Nella prima parte di questo approfondimento abbiamo analizzato i differenti stili di narrazione tra Morgan Lost ed Hellnoir, due fumetti con tematiche e approccio confrontabili ma dallo spirito diverso.
Due sintesi grafiche
La saturazione narrativa di Morgan Lost trova un suo eco nel pregevole comparto artistico che lo caratterizza. Lo vediamo già dal frontespizio di Giovanni Talami: il cacciatore di taglie campeggia a centro pagina, attorniato dai fantasmi dei suoi avversari, seduti sulle stesse poltrone a pelo d’acqua che compaiono nei momenti di riflessione di ogni numero. Gli spazi sono completamente occupati, sia nel maelstrom di forme accatastate in basso, sia nel cielo gravido di nubi, accompagnato dalla sagoma di un astronauta. In poche parole: bello, ma tanta, forse troppa roba.
Affascinante l’utilizzo del rosso. Facile andare con la mente a Sin City, ma come giustamente ha detto lo stesso Chiaverotti, quelle dell’opera di Frank Miller sono “graffiature” di rosso, che focalizzano l’attenzione su ben determinati elementi della trama. Qui al contrario il rosso, insieme ai toni di grigio, ha una funzione opposta: dona volume e atmosfera. La colorazione, affidata all’Arancia Studio, trasfigura e reinterpreta le tavole, spingendo al limite un processo di sovracostruzione barocca del comparto visivo. È lo strato finale, che si adagia su una struttura fatta di inquadrature in esterna che intrecciano maestose architetture, interni che si riempiono di mobili e suppellettili art déco, una spruzzata di neve perenne a complicare la trama e ben poche pause a sfondo neutro. Un tale affollamento tende a uniformare il (pur valido) contributo dei disegnatori.
Tanto che i due albi che davvero si staccano dal resto sono Mister Sandman, dove Giovanni Freghieri imbriglia, con la sua compostezza formale e il suo ordine descrittivo, l’invasione del colore, facendo emergere qua e là dei bianchi benvenutissimi, e Vulcano 7, in cui Andrea Fattori è autore di una prova eccellente, che mantiene un forte controllo su figure e ambienti, grazie a una gabbia bonelliana rigidamente rispettata, a bordi spessi per fisionomie e oggetti e a un uso deciso dei neri.
Verrebbe quasi da dire, in sostanza, che un antidoto all’aggressività del contesto e della bicromia scelti, sia cercare una progettazione chiara della pagina e spingere sulle due tonalità più tradizionalmente bonelliane: il bianco e il nero.
Tale pervasività, in ogni caso, è un effetto chiaramente voluto e non privo di una sua ragion d’essere. L’idea, che procede a braccetto con le derive della trama, è di un mondo complesso, sfaccettato ma feroce, che mangia i singoli con le proprie suggestioni imposte. Il vecchio noir del non detto, delle ombre che corrodono le poche luci riducendole, appunto, a graffi nel buio, cede il posto a un proto-cyber-noir iper illuminato. Ma non di solo cyber si ciba Morgan Lost: c’è anche una tensione romantica, uno sforzo estetizzante (l’afflato poetico di cui si è parlato prima, tradotto in senso grafico) che ingentilisce le pagine e dona loro una sorta di anima grafica comune.
L’esercizio di stile di Hellnoir, viceversa, si fa sentire anche nella sua componente visiva, con un approccio, per le scene ambientate nella città infernale, “solarizzato”.
Qui c’è poco da fare, Sin City rientra di prepotenza nei riferimenti, ma Freghieri, che percorreva analoghi lidi ombrosi già negli anni ’70 con Sorrow, può dire di non avere alcun debito nei confronti di Miller, anche perchè c’è un approccio radicalmente diverso nel suo bianco e nero.
Se per l’americano si può parlare di tensione espressionista e di distorsione della luce ai fini del racconto, con il contesto semplificato e trasfigurato per supportare la vicenda, qui al contrario l’approccio è impressionistico, e l’illuminazione, per quanto estremizzata, mantiene una sua logica fisica.
Peraltro, giocano a favore di Hellnoir due elementi: anzitutto la ormai consolidata abilità di Freghieri di scomporre la gabbia bonelliana in favore di una struttura al contempo libera, leggibile e personale; in secondo luogo la forza delle differenze nelle caratterizzazioni grafiche per il mondo dei vivi e per Hellnoir.
E così nelle scene in cui agisce Cassie Soul vediamo linee sottili, figure contornate e fitti tratteggi per la definizione dei volumi. Freghieri, maestro dei registri “normale” e “solarizzato”, non ci lascia mai il dubbio su quale contesto si stia osservando. Sarà pure un gioco che si mantiene sul piano intellettuale, il suo, ma il risultato è senza dubbio affascinante da sfogliare.
Impossibile parlare del comparto artistico senza citare le copertine che caratterizzano i due fumetti e i loro legami con le rispettive etiche narrative.
Per Morgan Lost l’ottimo Fabrizio De Tommaso, inserendosi nella passione cinematografica di Chiaverotti, costruisce una serie di locandine da film, che si ripartiscono in più riquadri giustapposti. Il riferimento specifico è un film del 2010, Non lasciarmi (titolo condiviso con la seconda uscita della serie). L’effetto è notevole, e al pari del rosso all’interno rappresenta un forte elemento di distinzione del volume fra le tante uscite in edicola.
Per Hellnoir Davide Furnò ha il compito spinoso di proporre una sua reinterpretazione del gioco fra luci e ombre che si consuma all’interno, e ci restituisce immagini scure, con texture puntinate che coprono, scabre, personaggi e ambienti, figure che emergono dalle tenebre e in generale il ricordo del Dave McKean dei primi numeri di Hellblazer, specie nel primo volume, che mette in posa l’investigatore e, dietro di lui, gli occhi di un demone.
Il rosso dell’intestazione si ritaglia il suo spazio a fatica sulle tonalità scure dominanti, confezionando una presentazione che, diversamente da Morgan Lost, sembra far di tutto per nascondere l’albo.
Due format e due conclusioni
Hellnoir e Morgan Lost, nati in edicola lo stesso mese, in qualche modo accomunabili, sono in realtà due format molto diversi per modalità narrative, quasi ortogonali per intenti e rese. Se è vero che partono entrambi da suggestioni noir, per Morgan Lost si tratta di un vestito che copre ritmi diversi e suggestioni diverse, mentre Hellnoir, all’opposto, è un noir nel midollo che si veste della pelle di un racconto fantastico a tinte horror.
Se stessimo parlando di due fumetti “senza data di scadenza”, a entrambi verrebbe da consigliare qualcosa: Hellnoir dovrebbe acquisire realismo, verticalità. I suoi personaggi dovrebbero smettere di recitare e farci vedere più le persone dietro. Morgan Lost dovrebbe prendersi delle pause, respirare, lasciare che lo sguardo vaghi sulle sue miserie e le sue meraviglie senza dirci dove guardare, senza suggerirci cosa sta succedendo.
Abbiamo parlato di:
Hellnoir #1-4
Pasquale Ruju, Giovanni Freghieri
Sergio Bonelli Editore, ottobre 2015 – gennaio 2016
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3.50 €
Morgan Lost #1-7
Claudio Chiaverotti, Michele Rubini, Giovanni Talami, Giovanni Freghieri, Val Romeo, Giuseppe Liotti, Cristiano Spadavecchia, Andrea Fattori
Sergio Bonelli Editore, ottobre 2015 – aprile 2016
96 pagine, brossurato, colore – 3.50 €