Paradiso Perduto – Le origini di Wonder Woman (Parte 1 di 3)
Sesso, bugie e film sonori
Olive Byrne nacque nel Febbraio 1904. Ethel Byrne era stata aiutata a partorire da Margaret Sanger, infermiera e sua sorella maggiore. Una sera, tornando a casa ubriaco, il marito di Ethel Byrne sentendo la bambina che piangeva, la prese e la gettò fuori nella neve. Poi tornò ad ubriacarsi. Margaret Sanger corse fuori per toglierla dalla neve e riportarla in casa.1 Senza saperlo Sanger aveva creato il primo legame con la futura Wonder Woman ed una nuova fase del femminismo.
Intanto Marston fu alla American University nel 1921 dove insegnò psicologia legale e, divenuto ordinario, fu nominato direttore del Dipartimento di Psicologia2. Marston cercò, attraverso consulenze in vari processi, di far ammettere nei tribunali il suo Lie Detector, senza fortuna. Forse anche in seguito a casi poco chiari, l’incarico non non fu rinnovato. Marston si trasferì poi a Tufts, un college femminile, come assistente a psicologia.
Dopo gli studi inferiori, Olive Byrne si era iscritta nel 1922 proprio a Tufts, e seguì poi il corso di Marston (1925-26), che la arruolò come assistente, per una serie di ricerche sulle emozioni.
Byrne ottenne il suo BA il 14-6-19263. Marston aveva intanto stabilito una relazione con Olive Byrne, e forse proprio a causa di questo, non gli fu rinnovato l’incarico a Tufts.
Non solo la relazione continuò, ma Olive Byrne si trasferì a casa dei Marston, dove si sarebbe poi occupata della casa, mentre Holloway continuava a lavorare. La relazione tra Olive e Elizabeth non fu mai chiara e molte cose sono state dette4. Ma è un fatto che ciascuna diede il nome dell’altra ai propri figli e, dopo la morte di Marston, vissero sempre insieme.
Holloway allora aveva una posizione come editor negli uffici di the New York della Encyclopaedia Britannica. Grazie ad Holloway, Marston contribuì alla quattordicesima edizione della Encyclopaedia Britannica con l’articolo “Analysis of Emotions”5.
Nel 1928 Marston pubblica The Emotions of Normal People6. Il libro si basa sulle ricerche compiute insieme a Olive Byrne7.
Sia Holloway che Byrne avevano la laurea in psicologia e spesso collaborarono con Marston venendo citate esplicitamente o in forma anonima8. In particolare molte delle critiche alle psicologie sessiste provengono dalla ricerca di Olive Byrne per la sua tesi di Master alla Columbia University, che fu incorporata in Emotions of Normal People, senza riconoscerlo esplicitamente9.
Non riuscendo ad assicurarsi una cattedra, Marston accettò una consulenza presso Carl Laemmle, a capo degli Universal Studios a Hollywood, per qualche tempo Marston e Byrne si trasferirono in California, (Gennaio 1929) ma il lavoro si rivelerà solo temporaneo10.
Non solo Marston si era da sempre interessato al cinema, ma già nel 1915, mentre era ad Harvard, aveva partecipato ad un concorso della Edison Company per la miglior sceneggiatura scritta da uno studente. Marston si aggiudicò il premio con il lavoro Jack Kennard, Coward, superando più di 300 concorrenti11.
“Olive Byrne sposò William K. Richard di Los Angeles il 21 Novembre, 1928, a 24 anni. Prese il cognome del marito divenendo Olive Richard. Il loro primo figlio, Byrne Holloway Richard, nacque il 12.1.1931. Un’altro figlio, Donn Richard, nacque il 20.9.1932.”12
C’era un solo problema: William K. Richard non era mai esistito e il padre era naturalmente William Marston!
In questo periodo, in cui Olive badava alla casa e Marston svolgeva solo lavori saltuari, la famiglia era mantenuta dal lavoro di Holloway. Passavano le estati a Truro (Cape Cod) vicino alla casa di Ethel Byrne e vicino alla casa che Margaret Sanger aveva acquistato da John Reed, nel 1917, quando era andato in Russia per documentare la Rivoluzione di Ottobre. Nell’estate del 1935 la famiglia traslocò in una grande casa con prato e giardino a Rye, New York. C’erano dei ciliegi e la villa divenne nota ai visitatori come Cherry Orchard.
Byrne si era inoltre assicurata un lavoro come staff writer per Family Circle, una rivista femminile settimanale distribuita negli empori dal 1932. Scriveva spesso articoli in cui intervistava il ‘famoso psicologo’ William Marston, firmandosi come Olive Richard. Lo scienziato illustrava le sue teorie sulle emozioni o spiegava l’utilizzo del Lie Detector13. Era davvero pubblicità, ma avrebbe dato luogo ad una svolta imprevedibile.
Mentre Marston aveva cercato invano di piazzare il suo Lie Detector nei tribunali, proponendolo anche a polizia e F.B.I., qualcuno ci riuscì. Leonarde Keeler, studente a Berkeley negli anni Venti, basandosi sugli articoli di Marston, sviluppò qualcosa di simile o più perfezionato, brevettandolo nel 1931 e vendendolo poi, grazie alle sue conoscenze, a dipartimenti di polizia in tutto il paese. Il poligrafo, come lo chiamò, divenne universalmente noto. Invano Marston pubblicò il libro The Lie Detector Test nel 1938 per rivendicare la sua priorità. Fu ignorato.
L’Isola Paradiso
Nel 1940 fu pubblicato sul Chicago Daily News, il breve articolo di fondo “Una vergogna nazionale”, in cui si attaccavano in modo radicale i comic book14. Questi periodici, ammoniva Sterling North, pieni di Superuomini, donne discinte, armi automatiche ed omicidi stavano contaminando le giovani menti, crescendo “una generazione ancora più feroce della precedente”. Nulla si salvava, nemmeno la stampa a colori: “i crudi neri e rossi rovinano il naturale senso per il colore dei bambini”15.
Anche i dime novels16, che secondo North erano “letteratura classica” in confronto ai comic book, erano stati a suo tempo definiti “una vergogna nazionale”17). Così pure i pulps18, che avevano poi sostituito i dime novels, erano stati oggetto di normative volte a bandire i più spicy dai Newsstand19.
L’articolo, indirizzato ai genitori, fu ripreso da numerosi periodici e sollevò un sentimento diffuso tra educatori e bibliotecari20. Il possibile montare di un’ondata puritana sollevò altresì un sentimento, ma di altro genere, tra gli editori di comic book, che vedevano messo in pericolo un florido mercato: secondo una stima nel 1941 venivano venduti ogni mese da sette a dieci milioni di comics, per un ricavo lordo annuo di 8-12 milioni di dollari. Negli anni successivi le vendite mensili passarono a 15 milioni (1942) e 25 milioni (1943). Ogni albo poteva a sua volta avere anche cinque lettori. Per aumentare il periodo di esposizione nei Newsstand gli albi venivano pubblicati in anticipo rispetto alla data di copertina21.
Harry Donenfeld (National Periodicals) e Charles Gaines (All-American Publications) decisero di costituire un Comitato Consultivo (Editorial Advisory Board) con esperti nei settori di “psicologia infantile, istruzione e welfare” con lo scopo di prevenire le critiche e rassicurare i genitori22.
L’interesse della polemica fu tale che anche Family Circle pubblicò un articolo. Firmato Olive Richard, era anch’esso scritto sotto forma di un’intervista a Marston, che si rivelava esperto di questo nuovo mezzo di comunicazione di massa. “Fanno bene ai bambini questi fumetti?” – Veniva chiesto. Secondo Marston, Superman in particolare “rappresentava il desiderio di sviluppare la potenza della nazione, impiegandola per proteggere la gente innocente ed amante della pace”23. Questo non significava che i Comics che mostravano esplicitamente la violenza non fossero censurabili, aggiungeva Marston.
Il riferimento a Superman fu musica per le orecchie di chi lo pubblicava e Marston fu cooptato nel Comitato, di cui Charles Gaines, ex-insegnante, si occupava direttamente. Del comitato facevano parte, tra gli altri, Pearl S. Buck, Premio Nobel; Josette Frank, staff advisor del Comitato Libri per Bambini della Child Study Association; Robert Thorndyke, professore nel Department of Educational Psychology alla Columbia University.
Inoltre la Dr. Lauretta Bender, psichiatra dell’infanzia associata al Bellevue Hospital di New York, presentò un paper sui comics alla riunione annuale della American Orthopsychiatric Association, tenutasi a New York nel Febbraio 1941 in cui apprezzava i comics per il loro effetto “catartico”24.
L’idea che Marston propose a Gaines era che i più sani principi da includere nei comics sarebbero stati meglio rappresentati da una eroina femminile. Fu convincente e, ottenuta l’approvazione di Gaines, stese il primo soggetto nel Febbraio 1941: “Suprema, the Wonder Woman”25, che il curatore Sheldon Mayer ridusse semplicemente a Wonder Woman.
Come disegnatore venne scelto Harry G. Peter, allora sessantenne, assunto e stipendiato direttamente da Marston26. Peter abitava a New York dal 1907 e aveva conosciuto la disegnatrice femminista Lou Rogers. “Tra il 1912 ed il 1917, sia Peter che Rogers fornivano illustrazioni per la rubrica fissa pro-suffragio The Modern Woman della rivista Judge.”27 Su istruzioni di Marston, Peter preparò dei bozzetti28.
Diana, figlia della regina Hyppolita e poi nota come Wonder Woman, ebbe un succinto costume coi colori della bandiera americana, corpetto, shorts e stivali. Ebbe anche i bracciali che Olive era solita indossare e con cui Wonder Woman respingeva i proiettili. Hyppolita deteneva il Cinto Magico. Col suo influsso, grazie al potere che vi aveva infuso Afrodite, le Amazzoni erano immortali, finché non lasciavano l’Isola Paradiso29. Come altri supereroi, la principessa Diana (Diana Princess) assume la seconda identità di Diana Prince e si fa assumere come segretaria del Colonnello Darnell (Military Intelligence) per essere al corrente delle informazioni utili alla sua missione30.
La prima storia “Introducing Wonder Woman”, di cui abbiamo già detto, uscì su All-Star Comics #8, Dicembre 1941 firmata con lo pseudonimo “Charles Moulton”. In quello stesso mese di Dicembre, il giorno 7, forze aeronavali giapponesi attaccarono la base americana di Pearl Harbor nelle Hawaii, provocando l’ingresso degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale. In molte occasioni Wonder Woman combatterà i militari dell’Asse e la loro quinta colonna.
Le successive storie furono pubblicate sul mensile Sensation Comics dal Gennaio 1942. In una di esse Diana riceve dalla madre un “lazo magico”31 dagli straordinari poteri e che obbliga chi ne viene legato a dire la verità. Si tratta ovviamente di un riferimento al Lie Detector caro a Marston, anche se la Macchina della verità apparirà esplicitamente in alcune vignette.
Il successo fu immediato, se è vero che già dal Luglio 1942 Wonder Woman ebbe una rivista dedicata. Marston decise a questo punto di uscire dall’anonimato con il comunicato stampa “Noto psicologo rivelato autore del campione di vendite Wonder Woman”32. In diverse occasioni Wonder Woman avrebbe superato le vendite di Superman33.
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Paradiso Perduto – Le origini di Wonder Woman (Parte 3 di 3)
Originariamente pubblicato su doi.org/10.5281/zenodo.1254050 – Per gentile concessione dell’autore.
Per i dati biografici la fonte principale è Jill Lepore, The Secret History of Wonder Woman, First edition (New York: Alfred A. Knopf, 2014) ↩
Lepore, cit. Ch. 8. ↩
Lepore, cit. Ch. 14. ↩
Lepore, cit. Ch. 15; Ulteriori elementi, privi peraltro di conforto documentale, sono presenti nel film biografico di Angela Robinson Professor Marston and the Wonder Women, 2018. ↩
Lepore, cit. Ch. 16. ↩
William Moulton Marston, Emotions Of Normal People (Kegan Paul Trench Trubner And Company., Limited, 1928), archive.org/details/emotionsofnormal032195mbp. ↩
Per una analisi si veda Matthew Brown, Love Slaves and Wonder Women: Radical Feminism and Social Reform in the Psychology of William Moulton Marston, Feminist Philosophy Quarterly 2, n. 1 (8 luglio 2016), doi.org/10.5206/fpq/2016.1.1; e Bunn cit. p. 102ss. ↩
Brown, cit. p. 9. ↩
Lepore, cit. Ch. 16; Brown, cit. p. 14. Byrne ottenne il Master il Primo Giugno 1927, con la tesi “The Evolution of the Theory and Research on Emotions”. ↩
Lepore, cit. Ch. 17. ↩
Lepore, cit. Ch. 4. ↩
Lepore, cit. Ch. 18. ↩
Ne aveva uno in casa e lo faceva provare ai visitatori. ↩
Sterling North, “A National Disgrace”, Chicago Daily News, 8 Maggio 1940. ↩
Il testo completo del breve articolo si può trovare p.es. in David Hajdu, The Ten-Cent Plague: The Great Comic-Book Scare and How It Changed America (Farrar, Straus and Giroux, 2008) pp. 40-41 o anche online. ↩
Romanzi popolari, venduti a 10-15 centesimi di dollaro (1 dime = 10 Cent.). ↩
“National shame” in The Atlantic Monthly nel 1906 (David Hajdu, The Ten-Cent Plague, cit. p. 41 ↩
Riviste popolari stampate su carta scadente (pulp), molto diffuse nella prima metà del XX secolo. ↩
Nel Marzo 1934 Paul Moss, il funzionario competente di New York City, vietò la vendita delle riviste “indecenti” nei Newsstand. V. Douglas Ellis et al., a c. di, The art of the pulps: an illustrated history (San Diego, CA: IDW Publishing, 2017) p. 195. ↩
Amy Kiste Nyberg, Seal of approval: the history of the comics code, Studies in popular culture (Jackson [Miss.]: University Press of Mississippi, 1998) p. 6. ↩
David Hajdu, The Ten-Cent Plague, cit. p. 45; Bradford W. Wright, Comic book nation: the transformation of youth culture in America (Baltimore: Johns Hopkins University Press, 2001) p.31. ↩
ibid. Hajdu cita come compagnia All-American Comics, che in realtà era una rivista pubblicata da All-American Publications. ↩
“Don’t Laugh at the Comics,” Family Circle, 25.10.1940. in Lepore cit. Ch. 22 e Bunn cit. p. 106. ↩
David Hajdu, The Ten-Cent Plague, cit p. 46. Amy Kiste Nyberg, Seal of approval, cit. pp. 15-16. Frank rassegnerà l’incarico non approvando il contenuto dei comics nel Gennaio 1942 (Lepore, cit. Ch. 27 nota 22). Nel Febbraio 1944 Bender entrerà nel Comitato (ibid. nota 28). ↩
Dopo essere stato assunto come scrittore Marston lasciò il Comitato. ↩
Roy Thomas, Wonder Woman: the war years 1941-1945 (New York: Chartwell Books, 2015), p. 9. ↩
Lepore, cit. Ch. 23 che riporta esempi delle illustrazioni di Peter. ↩
Un esempio si può vedere in William Moulton Marston e H. G Peter, Wonder Woman: The Complete Dailies 1944-1945, 2014. p. 6. ↩
“Magic Girdle”, All-Star Comics #8, December 1941. Anche il cinto di Hyppolita è un retaggio della mitologia classica, v. i testi citati in precedenza. ↩
Sensation Comics #3, Marzo 1942, “A Spy in the Office”. In questa storia (Tavola 4) vediamo Diana Prince azionare un Lie Detector. ↩
“Magic Lasso” in Sensation Comics #6, Giugno 1942. ↩
Lepore cit. Ch. 26. ↩
Tim Hanley, Wonder Woman Unbound: The Curious History of the World’s Most Famous Heroine (Chicago: Chicago Review Press, 2014) p. 17. ↩