Era ora che il personaggio di Silver Surfer, protagonista di questo trentaseiesimo volume della Serie Oro, venisse pubblicato nella collana della Repubblica de “I Classici del Fumetto”. Non tanto per la serie (la seconda) mensile edita dalla Marvel dal 1987 al 1998 per un totale di circa 150 numeri più vari speciali annuali (chiamati appunto “annual”), quanto soprattutto per la ben più corta prima serie bimestrale durata solo 18 numeri dall’agosto 1968 al novembre 1970. Silver Surfer è nato dalla fantasia senza limiti dei due creatori dell’Universo Marvel: Stan Lee e Jack Kirby. Dopo la prima apparizione nell’albo Fantastic Four n.48 del 1966 ottiene la sua serie regolare che viene affidata (sempre su testi di Lee) alle matite di John Buscema, dal tratto classico spesso occhieggiante alle possenti anatomie rinascimentali michelangiolesche tanto da meritarsi il soprannome di “il Michelangelo dei comics”. Il personaggio stesso, il periodo in cui i diciotto numeri hanno visto la luce, i disegni di Buscema, i testi ridondanti e deliziosamente kitsch, il fatto stesso che la serie abbia chiuso i battenti precocemente hanno fatto di questo personaggio un vero e proprio cult della cultura pop della fine degli anni sessanta negli Stati Uniti. Rileggiamo nel volume di Repubblica i primi cinque numeri di questa storica serie con il piacere di rivivere un periodo decisamente singolare. Le origini della creazione del personaggio (come al solito controverse) indicano che gli autori Lee & Kirby, colpiti dall’enorme popolarità che il surf aveva nel periodo (e di quella relativa all'”indotto”, vedi per esempio i quasi 20 dischi pubblicati dai soli Beach Boys, paladini della surfin’ generation, negli anni dal ’60 al ’70), decisero di inventare un personaggio in grado di volare, appunto, su una tavola da surf. A questa caratteristica si aggiunse poi la vera e propria origine, che ci narra di Silver Surfer come un esule volontario dal proprio pianeta avendo barattato con l’entità Galactus la salvezza del pianeta stesso con l’offerta di diventare a vita suo servitore alla ricerca di mondi da divorare per saziare la sua fame atavica. Silver Surfer, pero’, nelle storie della prima serie, acquista una serie di connotazioni decisamente peculiari e terribilmente tristi. È un uomo privato della sua umanità, un uomo dal cuore nobile caduto in disgrazia, separato dalla donna che ama, costretto a vivere ricoperto da una corazza argentea al servizio di un essere che si nutre di mondi; una volta confinato dal Galactus stesso sul pianeta terra per punizione si scontra con altri e diversi problemi. Gli albi diventano messaggio di denuncia contro la falsità, l’inganno, la cattiveria, la ritrosia, la belligeranza della stirpe umana. Silver Surfer vaga abbandonato sulla sua tavola spesso lanciando invettive contro la cattiveria della gente e lamentandosi della sua tristissima situazione. L’ultimo numero della serie, disegnato in via eccezionale da Jack Kirby, chiude un ciclo di racconti ma anche un’esperienza pressoché unica nel campo supereoistico, incoronata quasi da subito come serie cult del periodo pop-art statunitense. Alle prime cinque storie della serie regolare è stata aggiunta la ristampa della miniserie di due numeri “The Silver Surfer: Parable” del Dicembre 1988/ Gennaio 1989. Sempre su testi di un sessantaseienne Lee ma con le matite, chine e colori di Jean Girad (detto Moebius), autore francese prestato al fumetto supereroistico con risultati spaventosamente positivi, la miniserie non attinge a nuove fonti di ispirazione, ma reimpasta quanto già detto utilizzando la resa grafica pulita ed in maniera terribilmente efficace del Maestro francese. Questa storia, seppure retoricamente scritta dal prolisso Lee, da sola già giustificherebbe l’acquisto del volume. Anche se chi scrive è pienamente d’accordo con quanto detto dal Primo Ufficiale Ron Hunter nel film “Crimson Tide” del 1995: “Now everyone who reads comic books knows that the Kirby Silver Surfer is the only TRUE Silver Surfer, now am I right or wrong?” (“Chiunque abbia letto fumetti sa che il Silver Surfer di Kirby è l’unico vero Silver Surfer, ho ragione o torto?”). La frase viene in maniera non ufficiale attribuita a Quentin Tarantino, noto appassionato degli anni ’70, chiamato per l’occasione a “inasprire” in alcuni passaggi di sceneggiatura lo script originale. Sorvoliamo su come è stata “tradotta” questa frase nella versione italiana del film. (Davide Occhicone)