1963. Negli Urali, una spedizione archeologica ritrova cadaveri con il volto sfigurato e a Berlino il tentativo di rientro nel settore occidentale di una spia finisce in tragedia. Da questi eventi scaturisce e si dipana l’intreccio dell’ultima avventura di Blake e Mortimer, Otto ore a Berlino, firmata da José-Louis Bocquet e Jean-Luc Fromental (sceneggiatura) e Antoine Aubin (disegni – l’unico ad aver già lavorato alla serie) con i colori di Laurence Croix. Lo scioglimento della vicenda vede poi i due protagonisti incrociare le loro strade con quella di John Fitzgerald Kennedy nella storica giornata del 26 giugno, nel corso di una lunga sequenza che occupa quasi un terzo dell’intero albo.
La costruzione del racconto alterna trama investigativa e sequenze di azione frenetica, in una combinazione che risulta in chiarezza narrativa e ritmo sostenuto; come in molte altre avventure della coppia britannica, l’intreccio è sviluppato lungo due fili che corrono paralleli per poi riunirsi nel finale. L’atmosfera è resa attraverso la cura dei dettagli: architetture, paesaggi urbani e rurali, abbigliamento e mezzi di trasporto portano sulle tavole sia l’epoca sia tante altre storie in essa ambientate (si veda il tunnel dell’Operazione Gold, al centro di Lettera da Berlino di Ian mcEwan).
A dare vita a questa ricostruzione sono soprattutto alcuni personaggi di spalla, quelli che Blake e Mortimer incontrano lungo la loro strada: l’archeologa Olga Mandelstam (Fig. 1), il commissario Mikhail Bunin, l’editore Richard Mendoza, l’attrice Krista Hagen svolgono sì un ruolo funzionale, ma sono nondimeno delineati con rimandi al loro passato che ne fanno figure ben definite, ciascuna con una propria personalità e potenzialità narrativa. D’altra parte – seguendo l’impostazione tipica della saga -, questa è lasciata al livello di allusione a una ricchezza biografica e non diventa mai tema narrativo: la proposta di Paul Sante resta quindi lettera morta e il motore del racconto rimane sempre l’avventura con la usa catena serrata di eventi, colpi di scena, ostacoli imprevisti e risoluzioni ingegnose o avventate, applicate dai due protagonisti.
Dal punto di vista della rielaborazione delle strutture jacobsiane, merita segnalare la fluidità di molte sequenze che sfrutta e non subisce l’utilizzo di didascalie di collocazione spazio-temporale (si veda la sequenza dell’entrata di Blake nella clinica in Hegelstrasse, Fig. 2); d’altra parte, ritroviamo alcune modalità nella costruzione delle scene di azione, nella scelta della scansione attraverso le vignette, che rimandano al passato: esemplari in questo senso la fuga di Werner da Berlino Est (pp. 4-5), l’inseguimento automobilistico a Berlino Ovest (pp. 20-21) o anche l’azione di Mendoza e Blake nell’aeroporto di Schönefeld (pp. 56-58). Ancorata nella Storia, Otto ore a Berlino lascia poco spazio agli elementi fantastici e lo straordinario è limitato alle ricerche mediche che muovono il complotto criminale svelato dai due protagonisti: ruolo sicuramente importante, ma che resta nei limiti degli stratagemmi narrativi utilizzati in tanti racconti spionistici e che non ha quella visionarietà tipica di altri capitoli della saga. Ancora infelice, infine, è l’utilizzo di Olrik, che viene fatto agire come un elemento fuori controllo, buono per giustificare senza troppi problemi qualsiasi snodo o risoluzione: la sua personalità resta a livello di macchietta e ogni nuova apparizione la rende sempre più stereotipata. È inevitabile pensare che il ricorso a nuovi villain darebbe un contributo positivo ai racconti, nella misura in cui eviterebbero scioglimenti scontati e macchiettistici.
Il risultato è comunque un albo ben situato nella tradizione della serie, attento a valorizzarne le caratteristiche identitarie e a modernizzarne gli aspetti che rischierebbero di risultare obsoleti anche agli appassionati della saga di più lunga data. Non porta niente di nuovo, è indirizzato agli appassionati e non mostra ambizioni di allargarne la cerchia, ma segna almeno un notevole progresso rispetto al precedente L’ultimo Espadon, marcato da soluzioni narrative estemporanee e un utilizzo superficiale dell’ambientazione storica.
Al solito, oltre all’edizione standard l’avventura è disponibile in francese in una edizione “bibliophile”, con ampio apparato di bozzetti e tavole nella fase di matite.
Abbiamo parlato di:
Otto ore a Berlino
José-Louis Bocquet, Jean-Luc Fromental, Antoine Aubin, Laurence Croix
Traduzione di Giovanni Librando
Alessandro Edizioni, 2022
64 pagine, cartonato, colori – 18,99 €
ISBN: 9788892974012