The Wicked + The Divine: l’adolescenza secondo Gillen e McKelvie

The Wicked + The Divine: l’adolescenza secondo Gillen e McKelvie

In The Wicked + The Divine di Kieron Gillen e Jamie McKelvie dodici adolescenti divinizzati dovrebbero ispirare l'umanità. Ma tutto sembra andare storto.

wicked-divine-once-againThe Wicked + The Divine è una serie creata da Kieron Gillen e Jamie McKelvie, pubblicata dalla Image a partire dal 2014 e che BAO Publishing porterà in Italia nel 2017. Ad agosto 2016, si è concluso il primo arco narrativo, raccolto in quattro volumi, e a novembre, dopo la pubblicazione di un episodio fuori serie (1831) è iniziato il secondo, Imperial Phase 1.
In questo articolo, introduciamo le caratteristiche salienti della serie, rimandando a eventuali recensioni o approfondimenti un’analisi più mirata ed evitando anticipazioni o allusioni che possano guastare il piacere della prima lettura.

Enfasi e lavoro di team

Alla base di The Wicked + The Divine stanno la coralità della vicenda, i toni sempre sopra le righe e al tempo stesso capaci di trasmettere un’ampia gamma di sfumature dei moti dell’animo e il flusso pressoché continuo di emozioni, che realizza una sorta di saturazione patemica.
A tenere insieme questa molteplicità sono la forte identità del modo di raccontare e la compattezza narrativa che scaturiscono dalla collaborazione fra Gillen e McKelvie, già rodata in Phonogram: il risultato è uno stile narrativo ad alta leggibilità, sintetico e apparentemente freddo.

Importante è poi il contributo del design unitario (studiato da Hanna Donovan) che guida la composizione delle copertine, la scelta della palette cromatica e influenza l’impostazione di tavole e vignette. La colorazione di Matthew Wilson è poi fondamentale nella definizione delle atmosfere emotive, così come il lettering di Clayton Cowles contribisce a dare voce individuale a ciascun personaggio. Questa omogeneità è tale da rendere il primo episodio pienamente rappresentativo del progetto.
La sinteticità nasce da vari elementi: una definizione di corpi, volti e oggetti basata su linee semplici; plasticismo pressoché assente, colori gelidi (ma usati per trasmettere l’emozione dominante) e voci che, pur caratterizzate individualmente, sono costruite all’interno di (si esprimono attraverso) una precisa maniera stilistica, trasmettendo l’idea di una vera e propria comunità.

Disposable Gods

“Ogni novanta anni dodici dei si reincarnano in adolescenti. Sono amati. Sono odiati. In due anni sono tutti morti. Sta accadendo ora. Sta accadendo di nuovo”.

wicked-divine-lucifer-birthQuesto il programma alla base di The Wicked + The Divine: contiene il senso del mistero, del meraviglioso e trasmette tutto il disagio che accompagna un destino ineluttabile. E a tutto dona energia la cassa di risonanza delle opposte polarità di odio e amore.
Di fatto, la vicenda ruota attorno al tentativo dei protagonisti di orientarsi nel contesto delineato da quella frase. Dove “orientarsi” non significa necessariamente “comprendere”; più spesso è “sfruttare” e talvolta si limita a un mero “partecipare”.

È un mistero che cosa faccia di un ragazzo un dio; è un mistero chi o che cosa muova i fili della vicenda. Dal prologo sappiamo della fine del precedente circolo di nuovi dei (e, dal loro abbigliamento, sappiamo che riflettono in qualche modo “lo spirito del tempo”: sono nel flusso dell’essere, non al di fuori). E tanto basta per indurre in chi legge l’inquietudine e l’aspettativa che accompagnano un conto alla rovescia al termine del quale da una parte c’è l’annullamento ma dall’altra sembra esserci anche una qualche acquisita consapevolezza del proprio ruolo.
A meno che, naturalmente, non si trattasse di mera rassegnazione o accettazione del prezzo da pagare in cambio di due anni di divinità.

Il primo capitolo mette in scena in maniera compiuta tutti questi elementi e la sua chiusura trasmette quasi platealmente tutto il disorientamento di quei ragazzi apparentemente “eletti”, nell’espressione e nel grido, nello sbalordimento e nel dolore di Lucifer. Per una morte, pubblica e imprevista, che sembra parte di una trama per demonizzare i dodici dei temporanei. Che forse, questo il pensiero che fa da basso continuo allo svolgimento dell’intreccio da questo momento in poi, sono dei semplici dei “usa e getta”.

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Empatia e mystery

Al cuore di The Wicked + The Divine ci sono i personaggi. Tutta la complicata trama di eventi serve a metterne in evidenza le personalità, le caratteristiche, le idiosincrasie, gli aspetti più estremi.
Forzando leggermente una dichiarazione dello stesso Gillen, tutta la costruzione dell’opera potrebbe essere vista come una seduta di training degli X-Men nella Stanza del Pericolo: una sequenza di situazioni estreme, funzionali a estrarre dai personaggi tutta le loro potenzialità.

“You know I say WicDiv is totally a superhero book? This is very much a “Teenagers brought into a private retreat by a frankly sinister old person? Ring any bells?” nod. This is a pure Danger Room scene. Compare and contrast the X-men’s «Welcome to the X-men – I hope you survive the experience» with WicDiv’s «Welcome to the pantheon – you won’t survive the experience.»”1

Per questo, il racconto mette spesso in evidenza volti ed espressioni, attraverso primi e primissimi piani, spesso addirittura su uno sfondo che è solo colore, senza alcun oggetto: lo spazio svanisce e rimane solo l’emozione, lo sguardo che non di rado è rivolto verso il lettore.
È la ricerca di empatia, della costruzione di un legame emotivo profondo che faccia da tessuto connettivo al succedersi frenetico e frammentato degli eventi. L’intensità delle emozioni che innervano il racconto ha la sua radice ultima in questo: che i personaggi si muovono costantemente lungo un fragile limite fra il tutto e il nulla. Il tutto è la divinità e l’aspirazione a essa; il nulla è la frustrazione di quell’aspirazione, perché la vita ordinaria scompare di fronte agli abissi e al calore della divinità.

La Morrigan nell'interpretazione di Leila del Duca.
La Morrigan nell’interpretazione di Leila del Duca.

Come ancoraggio di questo flusso di passioni, The Wicked + The Divine utilizza da subito una traccia mystery: qualcuno complotta contro i giovani dei e la ricerca di chi muove quelle trame e con quali obiettivi fa da filo rosso e costante riferimento al dipanarsi delle vicende dei personaggi. A guidare questa indagine, il personaggio di Laura, adolescente umana, grande fan delle nuove divinità/star, che svolge il ruolo di guida non solo attraverso il labirinto di relazioni fra i nuovi dei, ma anche di riferimento nelle ambiguità delle emozioni che i nuovi dei suscitano.

Per verificare l’importanza di questo aspetto, sono interessanti i racconti raccolti nel terzo volume, Commercial Suicide. Indisponibile McKelvie, per impegni già sottoscritti al tempo della progettazione della serie, le storie sono affidate ad altri disegnatori. Al di là delle più o meno riuscite caratterizzazioni e interpretazioni di personaggi (in positivo, si veda per tutte l’episodio #16 – You were always best at the game – illustrato da Leila del Duca, in negativo l’episodio #13, nel quale il personaggio al centro del racconto è certamente poco valorizzato) e ambienti, è proprio la focalizzazione sull’intreccio, con i colpi di scena legati a scoperte di indizi e rivelazioni a garantire la compattezza narrativa, ed evita la dispersione delle sottotrame.

A determinare la dominante del racconto è il punto di equilibrio fra cura dei personaggi e dell’intreccio. Alla prima fa capo l’attenzione alle loro vicende, ai loro percorsi individuali, alla tensione fra le loro due nature; alla seconda il trattamento degli snodi e dei passaggi tramite i quali lo sfondo si amplia, i fili si sciolgono o annodano. Pur nella sottolineata omogeneità di approccio, in questo primo arco narrativo abbiamo uno spostamento dal primo al secondo polo, che si manifesta con il passaggio dalla focalizzazione sul personaggio di Laura negli episodi iniziali alla chiusura degli episodi di Rising Action, largamente basata sull’azione e che suscita inevitabili timori di una deriva verso una spettacolarità superficiale.

Un’adolescenza senza futuro

La tensione fondamentale che muove i protagonisti di The Wicked + The Divine nasce dal fatto che vivono un’adolescenza realizzata nei suoi sogni di potenza, ma annullata nelle sue prospettive di futuro e (forse) funzionale a un Grande Disegno che li vede al tempo stesso protagonisti e meri strumenti. Sono dotati di immensi poteri ma sono totalmente impreparati a gestirne l’impatto.

Lucifer vs. David Bowie.
Lucifer vs. David Bowie.

Si atteggiano come star dello spettacolo (questo, evidentemente, è lo stato della divinità nel XXI secolo), e non sembrano in grado di inserire la loro natura in una visione del mondo più complessa: limiti, conseguenze e implicazioni della loro situazione sembrano al di là della loro portata.
La loro gioventù contribuisce tanto con l’intensità delle passioni quanto con l’inesperienza e l’immaturità; la consapevolezza della propria morte “a scadenza” è da una parte vissuta come un dato estetico, dall’altra crea l’oggettivo azzardo morale dell’irresponsabilità. Gli sguardi e le pose sempre studiate li dichiarano come attori: interpretano un ruolo, si muovono come in un clip grondante glamour, parlano spesso come se avessero piena padronanza di ciò che accade. O come se, attraverso il linguaggio pieno di sicurezza esorcizzassero il vuoto intorno e davanti a loro.

Ma la padronanza degli eventi è un’illusione: qualcuno manovra il tutto da dietro le quinte e i giovani dei non hanno la minima idea di chi sia e dei suoi obiettivi. E questa consapevolezza mette in crisi la visione del proprio ruolo. Ma a che vale preoccuparsi del senso delle cose quando si hanno grandi poteri, desideri sconfinati e solo due anni di vita? Ecco che la tentazione di molti è il ripiegarsi su se stessi, sul qui e ora, in una sorta di versione estrema dell’adolescenza generata dall’assenza di futuro.

Un’adolescenza perfetta

wicked-divine-dyonisus-partyIn The Wicked + The Divine, tutti i personaggi sono belli.
Non solo per le linee semplici che ne definiscono i tratti, la profondità degli sguardi, l’eleganza dei gesti.
Non solo per la nitidezza degli ambienti in cui si muovono e per il contrasto stridente fra questa chiarezza di contesto e l’ambiguità di ogni pensiero (questa è la bellezza di quell’età, che si deve tradurre correttamente come “percezione di potenzialità infinite”).

Sono belli nella loro pienezza esistenziale, nel loro incarnare totalmente un preciso ideale di giovinezza, cioè quel senso preciso e profondo di sé che nasce dal sentirsi sull’orlo di un abisso senza ritorno (abisso senza ritorno, che, ci si rende conto poi, è niente di più che la vita “dopo”).

La bellezza dei personaggi è pura e i lineamenti lisci, i corpi glabri sono dichiarazioni di innocenza. La loro dislocazione nella condizione divina, la loro pretesa consapevolezza (la propria concezione di sé-nel-mondo), la loro inadeguatezza (la percezione altrui del loro essere-nel-mondo) sono idealizzazioni e generano una profonda e ambigua mescolanza di empatia, desiderio e timore.
Ed è senso del meraviglioso, perché ci troviamo al cospetto del sublime, a un infinito che ci appare a portata di mano. Qualcosa di vicino e irriducibilmente altro. Come il passare del tempo.

Perché anche questo è chiaro: il crescere della nuova generazione richiama anzi richiede il declino delle precedenti, per avere il proprio spazio vitale, la propria possibilità di vita. ll connubio adolescenza-divinità annuncia un futuro potenziale dai quali gli adulti sono esclusi. La breve temporaneità di questo stato è l’idealizzazione della velocità con cui trascorre il tempo di quell’età; la morte che chiude quell’esperienza idealizza l’irreversibilità dell’uscita dall’adolescenza.

Per questo, da quando l’adolescenza, dopo aver iniziato a sviluppare un proprio universo espressivo, ha visto chiudersi il futuro di fronte a sé, le proprie speranze trasformate in velleità, (marcatore mainstream di questo punto di non ritorno: I won’t get fooled again degli Who, 1971), la malinconia è una delle sue più forti dominanti emotive. Crescere è morire e questa tremenda consapevolezza ha bisogno di una sublimazione estetica per essere accettata. Da allora, ogni ciclo di adolescenza ha la sua musica che ribadisce questa tonalità a tutti i livelli culturali: dal mainstream all’indie. Linee melodiche e armonie che definiscono e predispongono una nostalgia idealizzata, perché è nostalgia di cose non vissute, di potenzialità abortite.

Poiché il racconto è costruito su questa visione dell’adolescenza, nella sua coerenza e focalizzazione, è giusto dire che in The Wicked + The Divine niente è realistico, ma tutto è vero.

Riferimenti:
The Wicked + The Divine – sito ufficiale: www.wicdiv.com
Kieron Gillen su tumblr: kierongillen.tumblr.com

Abbiamo parlato di:
The Wicked + The Divine
Kieron Gillen, Jamie McKelvie
BAO Publishing, 2017
176 pagine, cartonato, colori – 18,00€
ISBN: 978-88-6543-825-1

Versione digitale su Verticomics


  1. Cfr.: Kieron Gillen: kierongillen.tumblr.com/post/135846222857/writer-notes-the-wicked-the-divine-17 

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