Trump visto da Trudeau: dal tycoon al candidato.

Trump visto da Trudeau: dal tycoon al candidato.

L’autore di Doonesbury fa una feroce satira di Trump e dei suoi USA: una sfida lunga quattro decadi tra i campioni delle "due Americhe".

Se volessimo cominciare con una boutade, potremmo dire che Donald Trump ha due pericolosi avversari a sinistra, e si chiamano entrambi Trudeau.

Uno ovviamente è Justin Trudeau, l’attuale primo ministro del Canada, assurto a mito dei progressisti nordamericani orfani di Obama: gentile, educato, politicamente corretto, l’anti-Trump insomma.

L’altro è Garry Trudeau, l’autore delle strisce di Doonesbury, il più influente fumetto satirico statunitense, che da sempre ha nell’attuale presidente USA uno dei suoi favoriti bersagli politici.

Doonesbury è qualcosa di più di un ottimo fumetto di satira politica: è un fatto identitario per una delle “due Americhe”, quella di sinistra democratica, “blu”, asserragliata nelle grandi città, e non quella repubblicana, “rossa”, sparpagliata nell’America profonda, quella rurale. Due Americhe che si equivalgono numericamente, mai come oggi l’un contro l’altra armata.

Doonesbury come striscia risale al 1970, e più che sul teatrino della politica d’oltreoceano si concentra sulle vicende di persone comuni, di destra e di sinistra (incluse le molte sfaccettature di questi due schieramenti). Le strip sono impostate in prevalenza con una classica griglia a quattro vignette regolari; rare le variazioni stilistiche sotto questo profilo.

Il segno è chiaro, nitido, molto semplice e leggibile, come pure il colore, su prevalenti tinte tenui. Pur avendo una loro battuta autoconclusiva, le strip hanno anche nel loro complesso una certa continuity; e inoltre, come tipico di alcune strisce dei Syndacates (per esempio, la storica Gasoline Alley), i protagonisti crescono e invecchiano come persone reali.  Una satira più sociale che politica in senso stretto, che rende il fumetto godibile anche al di fuori degli USA.

Curiosamente, la carriera di Trump è quasi parallela a quella di Trudeau. Il giovane magnate sale alla guida della compagnia di famiglia un anno dopo l’esordio della striscia, nel 1971, trasferendosi a Manhattan dove inizia le sue azzardate e avveniristiche speculazioni edilizie, culminate nella simbolica Trump Tower del 1983.

La sua entrata in scena in questa complessa commedia umana a fumetti avviene nel 1987 (quando, oltretutto, il segno su Doonesbury è giunto sotto vari aspetti alla sua maturità). Quell’anno per la prima volta Donald prova a candidarsi alle primarie USA (ha ondeggiato spesso tra repubblicani e democratici, prima della definitiva collocazione odierna). Fan di Ronald Reagan, la sua intuizione della centralità dell’aspetto mediatico sembrava allora solo l’ingenua stravaganza di un vip discutibile e discusso, un moderno Trimalcione privo di alcun reale senso politico.

In questo modo lo schernisce Trudeau che, una volta introdotto l’argomento della sua discesa in campo, concentra la sua satira – anche proprio fisicamente, come location delle strip – sul pacchiano yatch gestito da Duke, il viscido yuppie che è il personaggio moralmente più corrotto della composita coorte di Doonesbury. Duke è la spalla perfetta per il futuro presidente: i due reclutano Elvis redivivo per la turnée presidenziale, fanno affrescare la sistina sulla volta del bagno dello yatch, bandiscono discutibili concorsi di bellezza e insomma tutto quello che ci si può aspettare da tipi come loro.

Gli anni ’80 si chiudono con un Trump in controcanto ai protagonisti positivi della serie: mentre questi brindano alla fine del decennio, lui accoglie entusiasta i ’90, dove tutto continuerà come prima. Nella sezione di questa seconda decade troviamo così un Trump più imbolsito, molto più vicino alla tragicomica maschera attuale.

Anche l’umorismo si fa più cupo di quello divertito a bordo della sua faraonica barca, e nonostante la sua cupa profezia (“Gli anni ’90 saranno miei!”) non si realizzi, Trudeau sembra sottolineare che quella di Trump è una vittoria sotterranea, morale, che inizia a corrompere anche i democratici sotto l’egida della famiglia Clinton (non a caso Hillary, la sua sfidante, non è mai riuscita a entrare davvero in sintonia con la “sua” America).

Negli anni Zero e negli anni ’10, infine, si mostra la costante ascesa del capitalista, che si impadronisce dei moderni mezzi di comunicazione, i reality show, la rete, e li manipola nella direzione peggiore possibile per far emergere la sua figura ingombrante, volutamente fastidiosa, ma in grado di oscurare ogni avversario razionale (le sequenze sulla convention repubblicana sono magistrali in tal senso). L’excursus si ferma a poco prima dell’elezione presidenziale, tema che tocca le strip attualmente in corso di pubblicazione.

Curioso notare che, a differenza dei due George Bush, senior e junior, cui Trudeau nega il volto (un espediente fatto proprio, in Italia, da Giorgio Forattini contro il ministro democristiano Giovanni Goria, e prima evocato nella satira testuale del comunista Fortebraccio: “Si fermò una macchina, si apri la portiera, non scese nessuno, era Nicolazzi”), Trump ne ha diritto, pur divenendo una maschera grottesca (non lontanissima dal reale). Nelle strisce più recenti, Trudeau finisce per farlo impersonare dalla sua chioma arancione che diventa di fatto personificazione del personaggio.

In un certo senso, mentre i Bush erano il clan al vertice di un élite turboliberista ma in fondo astratta, dando a Trump una sua fisicità Trudeu riconosce che l’arcinemico è in sintonia col ventre del paese. Come a un volto avevano avuto diritto Ronald Reagan (avvicinato però a Max Headroom, l’intelligenza artificiale del telefilm cyberpunk anni ’80) e Bill Clinton, pur sbeffeggiati.

L’attuale leader repubblicano emerge in qualche modo come una nemesi che sarà difficile superare: quanto Doonesbury rappresenta gli anni ’70 degli hippie, tanto Trump è l’icona degli anni ’80 degli yuppie, invecchiati male. E – salvo impeachement sempre minacciati e mai raggiunti – l’acme di questo scontro è appena giunto al suo inizio.

Abbiamo parlato di:
Trump. Trent’anni con Donald
Garry Trudeau
Traduzione di Giusi Bonsignore, Enzo Baldoni, Guido Baldoni
Rizzoli Lizard, 2017
112 pagine, brossurato, colori – 17,00 €
ISBN: 9788817094832

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