E ora qualcosa di completamente diverso
I fumetti apparvero inizialmente, per quanto riguarda gli Stati Uniti, come strisce disegnate (Comic Strips o Funnies) nei quotidiani alla fine del XIX secolo1. Furono introdotti per raggiungere un più vasto pubblico, che comprendesse anche gli immigrati, da magnati della stampa come Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst2.
Grazie ad artisti come Richard Outcault (autore di Yellow Kid), Winsor McCay (Little Nemo), Lyonel Feininger (Kin-der-Kids) e George Herriman (Krazy Kat) le Strip conobbero un enorme successo, dando origine a inserti domenicali a colori.
La distribuzione ai numerosissimi quotidiani dei vari stati era curata da un sistema di agenzie (strip syndicates). Ricordiamo che fin dall’Ottocento gli Stati Uniti potevano vantare un alto tasso di alfabetizzazione.3
Non ci volle molto perché le Strip fossero ristampate in libretti di vario formato. Dopo diversi tentativi, la pubblicazione di Famous Funnies (Eastern Color 1934) stabilì uno standard: libretti a colori di circa 10,5×7 pollici, venduti a 10 centesimi di dollaro.4
Rimaneva ancora un passo: la produzione di nuovi comic book che non fossero ristampe, ma nuove storie che non si esaurissero in poche strisce. La memorabile uscita del primo numero di Action Comics (National Periodicals 1938) con il personaggio di Superman diede inizio alla cosiddetta Golden Age dei Comics5.
Nel 1939 sul N.27 di Detective Comics6 fu lanciato il vigilante Batman. Presto le testate più vendute superarono il milione di copie.
Mentre venivano pubblicati vari sottogeneri come western, mystery o romantico, le storie più diffuse avevano come protagonisti dei veri super-eroi. Oltre a Superman ricordiamo Captain Marvel (Fawcett, 1941)7 e Captain America (Marvel, 1941). In questo panorama di azione e forza virile erano relativamente poco presenti le protagoniste femminili8.
Questo fino al Dicembre 1941 quando fu pubblicato il N. 8 di All-Star Comics (dalla All-American Publications di Charles Gaines) in cui tra le altre storie si poteva leggere “Arriva Wonder Woman”.
“Infine, in un mondo straziato dall’odio e dalle guerre degli uomini, appare una donna per cui i problemi e le azioni degli uomini sono come un gioco da bambini. […] Bella come Afrodite – Saggia come Atena – Con la velocità di Mercurio e la forza di Ercole – è conosciuta solo come WONDER WOMAN, ma chi sia o da dove sia venuta, nessuno lo sa!”.9
All’inizio dell’avventura, Steve Trevor, un aviatore americano, precipita su “un’isola che che non appare su nessuna mappa, nella vasta distesa dell’oceano”. Mentre il pilota viene salvato e curato, Hyppolita, regina dell’isola e delle Amazzoni che la abitano, racconta alla figlia Diana una storia stupefacente: “Nell’antica Grecia, molti secoli fa, noi Amazzoni eravamo la più avanzata nazione. Le donne governavano e tutto andava bene”. Poi però le Amazzoni furono con l’inganno sconfitte da Ercole e rese schiave10.
Grazie alle loro suppliche, la dea Afrodite le rese libere e le guidò qui, all’Isola Paradiso, per creare un nuovo mondo, lontano dal mondo degli uomini.
“Afrodite decretò anche che dovessimo sempre portare questi bracciali, per ricordarci della schiavitù e diffidare degli uomini. […] In quest’Isola Paradiso non conosciamo il bisogno, la malattia, l’odio e la guerra. […] Così noi Amazzoni abbiamo di gran lunga superato la civiltà dell’uomo! Non solo siamo più forti e sagge degli uomini – ma le nostre armi sono migliori – i nostri aerei più avanzati!”.
Dopo aver appreso da Trevor la situazione del mondo, minacciato da guerra e dittature, Hyppolita interpella le dee tutelari delle Amazzoni, Afrodite e Atena. Questo il responso: “Dovete riportare il pilota in America, accompagnato dalla più forte e saggia delle Amazzoni, per aiutare l’America, ultima cittadella della democrazia e dei diritti delle donne!”.
La più forte e saggia delle Amazzoni, selezionata in una serie di competizioni, si rivela naturalmente Diana, ovvero Wonder Woman. Le avventure successive sarebbero state ambientate soprattutto in America.
Già dal successivo Gennaio 1942 era esposta nei Newsstand la nuova serie Sensation Comics e Wonder Woman aveva l’immagine di copertina – e d’ora in poi l’avrebbe sempre avuta.
Le storie erano firmate “Charles Moulton”. Ma chi era costui? E da dove venivano queste idee su mitologia greca, Amazzoni e diritti delle donne? E quei bracciali poi?
Per capirlo bisogna tornare all’inizio del secolo, prima a Cambridge (MA) – Università di Harvard e poi a New York.
Harvard
“Charles Moulton” era uno pseudonimo che univa i secondi nomi di Maxwell Charles Gaines (l’editore, noto anche come Charles Gaines) e di William Moulton Marston, il vero autore.
William M. Marston nasce a Saugus, MA il 9.5.1893 in una turrita magione pseudo-medioevale costruita dal nonno e che poteva ricordare le castellated abbeys care a Poe. Intelligente e precoce, si distinse per lo studio e gli interessi diversificati e già sui 13 anni incontrò la ragazza che poi avrebbe sposato, la coetanea Sadie Elizabeth Holloway, nata nata nell’Isola di Man (UK) nel 1893, intelligente e vivace.11
Già eccezionalmente alto e robusto Marston si trasferì a Cambridge per frequentare l’Università di Harvard nel settembre 1911. Harvard non ammetteva ragazze ai propri corsi e Holloway si iscrisse al college femminile di Mount Holyoke, South Hadley, Massachusetts.
C’erano anche altre cose che Harvard non ammetteva: quando la Harvard Men’s League for Woman Suffrage, fondata tra gli altri da John Reed – allora studente del quarto anno – invitò per una conferenza la famosa suffragetta inglese Emmeline Pankhurst non fu concessa alcuna aula. La conferenza si tenne quindi in un teatro e ad essa è possibile che abbia assistito anche Marston12.
Holloway si accorse ben presto che il suo college era “una cittadella dei diritti delle donne” in quanto la preside e larga parte del corpo insegnante erano a favore del suffragio femminile. Un college femminile, l’Holliday College (da Holyoke + Holloway) apparirà poi spesso nelle avventure di Wonder Woman, in cui le maglie indossate dalle ragazze sfoggiano una grande H, la stessa degli sweater di Harvard. Holloway adorava il greco ed il suo libro preferito era il Sappho di Thornton13. Questo libro sarà ritrovato sul comodino quando morì, all’età di cento anni14.
Fin dall’inizio Marston frequentò il Laboratorio di Psicologia di Harvard e concepì ricerche originali. Con lui collaborava Holloway. Particolarmente importante la ricerca sul collegamento delle emozioni con la pressione sanguigna, l’idea embrionale del famoso Lie Detector (macchina della verità), pubblicata nel 191715.
In parecchie vignette di Wonder Woman verrà raffigurata la stessa macchina della verità che vediamo nelle fotografie degli esperimenti che Marston condurrà negli anni.
Marston ed Holloway ottennero il loro Bachelor Degree nel 1915, sposandosi nel settembre. Si iscrissero alla facoltà di Legge, rispettivamente ad Harvard e all’Università di Boston che ammetteva le donne. Marston continuò i suoi esperimenti nel periodo della guerra, anche presso le strutture militari (fu arruolato come sottotenente)16. Marston e Holloway si laureano in Legge nel giugno 1918, ottenendo poi subito l’abilitazione alla professione.
“In Settembre 1919, Marston si iscrisse nel programma PhD di Harvard in filosofia e Holloway nel programma MA (Master of Arts) a Radcliffe. Tutti i corsi per laureate di Radcliffe si tenevano ad Harvard e i Marston frequentarono per due semestri il Laboratorio di Psicologia diretto da Herbert Langfeld.”17
Le ricerche continuarono, anche se fu solo Marston ad ottenere il PhD nel 1921. Holloway rivendicò poi sempre l’idea dell’esperimento originale18.
Le Suffragette, i Rossi e il controllo delle nascite
La richiesta per estendere il voto alle donne negli Stati Uniti si era sviluppata verso la metà del XIX secolo con attiviste come Susan B. Anthony ed Elizabeth Cady Stanton. Crescendo progressivamente, il movimento aveva posto il suffragio femminile come problema nazionale ed all’inizio del XX secolo partiti politici lo avevano inserito nel proprio programma. La NAWSA (National American Woman Suffrage Association) contava nel 1916 due milioni di iscritte – “un esercito di giovani Amazzoni”19 – ed organizzava regolari manifestazioni nella capitale.20
Negli anni Dieci Margaret Sanger e la sorella minore Ethel Byrne vivevano a New York ed erano femministe, una parola che stava sostituendo il termine suffragette21. Iscritte a club femministi e radicali frequentavano persone come Emma Goldman, Charlotte Perkins Gilman, Crystal e Max Eastman22. Quest’ultimo pubblicava con John Reed il mensile The Masses.23
Nel 1915 Gilman pubblicò il romanzo utopistico Herland24), una terra isolata in cui vivono solo donne, che si riproducono per partenogenesi. La loro è una società ideale, “un paese inesplorato di pure amazzoni”25, in cui guerra e sopraffazione sono sconosciuti.
“All’inizio avevamo giudicato quelle donne inevitabilmente digiune di tante cose che per noi erano conoscenza ordinaria, alla stregua di bambini, o selvaggi. Avevamo poi dovuto ricrederci, e ammettere che erano ignoranti come Platone e Aristotele, con una potenza intellettuale paragonabile a quella degli antichi Greci.”
“Tre milioni di donne ultraintelligenti, o due milioni contando solo le adulte […] Noi le avevamo pensate ‘Donne’ e perciò timide e trepidanti. ma erano passati duemila anni da che avevano avuto qualcosa di cui avere paura, e certo da più di mille quello era un sentimento dimenticato.”
“Cerchiamo soprattutto di sviluppare due virtù» […] «che ci sembrano indispensabili per una vita degna: una capacità di giudizio limpido e lungimirante, e una forte volontà diretta al bene. Facciamo ogni sforzo, per coltivare nelle nostre bambine queste due doti: chiarezza di giudizio e forza di volontà.”26
Già dal 1914 Sanger pubblicava il foglio femminista Woman Rebel27 e si era convinta, come Ethel Byrne, che, mentre il voto alle donne era importante, il controllo delle nascite era anche più urgente28. Così nell’ottobre 1916, Sanger e Byrne aprono la prima clinica per il controllo delle nascite a Brooklyn. Viene presto chiusa ed esse vengono arrestate per violazione delle legge dello Stato di New York che vieta qualunque tipo di anticoncezionali. Byrne attua uno sciopero della fame in cui rischia di morire; Sanger sconta trenta giorni di prigione.
Negli anni successivi Sanger fonda la Birth Control Review, e la American Birth Control League.
Intanto (agosto 1920) passa il Diciannovesimo emendamento che introduce il suffragio femminile.29
In ottobre 1920, Sanger pubblica Woman and the New Race30. Prefazione di Havelock Ellis che Sanger aveva conosciuto in UK e di cui aveva pubblicato il saggio “The Love Rights of Women”31.
Lepore evidenzia così la futura importanza del libro: “Quando [Marzo 1944. – nda] Marston assunse una giovane donna chiamata Joye Hummel per aiutarlo a scrivere le storie di Wonder Woman, Olive Byrne [Figlia di Ethel Byrne. – nda] diede ad Hummel una copia di Woman and the New Race, dicendole che era tutto quello che le serviva sapere per scrivere Wonder Woman”.32
Fine parte 1 di 3 – Continua
https://www.lospaziobianco.it/paradiso-perduto-le-origini-di-wonder-woman-parte-2-di-3/
Paradiso Perduto – Le origini di Wonder Woman (Parte 3 di 3)
Originariamente pubblicato su doi.org/10.5281/zenodo.1254050 – Per gentile concessione dell’autore.
Per una analisi, limitata alle Comic Strips, si veda David Manning White e Robert H. Abel, a c. di, Sociologia del fumetto americano (1963; repr., Milano: Bompiani, 1966). ↩
Sabin e Sabin, Comics, comix & graphic novels/a history of comic art (New York: Phaidon press, 1996). p. 20 ↩
Nel 1800 esistevano 903 uffici postali che distribuivano quasi 2 milioni di copie dei diversi giornali: Alan Taylor, Rivoluzioni americane: una storia continentale, 1750-1804 (Torino: Einaudi, 2017) p. 441. Mentre verso il 1860 la diffusione dei giornali quotidiani e periodici era salita a molti milioni, in cui p.es. la tiratura della “New York Weekly Tribune” era quasi il triplo di quella massima di 70.000 copie del Times di Londra, il più diffuso giornale europeo: Raimondo Luraghi, Storia della guerra civile americana (Milano: Biblioteca universale Rizzoli, 1999) p. 15-16. ↩
Sabin e Sabin, Comics, comix & graphic novels/a history of comic art, cit. p. 35 ↩
Durata fino a circa il 1950, dopo il quale si ebbe un’eclissi del genere; fu poi seguita da una Silver Age (iniziata circa nel 1956), Bronze Age etc, secondo anche le diverse classificazioni degli esperti. ↩
Proprio da Detective Comics prende il nome l’attuale editrice DC Comics. Inizialmente le varie testate erano pubblicate da editori con diverse ragioni sociali, anche se dal 1940 (Action Comics N.23) fu inserito in copertina il logo “A DC publication” (a cui fu aggiunta nel 1941 la scritta Superman), inteso però come marchio di qualità e non marchio editoriale. Per maggiori dettagli si veda p.es. Aa.Vv, La grandiosa DC Comics. All’origine del supereroe. Ediz. illustrata (Napoli: COMICON Edizioni, 2016) pp. 19-25. ↩
Per un certo periodo le vendite di Captain Marvel superarono quelle di Superman: Larry Tye, Superman: the high-flying history of America’s most enduring hero, 1st ed (New York: Random House, 2012) p. 54. ↩
Ricordiamo almeno Miss Fury (1941-1952), Testi e disegni di una donna, June Tarpe Mills comicbookplus.com/?cid=3266; la Lady Luck di Will Eisner (con lo pseudonimo Ford Davis) comicbookplus.com/?cid=1313; Invisible Scarlet O’Neil di Russell Stamm (1940) comicbookplus.com/?cid=1955, pubblicate prima come strip sui giornali e solo più tardi nella forma comic book. Si veda anche Mike Madrid, a c. di, Divas, dames & daredevils: lost heroines of golden age comics (Ashland, OR: Exterminating Angel Press, 2013). ↩
da “Introducing Wonder Woman” —All-Star Comics #8, December 1941; quando non diversamente indicato, tutte le traduzioni sono mie (I.B.). Le prime storie sono ristampate in William Moulton Marston et al., Wonder Woman, the Golden Age omnibus Vol.1, Vol.2 (DC Comics 2016, 2017); William Moulton Marston e H. G Peter, Wonder Woman: The Complete Dailies 1944-1945, The Library of American Comics (San Diego, CA: IDW Publishing, 2014). ↩
Per il mito delle Amazzoni nella classicità, con temi che ritorneranno anche in altre storie di Wonder Woman, si veda p.es. Karl Kerényi e Vanda Tedeschi, Gli dei e gli eroi della Grecia (Milano: Il saggiatore, s.d.). Vol.2 p. 161-163; Robert Graves et al., I miti greci/traduzione di Elisa Morpurgo, Il cammeo (Milano: Longanesi, 2003). Ch.100, 131; Guidorizzi, Giulio, a c. di. Il mito greco. Milano: Mondadori, 2012, Vol.2 Gli Eroi, Rif. Amazzoni a p. 1565. ↩
Per i dati biografici la fonte principale è Jill Lepore, The Secret History of Wonder Woman, First edition (New York: Alfred A. Knopf, 2014), v. anche Geoffrey C. Bunn, The Lie Detector, Wonder Woman and Liberty: The Life and Work of William Moulton Marston, History of the Human Sciences 10, n. 1 (1 febbraio 1997): 91–119, https://doi.org/10.1177/095269519701000105 ↩
Lepore, cit. Ch. 1. ↩
Henry Thornton Wharton, Sappho. Memoir, Text, Selected Renderings, and a Literal Translation (London; Chicago: J. Lane; A.C. McClurg & Co., 1898). ↩
Lepore, cit. Ch. 31. ↩
William Moulton Marston, “Systolic Blood Pressure Symptoms of Deception,” Journal of Experimental Psychology 2 (1917): 117–76. ora in American Polygraph Association, «Polygraph, SPECIAL ISSUE WILLIAM MOULTON MARSTON» 4, n. 14 (1985): 289–320. ↩
Bunn cit. p. 95ss, Lepore, cit. Ch. 6. ↩
Lepore, cit. Ch. 7. Radcliffe era il college femminile annesso ad Harvard, integrato poi nel 1999. ↩
Ibid. ↩
Anne Firor Scott e Andrew MacKay Scott, One Half the People: The Fight for Woman Suffrage (University of Illinois Press, 1982) p. 39. ↩
Ibid. ↩
Karen Manners Smith New paths to power: 1890-1920 in Nancy F. Cott, a c. di, No small courage: a history of women in the United States (Oxford ; New York: Oxford University Press, 2000) pp. 398-99. ↩
Blanche Wiesen Cook FEMALE SUPPORT NETWORKS AND POLITICAL ACTIVISM: Lillian Wald, Crystal Eastman, Emma Goldman in Nancy F. Cott e Elizabeth H. Pleck, a c. di, A Heritage of her own: toward a new social history of American women, A Touchstone book (New York: Simon and Schuster, 1979) p. 412ss. Alcune sequenze del film Reds di Warren Beatty (1981) possono dare un’idea di questo ambiente. ↩
The Masses pubblicò diversi articoli a sostegno del suffragio femminile; l’intera collezione è disponibile online presso NYU dlib.nyu.edu/themasses ↩
È disponibile una recente traduzione italiana col testo a fronte: Charlotte Perkins Gilman e Franco Venturi, Terradilei (Milano: La vita felice, 2015 ↩
Ibid. p. 33 (trad. Venturi). ↩
Ibid. p. 281,283; p. 291; p. 351 (trad. Venturi). ↩
Per documenti originali e ricerche si segnala il Margaret Sanger Papers Project sponsorizzato dal Department of History della New York University. www.nyu.edu/projects/sanger ↩
Linda Gordon, BIRTH CONTROL AND SOCIAL REVOLUTION in Nancy F. Cott e Elizabeth H. Pleck, a c. di, A Heritage of her own: toward a new social history of American women cit. p. 445ss. ↩
“The right of citizens of the United States to vote shall not be denied or abridged by the United States or by any State on account of sex. Congress shall have power to enforce this article by appropriate legislation.” (Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o ridotto dagli Stati Uniti o da qualunque Stato sulla base del sesso. Il Congresso avrà il potere di far applicare questo articolo con l’opportuna legislazione.) ↩
Margaret Sanger, Woman and the New Race (New York : Brentano’s, 1920), archive.org/details/womannewrace00sang. ↩
Poi in Havelock Ellis, Little Essays of Love and Virtue (New York: George H. Doran Company, 1922), archive.org/details/cu31924021840040 pp. 102-115. ↩
Lepore, cit. Ch. 12. ↩