Oggi, 05/06/2013, è attesa la sentenza di primo grado nel processo del caso di Stefano Cucchi, morto dopo un arresto per futili motivi. Un simbolo delle storture della giustizia italiana. Riproponiamo la recensione del volume di Luca Moretti e Toni Bruno edito da Castelvecchi, attraverso il quale il fumetto diventa strumento di denuncia civile per raccontare la cronaca recente.
La storia italiana, nel passato come purtroppo nel presente, è disseminata di eventi poco chiari, per i quali la verità per quanto evidente sembra sfuggire, viene negata e nascosta.
Chiazze di vergogna che mostrano i limiti della nostra società, incapace di assumersi le proprie colpe e di affrontare con maturità e responsabilità i propri errori.
Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino,
non avevano leggi per punire un blasfemo,
non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte,
mi cercarono l’anima a forza di botte.
Un blasfemo, Fabrizio dé André
“Non mi uccise la morte” nasce idealmente il 15 ottobre 2009, quando il giovane Stefano Cucchi viene fermato da una pattuglia dei Carabinieri e portato in caserma, inizio di un calvario che terminerà il 22 dello stesso mese, quando Stefano viene dichiarato morto, inizialmente per “presunta morte naturale” dopo il trasferimento al Regina Coeli e in seguito al Fatebenefratelli. La stessa tesi viene sostenuta e avallata dalle forze di Polizia e da esponenti politici, in un tentativo vile e ridicolo di nascondere la realtà. Un caso che richiama da vicino l’altrettanto triste vicenda di Federico Aldrovandi, che dopo il pestaggio venne immediatamente dichiarato morto perché “ammazzatosi da solo”.
Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto.
G. Luzi (Comandante di Polizia Penitenziaria, carcere di Castrogno)
Stefano Cucchi dalla settimana di detenzione esce senza più vita, pesando solamente 37 chili, col volto tumefatto, la mascella rotta, ricoperto di lividi. I rapporti dei Carabinieri sono poco chiari, le cartelle mediche vistosamente rimaneggiate e corrette.
Stefano Cucchi è morto perché anoressico, drogato e sieropositivo.
Carlo Giovanardi (senatore della Repubblica)
Ma la cosa più tremenda di tutta la storia, al di là del fatto in sé, sta nell’omertà mafiosa che circonda la faccenda, nella negazione continua di qualunque coinvolgimento da parte dei medici e delle forze dell’ordine; solo per mezzo dell’ostinazione e della tenacia dei genitori di Stefano oggi possiamo sperare che venga fatta verità e giustizia.
Il 17 giugno 2010, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per le tredici persone accusate per la di Stefano: sei medici, tre infermieri, tre agenti penitenziari, il direttore dell’ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. I reati contestati vanno dalle lesioni aggravate all’abuso di autorità nei confronti di arrestato, dal falso ideologico all’abuso d’ufficio, dall’abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d’ufficio, fino al favoreggiamento ed all’omissione di referto.
Questa è la storia di un abbraccio. Una storia che riguarda tutti.
La storia di un abbraccio che è stato negato.
Il volume edito da Castelvecchi presenta sotto forma di cronaca la storia di Stefano Cucchi, assieme a un saggio sulle vittime dell’ordine pubblico in Italia, a firma Cristiano Armati. Chiaramente nell’ottica di una vicenda del genere, oltretutto in una pubblicazione uscita a processo ancora in corso, il fumetto rappresenta un doveroso pretesto
per continuare a parlare di quanto successo, per sostenere la ricerca della verità.
Luca Moretti e Toni Bruno svolgono il compito con il giusto compromesso tra professionalità e sentimento. Emerge la voglia di raccontare i fatti quanto di rappresentare sensazioni come il dolore, la disperazione, la rabbia. Il punto di vista più doloroso è forse quello dei genitori di Cucchi, ancor più che di Stefano stesso, con la loro impotenza, l’impossibilità di vedere il proprio figlio detenuto all’ospedale, la scoperta della sua condizione di salute solamente una volta deceduto.
Ecco che il fumetto si sposa alla cronaca e al saggio esaltando le proprie peculiarità, evitando di sottrarre la scena a fatti che meritano di stare in primo piano, ma senza rinunciare a esprimersi e a sfruttare le immagini per contribuire alla ricerca della verità
Se da un certo punto di vista, infatti, la storia di Moretti e Bruno non aggiunge niente alla esposizione dei fatti – e ciò sembrerebbe superfluo – è altrettanto vero che questo istant comic, grazie al ritmo di lettura scandito dalle didascalie e grazie a immagini evocative, efficaci sia nel visualizzare le scene che nel sottrarle gli occhi e suggerirle solamente, riesce a esplorare il lato più viscerale, emozionale e drammatico della vicenda, probabilmente ancor meglio di quanto mai potrebbe fare un resoconto scritto.
Abbiamo parlato di:
Non mi uccise la morte
Luca Moretti, Toni Bruno
Castelvecchi, 2010
112 pagine, brossurato, bianco e nero, 12,00€
ISBN: 978-88-7615-408-9
distribuito con licenza Creative Commons
Riferimenti:
Il blog per Stefano Cucchi, aperto dalla sorella Ilaria: perstefanocucchi.blogspot.com
Il blog di “Non mi uccise la morte”, dove scaricare il volume: nonmiucciselamorte.blogspot.com
Recensione pubblicata originariamente a luglio 2010.