È difficile seguire e comprendere appieno il Davide Toffolo fumettista prescindendo dal Davide Toffolo musicista. Non è il primo autore con una carriera parallela – musicale, letteraria o cinematografica che sia – ma è quello che maggiormente intende le sue attività artistiche come un “blocco unico”, che di volta in volta si concretizza nell’una o nell’altra forma. Rispetto alle opere di altri artisti poliedrici, infatti, che pure esprimono loro stessi su diversi media (si pensi a Gipi, con i suoi film e cortometraggi, o a Gerard Way con la sua attività da musicista nei My Chemical Romance), con Toffolo esiste una concatenazione molto più forte tra i suoi lavori fumettistici e quelli musicali, tale per cui la conoscenza di entrambi i versanti, se non proprio indispensabile per apprezzare un suo fumetto o una sua canzone, risulta comunque utile e accresce e/o modifica il modo di fruirne. Sono due sfere che si contaminano e che appaiono incomplete senza considerarle in maniera complementare, una situazione parzialmente sottesa nei primi anni di attività che è diventata man mano più visibile nella produzione recente.
Un’incompletezza di fondo che potrebbe facilmente essere vista come un difetto nella produzione di un autore, ma nel caso di Toffolo il rischio viene scardinato dalla centralità del suo personaggio: il progetto omnicomprensivo di questo istrionico artista è infatti da sempre quello di astrarsi dalla condizione puramente umana (e in quanto tale corruttibile e mortale) per assurgere alla dimensione di personaggio di finzione, scappatoia dalle pastoie del successo, dell’apparenza e della vanagloria, come ebbi già a dire quando nel 2014 recensii Graphic novel is dead.
Ora, con l’uscita dell’ideale seguito del quel libro, Graphic novel is back, questo ragionamento torna prepotentemente attuale. Dopo il titolo precedente, quel Il cammino della cumbia nel quale la presenza “on screen” di Toffolo faceva semplicemente da tramite per il viaggio di scoperta sonora, il fumettista sente l’esigenza di tornare a raccontare di sé a tutto tondo e, come accadde in Graphic novel is dead, senza fare sconti a sé stesso e senza paura di scendere nella sua dimensione più intima, proprio a partire dal rapporto tra il Toffolo-persona e il Toffolo-personaggio. Confrontandosi sul concetto di invecchiamento l’autore si chiede infatti quanto sia ancora valido il discorso della maschera, mentre una vocetta maligna gli instilla il dubbio che senza quella e senza il costume da yeti che completa da qualche anno la sua “divisa” non sarebbe nessuno.
Oltre a riflessioni di questo tipo, il volume racchiude le vicissitudini sentimentali dell’autore, arrivando alla sua attuale relazione con la compagna Paulonia, il suo viaggio di ritorno a Pordenone, sua città natale, e di contro anche una riflessione su Milano – che l’ha adottato negli ultimi anni – e sulle strade della metropoli meneghina. Tutti passaggi, questi, apparentemente comprensibili e fruibili autonomamente ma che trovano reale compimento solo conoscendo il versante musicale di Toffolo, il suo importantissimo pezzo di vita con il gruppo I Tre Allegri Ragazzi Morti. Questo per capire per esempio chi sia l’Enrico con cui il protagonista dialoga a un certo punto (Molteni, amico e sodale da decenni, bassista dei TARM), e soprattutto il senso di alcune citazioni – per parlare di Milano la chiama “capital ben vestida”, come nella canzone In questa grande città (la prima cumbia) – o l’importanza che ricopre Pordenone per l’humus da cui sono nati la sua musica e i suoi disegni, ma anche per fruire in maniera sensata le pagine che si occupano letteralmente di illustrare alcuni pezzi della band, che senza aver presente i brani di riferimento appaiono decisamente sconnesse dal resto e un po’ gratuite.
Ecco, caratteristica fondante nella struttura del libro è proprio la mancanza di connessione tra i capitoli che lo compongono: mentre Graphic novel is dead aveva un’unitarietà di fondo che faceva da collante ai vari concetti e momenti che l’autore voleva raccontare, ora la scrittura di Toffolo diventa più rarefatta, potremmo dire addirittura disordinata, e che questo sia voluto o meno rappresenta un minus dell’opera perché non permette di avere un discorso complessivo da seguire.
Certamente, avvicinando questo approccio a una sorta di flusso di pensiero si preserva la spontaneità diretta del racconto senza filtri, aiutato dalla disponibilità che ha l’artista di spogliarsi completamente davanti ai propri lettori, ma il risultato è spezzettato e lascia un po’ troppo disorientati a fine lettura.
Questo fa sì che si abbiano diversi momenti molto forti e particolarmente ispirati, come quando si parla delle stragi terroristiche alla redazione di Charlie Hebdo e al locale Bataclan (che, riguardando fumetto e musica, colpiscono particolarmente la sensibilità dell’autore), ma che rimangono appesi in maniera disconnessa dal resto del libro.
Per quanto riguarda i disegni, Davide Toffolo sperimenta stili e approcci diversi: alterna un tratto più underground, dichiaratamente naif e semplice, privo di fronzoli, a vignette con un approccio sempre essenziale ma più rotondo e accogliente, per arrivare verso la fine del volume a tavole dove il segno si fa più realistico, quasi ritrattistico, esaltato dalla matita sottile e dal bianco e nero.
Bianco e nero scelto solo eccezionalmente, sostituito nella maggior parte dei casi da una palette di colori sempre funzionale a quanto raccontato in quel passaggio. Ci sono pagine con una colorazione sobria e naturalistica ma molte altre più accese, dalla luce sparata; ancora, ci sono momenti in cui si vira su una monocromia decisa (in blu, in viola, in rosso) che permea e indirizza l’atmosfera narrativa.
La struttura delle tavole, in linea con la multiformità stilistica e della sceneggiatura, cambia continuamente: ci sono pagine con 4 file da 3 vignette ciascuna, piccoli quadratini caratterizzati da un disegno stilizzato, e poco dopo i riquadri diventano solo due, grossi e rettangolari. Non mancano delle pin-up a tutta pagina e costruzioni più classiche. Una varietà di approcci coerente con il libro nel complesso e che ha dalla sua la possibilità, da parte del lettore, di godere di tante tipologie estetiche diverse.
Toffolo ricorre poi nuovamente, come fatto in misura maggiore anche in Graphic novel is dead, alla fotografia: scatti da lui realizzati, in questo caso per raccontare le strade insolitamente vuote di una mattina milanese vessata (o graziata) dal blocco del traffico, su cui ha disegnato il sé stesso fumettistico intento a riflettere immerso in questo contesto surreale.
Graphic novel is back parla di tantissime cose, diverse tra loro eppure simili, perché tenta di riflettere l’inquietudine dell’animo umano. Davide Toffolo è un autore dalla spiccata sensibilità e sublima sotto forma di fumetto – almeno in questo caso – le ombre che lo accompagnano e lo impregnano dentro. Ci sono pagine spesso sofferte e sempre fortemente intime: la notizia della morte di un amico, il poetico resoconto per vignette mute del suo rapporto con Andrea Pazienza e con la sua eredità, l’inconsistenza dei nostri tempi in cui si trova fuori posto, l’invecchiamento, il bisogno di libertà.
Più che un graphic novel, un album dei ricordi. In certi momenti sembra di essere di fronte a un’opera importante per come riesce ad essere sincera e diretta, e per la possibilità di avere un “filo diretto” con la testa di un artista a tutto tondo, in altri l’eccessiva dispersione di cui è vittima l’opera nel tentativo di risultare schietta e senza compromessi indebolisce il libro nel suo insieme, rendendolo una sorta di aneddotica sgangherabile in cui si alternano parti più riuscite ad altre meno.
L’irrequietezza dell’artista si riversa quindi sulle pagine con esiti alterni, ma con una visione peculiare, dinamica e fresca per quanto riguarda l’estetica, che si esemplifica nelle molte tecniche visive e di disegno impiegate.
Abbiamo parlato di:
Graphic novel is back
Davide Toffolo
Rizzoli Lizard, 2019
192 pagine, brossurato, colori – 18,00 €
ISBN: 9788817095792
Davide Toffolo da autore a personaggio: Graphic novel is dead