Con una copertina tanto kitch da essere quasi bella, arriva in Italia la discussa miniserie Trouble; una mini che in patria non è certo stata baciata dal successo, anche a causa di una pubblicità azzardata: il gioco con cui gli autori e l’editore hanno seminato i dubbi sull’identità dei quattro ragazzi protagonisti e sul collocamento della serie nella “fantomatica” continuity, non hanno certo giovato ad una storia che, con il genere supereroistico, non ha nessun lontano legame. Ed è un peccato che la Marvel abbia sprecato un’altra occasione per diversificare la propria produzione, ora più che mai monopolizzata, e soffocata quasi, dal reiterarsi dei soliti personaggi e dalla proliferazione di titoli senza logica, se non quella di massimizzare i guadagni nel breve periodo grazie all’effetto “numero uno”; quasi come se la dirigenza della casa editrice si fosse convinta che non possa esistere mercato là dove non c’é qualche richiamo agli X-Men o all’Uomo Ragno.
Trouble è un moderno romanzo di formazione a fumetti, la storia di quattro ragazzi, due fratelli e due cugine, che scelgono la stessa estate per conoscersi, amarsi o semplicemente cercare un contatto con l’altro sesso. Sebbene non privo di difetti, con questo fumetto Mark Millar riesce a dimostrare un buona intesa anche con atmosfere lontanissime da quelle a lui abituali. Accantonata la spettacolarizzazione da colossal cinematografico, i toni sono quelli più scanzonati e leggeri della commedia adolescenziale, con tanto di dilemmi d’amore, ammiccamenti sessuali, dubbi esistenziali e conseguenti drammi; l’autore si lascia pero’ facilmente prendere da frasi fatte in stile “poesie da cioccolatino”, fin troppo smaccatamente costruite e piuttosto scontate anche per un fumetto che fa sue le atmosfere da soap-opera o da harmony, tipiche di un preciso periodo editoriale della Marvel qui omaggiato.
Gli incroci amorosi di Ben, Richard, Mary e May riempono le pagine di freschezza, di quella irruenza ormonale non volgare e di quei dubbi adolescenziali comuni a molti ragazzi e ragazze. Pensieri e follie che appaiono banali e senza senso a leggerli “da grandi”, senza ricordarsi di quando ancora non era stata superata un’età tanto difficile, fragile e difficilmente controllabile come quella. L’adolescenza vista come un momento di grandi passi avventati, come un percorso fatto a tentoni cercando una risposta, oppure non cercandola affatto, per paura di conoscere quale sarà. Senza perdersi in lunghe, pesanti riflessioni, Millar fa agire i suoi personaggi, li fa parlare e muovere alternando momenti frizzanti ad altri più romantici, fino a che il tradimento (sia sentimentale/sessuale, sia della fiducia e dell’amicizia) non minerà i rapporti e la vita dei quattro ragazzi, e gli eventi non trascinerannao tutti verso un finale in cui ognuno dovrà fare i conti con ciò che ha fatto.
Il volume si legge in scioltezza, molto più di quanto possono lasciare intendere tutti questi discorsi, e può benissimo passare per una lettura fin troppo semplice e con poco contenuto; ma saper scrivere della leggerezza è una dote di cui a Millar dovrebbe ricordarsi più spesso.
I disegni di Dodson sono morbidi quanto basta a rendere i personaggi piacevoli e piacenti, con dei buoni primi piani, anche se risentono in parte di un uso del colore invadente e freddo e di uno stile che tende verso il cartoonesco.
Forse non una lettura imprenscindibile, ma nemmeno tanto scarsa come da certi commenti di chi cercava in queste pagine la storia della nascita di Peter Parker: questi possono orientarsi altrove, mentre gli altri possono godersi la lettura ignorando completamente superpoteri e costumi.