[Nota: il titolo, l’esergo e titoli dei paragrafi del seguente articolo pescano a piene mani dalle canzoni Blaze of Glory e Dead or Alive di Jon Bon Jovi: chi scrive chiede scusa per averle modificate in alcune parti a proprio uso e consumo.]
«Well they tell me that I’m wanted
Yeah, I’m a wanted man
I’m a colt in your stable
Mister catch me if you can»
[Blaze of glory – Jon Bon Jovi]
It’s all the same, only the name will change… (o no?)
Ma come? Un’altra serie dedicata a Tex? Ce n’era davvero bisogno?
Sono interrogativi questi che ho sentito porre a lettori di fumetti, magari non appassionati di Tex, di fronte all’annuncio dell’uscita di Tex Willer, secondo mensile dedicato al ranger bonelliano, che si va ad affiancare alla testata storica a lui dedicata.
Chi se li è posti, credo che abbia una percezione del personaggio e delle sue storie nel panorama fumettistico contemporaneo come di una sorta di prodotto classico – laddove classico sta per datato – adatto a lettori che hanno quantomeno superato i cinquant’anni di età. Ebbene, questa percezione non tiene conto di una serie di elementi sui quali invece fa leva il progetto della nuova testata.
Visto il risultato di questo primo numero, la risposta da parte di chi scrive alla domanda se questa nuova testata di Tex fosse necessaria è quella che spesso si usa nell’ambito del lavoro di gruppo (com’è anche quello di buona parte dei fumetti): tutti siamo necessari, nessuno è indispensabile.
E allora: Tex Willer non era indispensabile, ma per la Sergio Bonelli Editore può essere necessario, alla luce del fatto che il nucleo narrativo (e di senso) texiano continua ad attrarre (lo indicano le vendite della serie principale), e che per portare nuovi lettori in questo mondo una delle possibili vie è di lavorare sulle declinazioni del linguaggio fumettistico con il quale il personaggio viene proposto.
Ecco quindi che a un nuovo formato come quello dei cartonati alla francese che apre come detto a mercati nuovi e a nuove tipologie di lettori, si affianca una nuova incarnazione del Tex da edicola, uguale ma al contempo diversa dal mensile storico.
Nel Tex alla francese si sta mettendo in atto un tentativo di narrare avventure con una grammatica e delle regole narrative assolutamente inedite per il ranger: storie che si sviluppano in 48 pagine con tavole che guardano fortemente al fumetto franco-belga come impostazione e struttura (si rimanda alla bibliografia in fondo all’articolo per approfondire questo argomento).
In Tex Willer, il linguaggio narrativo e la struttura delle tavole restano di base quelle canoniche, all’interno delle quali tuttavia sembra da questo primo numero esserci una volontà di contaminazione di elementi inediti, tanto da un punto di vista grafico quanto di sceneggiatura, come analizzato in questo articolo.
Caratteristica sicuramente inedita – per Tex, non per la casa editrice – è il minor numero di pagine a disposizione in ogni albo, che di per sé impone ritmi narrativi più contratti e dinamici: in questo ritengo, appunto, che l’esperienza maturata sulla collana dei cartonati sia sicuramente di riferimento, fermo restando che siamo di fronte a due linguaggi fumettistici con regole di base diverse.
Ciò che di base non cambia sono la visione, la rappresentazione del personaggio e la tipologia di storie. Perché, giovane o maturo che sia, Tex è questo, piaccia o meno. Pretendere che sia diverso, significa cercare le storie di un altro personaggio che non sia lui.
L’esordio di Tex Willer porta con sé due elementi importanti: uno di tipo narrativo e uno legato al valore iconografico del personaggio.
Partiamo da quest’ultimo. Se è vero che l’attuale parco collane di Tex conta ben dieci testate – sei di inediti e quattro di ristampe – a molti è sfuggito un particolare importante: con l’arrivo del nuovo mensile il ranger è il primo (e unico) personaggio italiano a fumetti che ha due serie inedite in uscita ogni trenta giorni.
Se è vero che, iconograficamente parlando, Tex sta al fumetto italiano come personaggi quali Superman, Batman e Spider-Man stanno al fumetto statunitense, l’uscita di Tex Willer ne sancisce anche lo stesso valore e “potenza” editoriali che i suoi colleghi americani hanno nel loro mercato fumettistico.
Attenzione: sto facendo un paragone esclusivamente limitato ai due parametri di cui sopra, che esula da qualsiasi confronto narrativo e tecnico tra due modi di fare fumetto estremamente diversi (ma che nel 2019 si incontreranno…).
Da un punto di vista narrativo, la nuova serie segna anche un primo traguardo importante di un processo innescato dal curatore Mauro Boselli e portato avanti fino adesso sui cartonati alla francese, sul Texone, sul Maxi Tex e – in misura minore – sulla serie mensile. Boselli in questi ultimi anni ha iniziato a esplorare sempre di più il passato di Tex, anche spingendosi cronologicamente nel periodo antecedente a quello in cui è ambientata la storia di esordio del 1948. Lo sceneggiatore milanese si è reso conto che esistevano gli spazi tra le prime storie raccontate da GL Bonelli e Galep per narrare avventure inedite, per far vivere un personaggio diverso da quello presente – non solo in senso anagrafico – e, soprattutto, per valorizzare un vasto pantheon di comprimari e nemesi che i creatori del ranger hanno regalato nei decenni ai lettori, con nuove storie inedite in cui approfondirli.
I’m a cowboy, on a wild horse I ride, I’m wanted dead or alive
Dunque, in Tex Willer #1, ci troviamo davanti un giovane Tex nella prima parte di un’avventura scritta dallo stesso Boselli e disegnata da Roberto De Angelis, il primo di un ristretto ma altamente qualitativo gruppo di disegnatori assegnati alla testata.
Lo sceneggiatore milanese lega questa prima storia tanto al Totem misterioso – lo storico esordio di Tex – quanto all’avventura da lui raccontata nel Texone del 2017, Il magnifico fuorilegge, su disegni di Stefano Andreucci.
Questa mossa – seppur anticipata dalla promessa dello stesso Boselli che le storie future si allontaneranno dalle trame delle avventure già raccontate per esplorare nuovi filoni narrativi – risulta efficace e azzeccata. Perché se da un lato questo giovane Tex scavezzacollo, irruento e fuorilegge può essere appetibile per nuovi lettori che conoscono il ranger bonelliano solo di fama ma che non hanno mai letto le sue storie, proprio perché raccontato nel momento in cui la sua mitologia è ancora tutta da costruirsi, dall’altro gli appassionati, gli esperti lettori e conoscitori del personaggio, si ritrovano immediatamente nell’universo narrativo dello stesso, per niente spaesati. Anzi, con tutta una serie di riferimenti a portata di mano, si immergono in una lettura in cui la soddisfazione maggiore è data dal legare gli avvenimenti che vengono raccontati ad altri narrati sia da Boselli in questi ultimi anni che da Bonelli padre e Galep decenni fa.
Insomma, questo primo numero può esser visto come un entry point – definizione data nei comics americani a quelle storie che sono porte d’ingresso facilitate per i lettori che si aprono sugli universi di personaggi che hanno decenni di storia alle spalle – per neofiti del Tex da edicola (o meglio, da quaderno bonelliano), laddove i cartonati alla francese perseguono lo stesso obiettivo in fasce di lettori diverse e anche in mercati diversi, ma anche come una comfort story per appassionati. Attenzione però: Vivo o morto! non è una storia clone di quelle che troviamo sul mensile storico e che in esso avrebbe potuto trovare posto. Ha un linguaggio narrativo e grafico leggermente diversi da quelli canonici, seppur con molti punti di contatto, e gli stessi autori sono leggermente diversi dai se stessi di altri loro fumetti.
It’s all the same, even the name doesn’t change…
Il racconto inizia in sordina e per le prime quindici pagine non c’è traccia di Tex. Eppure il ranger è più che presente in ognuna di queste tavole, poiché i suoi antagonisti non fanno altro che parlare di lui e, anche senza che i personaggi lo nominino, il lettore capisce da subito di chi essi stanno parlando.
Boselli applica immediatamente alla sua storia una delle caratteristiche peculiari di Tex: la sua riconoscibilità (di cui Marco D’Angelo ha ampiamente parlato qui), il fatto che il personaggio sia famoso – o famigerato – in tutto il West.
Nel momento in cui Tex entra in scena, il tappeto introduttivo imbastito da Boselli acquista tutto il suo valore e lo scarto di ritmo nella narrazione si evidenzia in una quasi inedita (per le pagine texiane) tavole a nove vignette1, la famosa griglia 3 x 3 tornata in auge da un po’ di tempo in tanto fumetto, come quello USA grazie a Tom King. Una sola pagina, in cui l’azione accelera improvvisamente e in cui Tex presenta ai lettori le tre sue invarianti: preciso, infallibile, invincibile.
Da questo momento in poi, il ritmo dell’avventura aumenta e Boselli inizia a dipanare la sua trama ricca della tipica complicazione progressiva degli eventi e che avvicina pagina dopo pagina il lettore al “mistero” che è sotteso al racconto e che è mirabilmente legato alla prima storia di Tex.
Lo sceneggiatore non rinnega il suo tipico modo di scrivere e ci troviamo di fronte a una narrazione scandita da un fitto numero di sequenze, anche se la novità sta nel fatto che la storia deve svilupparsi in sole 62 tavole, quasi la metà rispetto a quelle dell’altro mensile. Così Boselli dimostra di avere messo a frutto tutta l’esperienza recente fatta nella scrittura dei cartonati alla francese e che si può enunciare in quello che potrebbe essere definito il Teorema Boselliano: dato un numero minore di pagine a disposizione, la densità narrativa non cambia.
Ciò in cui l’autore cambia (un cambiamento, a dir la verità, già in essere da un po’ di tempo) invece sono i dialoghi, più immediati, diretti e meno ridondanti rispetto alla sua media e a quella del personaggio.
Ma gli scambi di battute restano comunque texiani, con la presenza anche di termini desueti come di esclamazioni ed epiteti, che connotano il linguaggio tipico del personaggio. A coloro che muovono un’accusa per questo (“Quanto è antico Tex nel parlare!”), si potrebbe tranquillamente rispondere che anche in ciò si ritrova la riconoscibilità, esattamente come la si ritrova nel tipico linguaggio che Sclavi ha donato a Dylan Dog, Castelli a Martin Mystere, Nolitta a Zagor e Mister No. Questo è il linguaggio texiano, riconoscibile immediatamente al pari di un testo di William Shakespeare o a una terzina di Dante (e qui lungi dal sottoscritto voler paragonare due entità culturalmente disomogenee, parlo di mera riconoscibilità).
Boselli, le cui sceneggiature sono famose (o famigerate?) per il livello di dettaglio e per contenere il layout di tavola che il disegnatore deve seguire, è molto probabilmente anche il responsabile di un altro elemento grafico di rottura presente in Tex Willer: una tavola al vivo, cioè senza nessun spazio bianco a delimitarla e che si estende fino al bordo della pagina.
Viene usata una sola volta e resa magistralmente da De Angelis: a sottolineare il flashback che racconta gli eventi narrati ne Il magnifico fuorilegge. È vero che nel linguaggio “francese” dei cartonati dedicati a Tex l’abbiamo vista più volte, ma in una serie texiana a quaderno è una novità assoluta.
L’ultima notazione, a livello di sceneggiatura, riguarda le due pagine che chiudono il numero nelle quali Boselli racconta i momenti immediatamente precedenti a quelli raccontati nella prima striscia di Tex #1, in una scansione narrativa che è una sorta di specchio di quella usata nel 1948 da GL Bonelli.
Le vignette delle due tavole e l’andamento ritmico sanciscono il legame tra l’esordio del personaggio e l’inizio di questa sua nuova avventura editoriale, a settant’anni di distanza.
You ask if I’ll grow to be a wise man, well I ask if I’ll grow old
Anche il lavoro svolto da Roberto De Angelis a livello grafico è da encomiare e contribuisce alla riuscita di questo debutto.
La riconoscibilità di Tex è, anche nel disegno, elemento fondamentale nella narrazione. Le storie di Boselli per i cartonati alla francese e per il Texone del 2017 – affiancato da disegnatori come Mario Alberti, Corrado Mastantuono e il già citato Andreucci – hanno fissato una iconografia e un aspetto del giovane Tex, ben precisi, un suo “costume” che richiamava quello indossato dal personaggio delle origini, ammodernandolo e definendolo con più precisione. Stessa cosa per i lineamenti e la capigliatura del giovane Tex.
Da questa sorta di “manuale” sicuramente sono partiti i disegnatori di Tex Willer e De Angelis da subito dimostra di aver messo a frutto le fonti, restituendoci un Tex giovane ma immediatamente riconoscibile.
Il lavoro che svolge il disegnatore napoletano è più che riuscito. Ciò che stupisce è la distanza dello stile qui adottato che è quanto di più lontano possa esserci dal De Angelis nathan neveriano, anche da quello recentemente apprezzato sulla miniserie Anno Zero di Bepi Vigna.
Se là c’era un tratto nervoso, un segno giocato sull’oscurità e sulle ombre, in Vivo o morto! il disegnatore adotta una linea chiara e precisa assolutamente efficace, che non può non richiamare alla mente anche tanto fumetto western francese d’autore. Gli ambienti, i personaggi, i movimenti sono tutti improntati a un pieno realismo e la tavole sono chiare, leggibili e luminose.
Questo stile chiaro, preciso, composto da linee chiuse, pulite e precise potrebbe anche indicare che le tavole della serie sono state pensate per una futura colorazione in vista di una pubblicazione in volume da libreria delle varie avventure.
Forse proprio nella luminosità si trova una nota negativa imputabile al disegnatore. La fine della sequenza iniziale della storia, quella in cui entra in scena Tex, si svolge di notte e benché sia affermato a chiare lettere che si tratta di una notte di luna, i disegni danno l’idea che l’azione si svolga in pieno giorno. Ci sono poca ombra e poca oscurità e la troppa luce in questo caso non chiarisce al lettore l’ambientazione notturna.
Anche sulle pistole, sul come le impugnano i personaggi, sulle linee di tiro si può ravvisare qualche debolezza di rappresentazione.
Parlando dei disegni, non si può non accennare al titolare delle copertine della serie, il texiano Maurizio Dotti che regala sin da questo primo numero una immagine bilanciata, ricca di elementi significativi, più piani che le conferiscono profondità e soprattutto leggibile, prerogativa imprescindibile per le cover bonelliane.
Ciò che invece desta perplessità è l’immagine del frontespizio che vuol giustamente richiamare quello della serie storica, ma che a conti fatti risulta più debole. Tex non risalta rispetto agli altri personaggi e tutta l’immagine scontornata perde in definizione e potenza.
Discorso analogo per la scritta “Tex Willer” in copertina, realizzata giustamente con font in “stile western”, ma che niente ha a che vedere con l’iconocità della scritta Tex, un logo che ha nella forma e nell’andamento dei caratteri uno spessore grafico degno di uno studio di design all’avanguardia.
È contemporaneo, pur con tutti gli anni che si porta sulle spalle.
Abbiamo parlato di:
Tex Willer #1 – Vivo o morto!
Mauro Boselli, Roberto De Angelis
Sergio Bonelli Editore, novembre 2018
66 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,20 €
ISSN: 977261184700880001
Bibliografia breve per approfondire gli aspetti tecnici del linguaggio fumettistico del Tex alla francese:
- Tex Frontera: c’è del marcio in Texas…
- Tex nel Deserto Dipinto
- Tex e l’incantesimo del Vendicatore
- Anno Zero a Corpus Christi
in realtà Boselli l’ha sperimentata nell’ultimo Tex Magazine nella sua storia su Dinamite ↩