Un libro d’esordio targato Becco Giallo, attraverso il quale l’autore Giorgio Fratini ci porta nel Portogallo di inizio anni ’70, durante la dittatura del generale Salazar: un argomento delicato, trattato con maturità grafica e sobrietà narrativa dal giovane fumettista toscano.
Nel suo primo libro Giorgio Fratini tratta un argomento poco dibattuto non solo dal linguaggio fumetto, ma anche dagli altri media: la dittatura di Salazar nel Portogallo degli anni ’60/’70. Al centro della storia ci sono lo studente di architettura Zé, sua madre Marisa, l’illustratore rivoluzionario Silas (alias Leon), la sua compagna Maria, e soprattutto ci sono i muri della sede della PIDE, l’organo di polizia nato con lo scopo di sopprimere ogni minimo tentativo di insurrezione al regime.
I muri non dimenticano: attorno a questa affermazione Fratini costruisce una robusta trama sospesa tra noir e realtà storica (in pieno rispetto della linea editoriale Becco Giallo), alla quale non manca qualche elemento fantastico che analizzero’ in seguito.
Bisogna precisare che Sonno Elefante, pur trattando un determinato periodo storico, ha un prologo e un epilogo ambientati ai giorni nostri: perché questa scelta? Perché non solo le persone invecchiano ma anche i luoghi, e con essi purtroppo la memoria di ciò che avviene al loro interno. Il parallelo proposto dall’autore tra la Lisbona di ieri e quella di oggi è molto interessante: in apertura vediamo un anonimo palazzo del centro in ristrutturazione, mentre un uomo anziano lo guarda da lontano con sguardo imperscrutabile. Quest’uomo è Zé, che all’epoca dei fatti narrati è solo un ragazzo; l’edificio in Rua Antonio Maria Cardoso che oggi stanno ristrutturando, invece, era un posto in cui quarant’anni fa si spiava, si tradiva, si torturava, si moriva.
Di Fratini colpisce immediatamente la grande padronanza del mezzo fumetto, sia a livello narrativo che grafico. La scrittura oltre a far sprofondare il lettore nella triste realtà di uno Stato in cui regna il terrore, riesce ad essere anche avvincente, dosando il ritmo della tavola con una rigida scansione in vignette, spesso ripetitiva. In questo modo il succedersi delle vignette viene percepito come un incessante e angoscioso ticchettìo; per esempio, nella formidabile scena della retata a casa di Marisa, in cui entrano per la prima volta in scena gli agenti della PIDE. Non c’é bisogno di mostrare percosse o atti di violenza fisica: nella brutalità e nell’arroganza dei modi del Capo Squadra Perquisizioni è rappresentata tutta la ferocia di un sistema che può liberamente decidere cosa la gente deve fare, dire, pensare, e cosa no.
Il flashback della cattura di Leon invece è noir puro, sottolineato da disegni cupi e dalla ritmica delle vignette, che da un numero di nove per pagina va diradandosi rapidamente per chiudere con il forte contrasto di due splash-page (pagine 42 e 43) che sono rispettivamente la fine di una scena e l’inizio di un’altra; ma la seconda splash-page non fa parte di una scena “reale”, bensì è uno dei manifesti sovversivi di Leon. Uno stacco cervellotico e geniale.
Atmosfere orwelliane, atmosfere noir… e il fantastico? Strano a dirsi in una storia così dichiaratamente realistica, eppure nell’Intermezzo è racchiusa la chiave per comprendere l’intera vicenda. L’Elefante, animale da sempre associato alla memoria, simboleggia gli occhi e le orecchie di ogni edificio esistente; ricoprire il sangue sulle pareti con dell’intonaco può servire a ingannare gli uomini, ma non i muri. Eppure anche i muri, abituati a vedere e sentire qualsiasi cosa accada nelle stanze che delimitano, hanno un limite superato il quale c’é la pazzia. La vignetta in cui l’Elefante Guardiano mutila le orecchie dell’Elefante Dormiente è quella che secondo me racchiude l’essenza della storia: gli orrori scaturiti dalla mente umana possono essere insopportabili persino per i muri tra i quali vengono partoriti.
Nonostante sul tema della malvagità umana ogni medium abbia detto la sua in milioni di modi diversi e utilizzando svariate metafore, il punto di vista dei muri, visti come degli elefanti condannati a ricordare, è assolutamente originale (per quanto io possa ricordare).
Questa riflessione ci potebbe portare dunque alla conclusione che il tema della dittatura di Salazar in Sonno Elefante sia solo un pretesto per poter esprimere una intuizione originale… ma una simile affermazione sarebbe riduttiva: dentro Sonno Elefante c’é anche la storia di un uomo (Leon) reso folle dalla prigionia e isolato dai suoi ex-compagni per aver “cantato” sotto tortura; c’é la storia di una madre (Maria) disposta a tutto pur di riabbracciare il figlio di cui non ha più notizie dopo la cattura (Zé), e altro ancora, storie di vita quotidiana sotto un regime totalitario, storie in un periodo della Storia di cui si parla poco.
Per quanto riguarda i disegni anche qui Fratini dimostra ottima tecnica, sfoderando un segno che sintetizza sperimentazione e semplicità, tramite il giusto dosaggio delle mezze tinte alternate a sequenze (vedi Intermezzo) in cui il contrasto tra bianchi e neri è netto, mentre il segno è nervoso e sporco ma sempre coerente col resto della storia. I volti spigolosi e scavati dei personaggi, in particolar modo, rendono bene l’idea di un popolo stanco eppure teso, all’apparenza indifferente ma che in realtà nasconde le proprie emozioni dietro quella che sembra quasi una maschera. Le uniche volte che Fratini scompone la sua personale anatomia del volto è solo per rappresentare la rabbia dei poliziotti della PIDE e il dolore di coloro che vengono da essi interrogati. Nella ricostruzione degli sfondi ci sono accuratezza e sintesi, ad esclusione dell’obliquità dei muri delle case: quest’ultima più che una semplice cifra stilistica, si potrebbe interpretare come un voler dar vita a quei muri.
Il giudizio finale non può quindi che essere positivo: Sonno Elefante affronta con delicatezza un tema scomodo e poco conosciuto, come scritto all’inizio. Il catalogo della Becco Giallo si arricchisce di un titolo prezioso, originale e soprattutto bello. Assolutamente consigliato agli amanti del buon fumetto, imperdibile per gli aficionados dell’etichetta friulana.
Riferimenti:
Becco Giallo: http://www.beccogiallo.it