Caterina Costa è una giovane fumettista da poco in libreria con il suo secondo libro a fumetti. Il suo percorso da autrice è un po’ particolare: cresciuta guardando più cartoni animati che leggendo fumetti, con il fumetto ha cominciato a esprimere le sue esperienze e stati emotivi, pubblicando prima su Instagram e poi con la casa editrice Beccogiallo.
Ciao Caterina, hai voglia di presentarti ai nostri lettori? Chi sei, da dove vieni, cosa fai?
Il mio nome è Caterina Costa, in arte Cheit.jpg, sono una fumettista e illustratrice e vivo ad Abbiategrasso, in provincia di Milano. Nella vita disegno, racconto, soprattutto tramite il fumetto.
Cerco di spiegare le emozioni nella maniera più semplice e comprensibile possibile, a volte senza nemmeno usare le parole. Lo faccio un po’ per me e un po’ per gli altri, mi aiuta a metabolizzare le mie emozioni e allo stesso tempo a far sentire meno sole le persone che mi leggono.
Quali sono stati i tuoi modelli e come ti sei invece approcciata al fumetto da autrice?
Il mio rapporto con l’arte e il fumetto è molto strano, non ho iniziato a disegnare vignette ispirandomi a qualche autore specifico, è stato più un evolversi del mio modo di esprimermi. Mi spiego meglio, ho sempre disegnato sin da quand’ero bambina, più che ai fumetti mi ispiravo a cartoni animati come Adventure Time, Futurama e A tutto reality, infatti poi crescendo ho iniziato ad avvicinarmi anche al mondo dell’animazione, nei primi anni di liceo. Attorno al 2018 (ultimo anno di liceo) ho iniziato a sperimentare qualcosa che unisse l’illustrazione all’animazione e ho scoperto il fumetto, o almeno una specie.
Quando ho visto la copertina del tuo libro mi aspettavo una graphic novel, un racconto unico. Il tuo libro invece, sebbene ci sia un filo conduttore, è molto frammentario, fatto di piccoli flash. Letto tutto insieme, sembra il prodotto di un lungo flusso di coscienza, una sorta di diario intimo. Hai voglia di raccontarci la sua genesi?
In effetti dai miei lavori si nota che non sono fumetti classici, il modo in cui sono impaginati è molto diverso dal solito. Il motivo è che più che raccontare una storia lunga, preferisco parlare di un momento, di un istante, un’emozione, una sensazione. E così prendo quell’istante e lo trasformo in una vignetta più lunga, descrittiva, come se fossero frame di un’animazione di un movimento.
Per creare le mie strisce mi ispiro sempre a cose che provo o che ho provato realmente, se ho una giornata nera mi appunto tutto quello che mi viene in mente e poi a mente lucida rielaboro.
Finito il momento di piena emozione il primo pensiero è sempre “ok, come posso parlarne?”.
E in questo libro è andata esattamente così, avevo qualche dramma recente di cui avevo bisogno di liberarmi e da lì ho attinto per tantissime delle mie idee. Per questo il titolo Tutte le cose che non posso dirti, ogni vignetta è qualcosa che ho provato ma ho dovuto tenere per me per “mantenere la pace”, non so se mi spiego. Con questo libro volevo buttare fuori tutto, ma anche dare speranza e parlare di quelle piccole cose che mi hanno fatto sentire bene di nuovo. Non volevo però parlare della mia esperienza così com’è, bensì estrapolare tutti i tipi di sensazione che mi ha fatto provare e fare in modo che ogni vignetta potesse toccare anche chi la mia storia non l’ha vissuta.Perché le storie sono sempre diverse, ma dentro di noi proviamo tutti le stesse cose.
Per questo mi piace l’idea di elaborare le mie emozioni con i miei lettori, mi fa sentire meno sola e so che fa sentire meno soli anche loro. Quindi alla fine anche dai pensieri negativi esce qualcosa di bello e prezioso e si ribalta tutto.
Il tuo primo libro, Io, i miei mostri, era una raccolta di vignette e short stories che avevi pubblicato prima sulla tua pagina Instagram. È cambiato qualcosa in te, come autrice, da quella prima uscita?
Con gioia e fierezza posso urlare che SÌ! Sono cambiata moltissimo, sono cresciuta e sono uscita da quella nube di mostri di cui parlavo sempre. Non se ne sono andati tutti, chiaramente, però guardando i miei due libri vedo proprio la differenza, nel secondo sento la speranza che nel primo forse mancava o era forzata, mentre ora ci credo davvero. Si può stare meglio. E ora il mio obbiettivo non è più solo sfogarmi e buttare fuori, ma anche far capire a chi è stato al mio fianco nel buio che da quel buio si può uscire!
Pensi mai al pubblico che leggerà le tue storie quando scrivi? E se sì, a chi ti rivolgi idealmente?
Ci penso sempre! Penso a tutte le persone che hanno mai avuto a che fare con un mostro, soprattutto a chi ha avuto o ha ancora paura di parlarne. A tutti quelli che si vergognano di dire al mondo di stare male, di ammettere di soffrire; a chi invece questo coraggio ce l’ha ma non ha ancora trovato nessuno che si senta allo stesso modo; o a chi semplicemente si sente giù e ha bisogno di sentirsi compreso per un attimo. Con i miei fumetti vorrei abbracciare forte tutte le persone che si sentono o si sono sentite come me, vorrei dire a tutte loro “Io ti capisco! Non sei solə!”. Sono felicissima di poter dire che spesso sono stata contattata da psicologi che mi hanno detto di usare i miei libri in terapia. Per me questo significa tutto, è davvero un onore.
Vedo che hai molto seguito su Instagram. Questa cosa influenza in qualche modo il tuo lavoro? Quale pensi sia il ruolo dei social in generale nel nostro ambito lavorativo?
I miei social sono stati l’inizio di tutto, grazie a loro e al supporto delle persone che mi hanno seguito dal primo momento ho potuto avere tantissime opportunità lavorative, ho conosciuto tante persone e penso sia merito dei social anche se ho scritto il mio primo libro. Non smetterò mai di ringraziare ognuno di loro per essere rimasto al mio fianco tutti questi anni e sono felicissima di averci lavorato su così tanto, perché alla fine tutto quel lavoro è servito! Credo che nell’epoca in cui siamo i social non siano fondamentali ma diano sicuramente una grandissima mano agli artisti, ci da la possibilità di raggiungere più persone possibile, anche chi magari un libro non lo comprerebbe. Di contro c’è la pressione di soddisfare l’algoritmo. Parlando di temi così personali e delicati, per me è stato motivo di forti crisi d’identità. È stato fonte di profonde insicurezze che mi hanno fatto pensare più volte di mollare tutto e arrendermi. Il pensiero di dover soddisfare il pubblico dell’internet, il fatto che una volta postato un disegno in 10 minuti puoi già scoprire se al mondo è piaciuto o meno, è tutt’oggi qualcosa che un po’ mi blocca, ma ci sto lavorando. Diciamo che è questo che mi piace dello scrivere libri, puoi metterci dentro tutto quello che vuoi senza aver paura della reazione istantanea del pubblico, mentre scrivi non vieni giudicato, non ci sono numeri.
Sei libero.
Una degli elementi prevalenti, leggendo il tuo lavoro, mi sembra l’ansia. Un’ansia principalmente relazionale, mentre in molti tuoi coetanei mi sembra di vedere forse più ansia per un futuro incerto. Tu come vedi il futuro in generale? E il tuo? Dove ti vedi tra 10 anni?
È una bella domanda, mi fa un po’ sorridere. La mia visione del futuro in generale è un po’ catastrofica, il mondo in cui viviamo non dà molta speranza. Ma sorvoliamo su questo, perché potrei dilungarmi per ore. L’ansia è stata e penso sia tutt’ora la mia compagna di vita più difficile da mandar via. Nei miei fumetti parlo principalmente dell’ansia relazionale ma quella per il futuro è comunque lì, anzi forse mi fa così paura che non riesco nemmeno a metterla nei fumetti. Sono combattuta, da un lato credo in me stessa e penso che tra 10 anni potrei essere la persona che voglio essere, avere la mia casetta da artista tutta colorata e piena di quadri e poter vivere della mia arte, che è ciò a cui lavoro ogni giorno. Dall’altro lato mi spaventa perché l’insicurezza e la sindrome dell’impostore sono e saranno sempre parte di me, quindi… e se non ce la facessi?
Domanda di rito: a cosa lavori al momento? Hai già un nuovo progetto in corso?
In questo momento sto lavorando a diversi fumetti per delle associazioni, faccio qualche piccolo progetto con psicologi, parlo nelle scuole, faccio workshop. Non ho ancora un grande progetto ufficiale, ma ho già un po’ di idee per il prossimo libro!
Intervista condotta via mail a Febbraio 2023.
Caterina Costa
Caterina Costa, è nata nel 1999 ad Abbiategrasso, in provincia di Milano. Ha frequentato il liceo artistico statale di Brera e si è laureata in Illustrazione e Animazione allo IED. Il suo nome d’arte è Cheit.jpg con cui firma illustrazioni e fumetti. I suoi libri Vita da Pomodoro, AA.VV, Io, i miei mostri, Tutte le cose che non posso dirti, sono tutti editi da Beccogiallo.
www.instagram.com/cheit.jpg