Gianluca Maconi, classe 1978, ha ricevuto il premio Pietro Miccia come miglior disegnatore al Torino Comics 2004. Vive a Pordenone e disegna la mattina, in un caffé letterario. I delitti di Alleghe è il suo primo romanzo a fumetti.
Ciao Gianluca. Dal premio Pietro Miccia a Torino Comics 2004, a questo I delitti di Alleghe, come si è sviluppata la tua carriera di autore?
Gli ultimi due anni sono stati molto importanti per me. Oltre ad aver vinto il Premio Miccia ho avuto la fortuna di poter fare da assistente al disegnatore Giulio De Vita, che mi ha insegnato molti trucchi ed un modo nuovo e più maturo di guardare al mestiere del fumettista. Prima avevo pubblicato su prozine della mia zona come l’ormai antica LATTEPIU’ e l’ormai famigerata AUAGNAMAGNAGNA, dove ho stretto amicizia con molti giovani autori delle mie zone. Conclusa l’Accademia di Belle Arti mi sono concentrato esclusivamente sul fumetto ed ho cominciato a lavorare con Giulio, che con tutta la pazienza del mondo mi ha aiutato a correggere alcuni miei difetti dovuti all’inesperienza. Un giorno sono stato contattato dal Becco Giallo. Avevano visto le mie tavole per il Premio Miccia e mi volevano proporre di realizzare un albo per una collana noir…
Dalla brevissima biografia di presentazione del volume, viene sottolineato il tuo disegnare di mattina in un caffé letterario: è proprio così? Non ti crea difficoltà lavorare in un ambiente pubblico?
In tutta onestà non è un caffé letterario, ma una fumetteria-negozio di giochi di ruolo con annesso un bar, che si chiama Safarà ed è un locale veramente molto accogliente. Comunque no, non mi crea problemi disegnare in pubblico, in linea di massima almeno, e sentire le persone chiacchierare a volte lo trovo più rilassante della radio. E poi se mi viene fame o sete mentre lavoro non devo prendermi una pausa ed andare in cucina. Lavorare in un posto del genere dà la possibilità, inoltre, di trovare molti spunti per creare personaggi e situazioni particolari.
Parliamo del tuo ultimo lavoro, I delitti di Alleghe: perché la scelta di questo particolare tema?
Il mio albo e quello di Paolo Cossi sono usciti in contemporanea per inaugurare la collana dedicata alla cronaca nera a fumetti, quindi l’editore ha deciso di proporre un titolo “attuale”, ovvero UNABOMBER, ed un titolo “d’annata”, cioé quello a cui ho lavorato io su sceneggiatura di Andrés. L’editore aveva proposto una rosa di titoli che affrontavano avvenimenti accaduti nel nord-est e lo sceneggiatore scelse Alleghe. In sostanza per le prime uscite volevamo “giocare in casa”, ma utilizzando una storia interessante e, fondamentalmente, da scoprire. Anche se poi ho scoperto che i “delitti di Alleghe” sono molto più famosi di quanto pensavo.
Credi che il fumetto permetta di affrontare l’argomento e sottolinearne aspetti differenti rispetto ai libri o ai servizi televisivi, e cosa?
Il fumetto è un mezzo di comunicazione potentissimo, è in grado di facilitare la comprensione di eventi che in un testo avrebbero bisogno di pagine e pagine di descrizione consentendo comunque un analisi più approfondita di cinema o televisione. Senza contare che tornare indietro per ricontrollare un elemento che ci è sfuggito è molto più facile e rapido. Le potenzialità “didattiche” del fumetto sono grandissime ed appena scalfite. Credo che il fumetto sia un ottimo mezzo per creare delle ricostruzioni come quelle da noi realizzate, se non addirittura il migliore.
Come si affronta il dover ricostruire un fatto storico tanto delicato? Ha pesato il pensiero dei parenti delle vittime, dei protagonisti dei fatti? Sono stati coinvolti? Come credi sarà accolto?
Per tutelare vittime e protagonisti l’editore ha deciso di modificare i nomi dei personaggi e dei locali, ma per quanto mi riguarda, non sono d’accordo con questa linea di condotta. Sono avvenimenti ormai “storici” e se si pone attenzione a proporre i fatti senza sensazionalismi o accuse campate in aria non vedo per quale motivo andare ad inficiare in questa maniera l’attendibilità dei fatti narrati. Se voglio scrivere una storia sulla seconda guerra mondiale, per non traumatizzare gli eredi, dovrei cambiare il nome di Hitler? Non intendo fare paragoni, ma il concetto è questo: se ricostruisci un avvenimento devi essere il più fedele possibile. D’altronde la scelta editoriale che è stata fatta è più vicina al giornalismo che alla narrativa. Durante i sopralluoghi precedenti alla realizzazione del fumetto, io e lo sceneggiatore, parlando con la gente del luogo ci siamo sempre mantenuti sul vago e la gente del paese è stata sempre prodiga di informazioni sul luogo. Solo una volta ci siamo sbilanciati, rivelando a cosa stavamo lavorando, e la reazione non è stata molto piacevole, anzi somigliava spiacevolmente ad un moto di rabbia. Diciamo che la gente di Alleghe è stufa di sentir parlare di questo caso. Gente di montagna, chiusa, che preferisce evitare certi ricordi, se ne vergogna. Qui concordo pienamente con Mauro Corona che nella prefazione al mio libro afferma che, sfruttando debitamente gli avvenimenti, i delitti di Alleghe potrebbero incentivare il turismo. Ormai la società odierna è più affascinata che spaventata da questi avvenimenti.
Quali fonti avete utilizzato per ricostruire la storia? Vi siete concessi delle libertà rispetto agli eventi conosciuti e accertati?
Le fonti sono state moltissime dal romanzo di Comisso a quello di Saviane passando per l’inchiesta di Pietro Ruo, dallo sceneggiato RAI ispirato agli avvenimenti prodotto nel 1984 alla puntata di blu notte del 2000. Ci siamo concessi delle libertà soprattutto nella linea temporale degli anni 50, quella delle indagini. Il rapporto fra Cesca ed il maresciallo Uda, ad esempio, o la prosecuzione della storia d’amore con Anna e le gag sul senso dell’orientamento del brigadiere non si basano su fatti reali.
Graficamente, hai fatto delle scelte particolari per raccontare questo evento storico?
Il racconto, come precedentemente accennato, si svolge su due linee temporali diverse, la prima è quella degli omicidi (anni 30 e 40), la seconda, invece, è quella delle indagini (anni 50). Ho voluto differenziare graficamente le due epoche sia con le riquadrature delle vignette, che nella prima sono irregolari e scontornate, che con l’inchiostrazione. Gli anni 30 sono caratterizzati da disegni a matita acquerellati, mentre le tavole delle indagini sono anche ripassate a china. Credo di essere riuscito a ricreare discretamente queste due atmosfere diverse, o almeno lo spero.
Al termine del tuo lavoro, hai avuto una visione diversa della vicenda rispetto a quando hai iniziato?
Onestamente no, il lavoro di indagine era già ben preciso fin dall’inizio. Posso solo dire che lavorando alle tavole ho provato una gran pena per il personaggio di Giovanni, che sembra essere schiacciato dagli avvenimenti.
Il fumetto come strumento divulgativo, di cronaca e di ricostruzione storica: Becco Giallo sembra crederci molto, e nel panorama del fumetto in Italia è di certo una posizione quasi rivoluzionaria e meritevole di successo. Un passo verso una diversa considerazione del mezzo da parte del grande pubblico?
Certamente. Mi è piaciuta molto l’idea di queste inchieste a fumetti. Inoltre sarebbe bello che il fumetto divenisse uno strumento di divulgazione più accettato e consapevole, perché la colpa dei limiti “sociali” del fumetto non è tanto del pubblico quanto di una ristrettezza della scena editoriale. Personalmente mi piacerebbe lavorare a testi di storia a fumetti, ma veri, con ricostruzioni di eventi, battaglie, personaggi. Non come le illustrazioni con didascalie di Enzo Biagi, che per quanto interessanti hanno solo scalfito le potenzialità del mezzo.
Come si è sviluppato il rapporto con l’editore, e quanta voce ha avuto nell’impostazione della storia?
Io ho avuto grandissima libertà nell’impostare la regia delle tavole sia da parte dello sceneggiatore che degli editori, quindi posso dire di aver goduto di una libertà straordinaria, cui un disegnatore esordiente di solito non è abituato.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Continuerai sulla strada del fumetto di stampo giornalistico, o prevedi incursioni nella narrativa?
Attualmente mi appresto a realizzare un nuovo albo noir per il Becco Giallo. Inoltre sto lavorando ad un fantasy su sceneggiatura di Iacopo Soldà, il mio sceneggiatore anche per il premio Miccia, che vorremmo proporre in Francia e ad un altro progetto che forse vedrà luce entro la fine dell’anno di cui per ora non dico nulla per scaramanzia. Devo ammettere infatti che non sono un grande appassionato di gialli, mi piacciono, ma prediligo il romanzo fantastico da Borgess a Douglas Adams, passando per Robert Sheckley e Robert Howard. Ed è a questo genere narrativo che vorrei dedicarmi nel prossimo futuro. Ribadisco comunque che mi piacerebbe molto realizzare storie a fumetti di avvenimenti storici antichi… quello sarebbe il massimo, e chissà che non riesca a convincere il Becco Giallo a portare i fumetti a scuola.