati, indigeni e finendo addirittura sulla luna.
Tutto è onirico nella fantasia di MacCay, persino la città in cui Little Nemo vive nella realtà, New York, diventa un luogo inquietante, con grattacieli alti come montagne che il nostro sarà costretto a scalare per poi ritrovarsi, come in quasi tutte le vignette, nella realtà del suo lettino dalle lenzuola bianche, spesso catapultato per terra da bruschi risvegli o dalle ammonizioni della sua famiglia che non si rassegna all’idea di avere un figlio che non riesce a sognare senza svegliare tutti.
Ribadire l’importanza di un simile capolavoro credo sia inutile. L’influenza di McCaye del suo Little Nemo è ovunque nel fumetto: dal citato Pratt, a Schulz, da Jacovitti a Bill Watterson arrivando addirittura a Moebius e Alan Moore.
Se dovesse capitarvi tra le mani una qualsiasi edizione o se, ancora meglio, avrete la fortuna di poter vedere coi vostri occhi in qualche mostra o museo le tavole originali in tutto il suo splendore, allora sono certo che mi capirete.
Il fumetto è arte. Winsor McCay ha contribuito in maniera fondamentale affinché lo diventasse.
Curiosità
Le storie di Little Nemo s’interruppero nel 1911 e cioè quando McCay passò dal New York Herald al New York American di Hearst lavorando come illustratore. Riprese Little Nemo per qualche mese con una nuova serie, In the Land of Wonderful Dreams, per poi ritornare all’Herald e alle tavole domenicali del suo illustre personaggio fino al 1927 quando lasciò definitivamente sia il New York Herald sia Little Nemo.
Interessante la singolare somiglianza tra il fumetto di Winsor McCay e un’opera umoristica francese di un autore poco noto, Rip. Leggete qui e giudicate. Questo nulla toglie o aggiunge al genio di Winsor McCay.
Edizione consigliata
Storico e bellissimo libro dell’editore Garzanti, oltre 250 pagine in cui ammirare e stupirsi dell’arte di Windsor McCay: raccoglie le tavole di Little Nemo dall’inizio fino al 1910.
Grande formato, cartonato, il volume si avvale di una splendida introduzione di Oreste Del Buono.
Altre edizioni
Innanzitutto tengo a precisare che l’edizione consigliata è si di collezione ma è stata ristampata tre volte, nel 1974, nel 1981 e infine nel 1994. Qualsiasi ristampa riusciate a trovare va benissimo, non cambia il valore dell’opera. Un’altra edizione che qui segnalo è quella dell’editore Lo Vecchio che pubblicò Little Nemo in cinque volumi brossurati di facile reperibilità sia in fumetteria che nelle fiere.
Imperdibile invece (qualora non doveste trovare il volumone consigliato) il volume edito dalla Taschen, Winsor McCay – Little Nemo – 1905-1914, che anche se in lingua inglese, vanta un’edizione impeccabile, che abbraccia (come si evince dal titolo) un periodo maggiore.
Little Nemo su Lo Spazio Bianco
Little Nemo in Slumberland, Winsor McCay e l’esplorazione dei limiti del fumetto