Quando un autore ha le idee ben chiare si vede prima ancora di aprire il libro. Nella copertina del primo volume de La Belgica il protagonista Jean è sul vascello che sfida il freddo antartico. In questo volume invece vediamo Claire in una stanza mentre guarda malinconica le navi fuori dalla sua finestra. Bastano due copertine a Toni Bruno per raccontare la distanza dei due protagonisti, quella a cui sembrano destinati per sempre, tanto che al lettore non è offerta neppure una tavola in cui stiano assieme; il loro legame è invece tratteggiato attraverso la reciproca nostalgia dell’altro, la loro volontà di ritrovarsi.
Alla fine del primo capitolo avevamo lasciato Jean che aveva appena scelto la strada dell’avventura fra i ghiacci invece che quella di casa; una scelta dettata da una crescita intuita nella prima parte della storia e che nel secondo viene raccontata nel dettaglio. Claire invece la avevamo lasciata furente e spaventata subito dopo aver scoperto che il suo promesso sposo era inaspettatamente salito a bordo della nave.
La melodia dei ghiacci conferma la scelta dell’autore di raccontare il viaggio della Belgica riannodando il tempo con un gioco tra flashback e flashforward. Uno stratagemma narrativo che, in un primo momento, potrebbe disorientare, ma che, una volta compreso e metabolizzato, porta a una maggiore comprensione dei passaggi di crescita dei personaggi in un momento fondamentale delle loro esistenze.
In questo capitolo l’autore mostra Jean finalmente presente al suo destino e dotato di nuova una consapevolezza. Non è più il ragazzo che si faceva trascinare dagli eventi incontrato prima del suo imbarco, ma un uomo responsabile, dotato di coraggio e di un discernimento che lo porta persino ad aiutare il comando della Belgica a gestire un ammutinamento.
Mentre osserviamo Jean diventato fondamentale per la missione della spedizione, l’occhio del narratore si sposta a terra, dove Claire smette i panni di Penelope, della donna tenace e coraggiosa ma destinata all’attesa, per mostrare il potenziale che già veniva tratteggiato a inizio racconto. Per Claire la sfida è infatti a terra: siamo alle porte del XX secolo e, mentre sui mari si cercano nuove frontiere da esplorare, in giro per l’Europa l’avvio dell’era industriale porta l’attenzione su sfide altrettanto difficili.
Claire non è solo una donna del suo tempo, ma si scopre tra le prime capaci di immaginare un mondo più equo, nel quale diritti e doveri possano essere in equilibrio: inevitabile per lei sposare la causa della neonata Lega per i diritti delle donne. La sua Belgica è la sfida al neonato capitalismo per tutelare i diritti civili e politici delle donne.
Sebbene l’imbarcazione rimanga al centro del racconto – maestosa la splash page che la mostra immersa nella melodia dei ghiacci che dà titolo al volume – questa resta soprattutto un contenitore di vite, di storie, di scelte e di fantasmi, una presenza o un’assenza capace di agire su tutti i protagonisti dell’opera, una monumentale occasione che Toni Bruno coglie per poter mettere in scena personaggi ben tratteggiati.
Il secondo capitolo consente anche di approfondire alcuni comprimari: poche tavole, spesso anche solo una battuta, ma in grado di raccontare molto degli attori in scena. Spariti gli amici di Jean, a conferma del ruolo da comprimari a cui erano stato destinati dall’inizio, assumono una diversa intensità Luis Michotte, il cuoco di bordo, amico, complice e confidente del nostro e Frederick Cook, il medico di bordo al quale spetterà il compito più ingrato ma anche più intenso.
Il valore dei comprimari cresce con la crescita dei protagonisti, a maggiore maturità corrispondono interazioni che lo sono altrettanto.
Ancora una volta la scelta di un inchiostro storico operata da Toni Bruno veste l’opera di un suggestivo tono livido, che tende al verde, restituendo in stampa tutto il suo valore evocativo. Mentre il colore conferisce la giusta atmosfera, il tratto di Bruno offre ai personaggi una corretta mimica che ne valorizza la recitazione, completata da dialoghi sempre in equilibrio, senza eccessi retorici, e da una direzione competente delle inquadrature.
Non mancano sequenze mute nelle quali la mimica dei personaggi e la gestione dello spazio consentono un racconto chiaro e una distinta definizione di equilibri e ruoli. Allo stesso modo è divertente il modo in cui il cambio accennato delle espressioni canine siano capaci di raccontare il legame tra Jean e il cane Snø.
Tra sequenze del racconto divertenti (ad esempio, il rapporto con il cane, la sorpresa tra la scoperta dei pinguini e il loro legame con il suo rancio), ed altre dedicate alla descrizione delle dinamiche socio politiche nella capitale belga, il racconto mantiene sempre un buon equilibrio tra storia ed epica dell’esplorazione. Colpisce come l’autore sia partito da un personaggio immaginario, una presenza misteriosa intuita nei diari di viaggio della Belgica, per costruire un racconto che risulta coerente in tutti i personaggi, che hanno una crescita naturale ben calibrata e che confermano come Bruno sia un buon narratore di anime.
Come per il primo capitolo, non manca un’appendice interessante, che in questo caso diventa fondamentale.
Se per il primo volume, nella sua edizione celebrativa dei 10 anno di Bao, la chiusura era affidata al racconto della genesi dell’opera, in questo l’autore offre al lettore uno stralcio delle lettere che Jean ha scritto a Clare e che chiudono in modo commovente la storia, completando il ritratto che Toni Bruno fa di Jean, amante, clandestino, mozzo e infine marinaio belga; forse mai nato, di certo mai morto.
Abbiamo parlato di:
La Belgica – La melodia dei ghiacci
Toni Bruno
Bao Publishing, 2021
176 pagine, cartonato, bianco e nero – 20,00 €
ISSN: 9788832735659
La Belgica, un’odissea tra i ghiacci