Nel 2014, nel momento in cui i fumetti di Zerocalcare diventano qualcosa di molto prossimo a un fenomeno di massa (niente a che vedere con i firma-copie fiume di oggi, ma qualcosa che lasciava comunque intravvedere il tipo di successo a cui Michele Rech era destinato), l’autore di Dimentica il mio nome, appena candidato al Premio Strega, decise di utilizzare il suo mezzo, il fumetto, e la sua capacità di intercettare il quotidiano per portare i lettori in un viaggio sul confine tra Turchia, Siria e Iran.
Il viaggio di Zerocalcare in Rojava, che in un primo momento si traduce in un racconto a puntate su Internazionale, diventa un lungo reportage giornalistico raccolto sotto il titolo di Kobane Calling.
Il Kurdistan, laboratorio di diritti
Il viaggio in quelle zone di confine e conflitto era l’occasione per indagare il tipo di società e di scelte politiche che in quelle terre si stavano concretizzando attraverso il Contratto Sociale del Rojava: suffragio universale, parità di genere, laicità dello stato ed ecologia.
Kobane Calling è stato il volume capace di mettere le giuste pulci nelle orecchie e attenzionare una popolazione da anni sospesa tra uno stato di conflitto permanente, dal Daesh alla Turchia passando per la Siria, e la volontà di costruire qualcosa di nuovo a cui guardare.
A distanza di quasi un decennio da quella esperienza e dopo che il mondo è andato avanti, in qualche modo e nonostante tutto, il ritorno in quella zona del mondo, non la stessa, ma su questo torneremo dopo, è stato avvertito da Zerocalcare non come la necessità di dare un seguito al primo volume, ma come l’urgenza di farsi ancora una volta testimone di qualcosa che lontano lo sembra soltanto.
Importante osservare quanto la questione Kurda sia ancora oggi parte importante delle strategie diplomatiche internazionali. Mentre la nostra attenzione è rivolta al conflitto che si sta consumando in Ucraina, ad esempio, la diplomazia turca nel corso delle trattative per approvare la domanda della Finlandia di essere accolta nella NATO, ha preteso, e ottenuto, la consegna dei richiedenti asilo affiliati al PKK prima di dare il nullaosta.
Da Kobane a Shengal, conoscere per non dimenticare
In un contesto in cui quello che avviene lungo uno dei confini più delicati per lo stato di conflitto permanente, ma ricco di idee sul piano della progettualità politica e sociale incide sui destini di molte persone, No Sleep till Shengal mostra quanto il messaggio Kurdo sia stato in grado di viaggiare. All’autore non interessa tanto iniziare dove eravamo rimasti quanto di raccontare come il seme piantato in Rojava stia cercando anche altrove terreni fertili.
Tra le aree che i due libri raccontano la distanza non si misura in chilometri o anni; in mezzo c’è l’attivismo di cui Zerocalcare ha deciso da tempo di farsi portavoce e le riflessioni che il fumettista ha elaborato e condiviso sulla forma di società che nonostante tutto sta prendendo forma in Kurdistan.
Tra i due racconti c’è anche Orso, al secolo Lorenzo Orsetti che in Kurdistan è andato a combattere e morire per la liberazione dall’Isis e tutti quelli come lui che han visto in quelle aree, in quel conflitto, qualcosa di molto più importante che la difesa di un confine.
L’eco che il marchio Zerocalcare in testa a un libro consente (e la responsabilità con cui l’autore maneggia questo ‘potere’), permette anche di riflettere sull’abbandono della comunità internazionale, e il contestuale interesse Turco, nel momento in cui il popolo Kurdo non è stato più funzionale a contenere il terrorismo di matrice islamica che riguardava da vicino l’Europa, da Charlie Hebdo a Nizza, dalla metropolitana di Madrid a quella di Londra, da Bruxelles a Berlino.
Shengal, come per il Kurdistan, da cui è distante anche da un punto di vista culturale è in una zona pressata dalla Turchia, dalla Siria e dall’Iraq, paese di cui formalmente farebbe parte, e soggetta a pressioni tali che l’eterna domanda che chiunque si porrebbe intuendo la delicatezza e i pericoli di un viaggio di questo tipo: ma chi cazzo glielo fa fare? Zerocalcare la pone a se stesso a pagina due, rispondendo che è importante tornare a testimoniare del valore del confederalismo Curdo come modello, ma soprattutto perché quando nessuno parla, quando nessuno guarda, succedono massacri.
Viaggio verso gli Ezidi
Al centro del nuovo racconto, il Kurdistan è diventato un laboratorio, un’idea di società che si sta diffondendo in un area alla ricerca di un’identità, che sta coinvolgendo il popolo degli Ezidi, detentori di una cultura millenaria che affonda le sue radici in tempi remoti, precedenti alle tre grandi religioni monoteiste e storicamente invisa a tutte e tre.
Zerocalcare, socraticamente, sa di non conoscere abbastanza l’area e il suo popolo e sceglie la strada del dubbio, al punto di avere come interlocutore non solo il fido Armadillo ma anche un Cartesio versione Futurama (testa parlante sottovetro) che dissemina il volume delle stesse domande che accompagnano tanto il protagonista quanto i lettori.
Il viaggio occupa una parte importante del racconto non semplicemente perché oltremodo scomodo, ma soprattutto perché oggettivamente pericoloso. L’avvicinamento a Shengal è infatti un lungo percorso attraverso check point in terra di nessuno in cui sono evidenti le tensioni e un cui non mancano momenti reale preoccupazione.
Mentre si cerca di indagare sulle forza centrifuga che cerca di rendere estremamente isolata l’area che Michele Rech cerca di raggiungere, apprendiamo di come la politica ufficiale abbia affrontato la questione degli Ezidi.
La volontà ufficiale è quella di non riconoscere alcuna indipendenza a una popolazione che da un punto di vista religioso è vista come un’eresia. L’accordo del 2020 tra Siria, Turchia e Iraq prevedeva che l’area rimanga sotto la protezione irachena, un accordo fatto senza ascoltare il solo interlocutore fondamentale: gli Ezidi, le cui ragioni diventano più chiare quando vengono raccontati i fatti del 2 agosto del 2014 dei giorni che sono seguiti.
Il 2 agosto 2014
L’area, sotto minaccia ISIS, fu demilitarizzata in cambio di una promessa di protezione da parte dell’esercito iracheno, una promessa mai mantenuta.
La notte del due agosto iniziò da parte di ISIS un’offensiva che l’ONU non ha esitato
definire genocidio. Furono sterminati molti uomini, disarmati, e molte le donne imprigionate e deportate verso un destino che fa orrore solo intuire.
Un evento di una portata tale ha il potere di azzerare le discussioni e diffonde una cappa di angoscia che quasi sostituisce il cielo impossibile di quell’area del mondo.
L’architettura del racconto prevede che al viaggio e agli incontri si sovrappongano a flashback dei racconti che hanno anticipato la notte e il dolore che ne è seguito, in cui la attenzione alle interazione diventata la misura del lavoro di Zerocalcare è arricchita dal lavoro di ombreggiatura offerto da Alberto Madrigal e dai suoi pennelli.
Il tratto di Zerocalcare, le ombre di Madrigal
Là dove il tratto ormai noto di Zerocalcare si preoccupa di raccontare il percorso, alternando con la solita attenzione appunti di viaggio, riflessioni, risposte e dubbi, il lavoro di Madrigal completa il volume con le suggestioni offerte dai suoi acquerelli che non danno spessore solo al disegno ma anche alla traccia emotiva di cui vuol farsi portavoce.
L’attenzione ai grigi, le ombreggiature e persino la cura con cui alle volte vengono omesse permettono di avvertire in modo tangibile non solo il caldo e la profondità dei paesaggi di un paese arido e dall’orizzonte indefinito, ma anche il disagio e l’angoscia che trasudano mano a mano che il racconto si sviluppa.
Così come per il primo volume è di nuovo lo sguardo di una donna a chiudere il volume.
No sleep till Shengal si pone, come il suo predecessore, come un libro importante, spesso in modo inflazionato si dice necessario, che permette di leggere il nostro quotidiano con un vocabolario nuovo, più ricco e che dà un senso più completo a immagini e storie che spesso digeriamo, assieme alla cena, guardando i telegiornali.
Viviamo in una società in cui è molto facile usare a sproposito il termine rivoluzione. Ci sono zone del mondo in cui sofferenza e necessità spingono a fuggire e lottare e nei quali il cambiamento, la Rivoluzione non è solo una scelta, ma una necessità.
Zerocalcare continua ad avere, ed è probabilmente il suo maggiore talento, la capacità di trasformare la sua empatia in racconto, senza farsi professore ma per chiedere a chi legge di lasciarsi incuriosire. Si tratta di un tipo di racconto che non mette mai il testimone sopra l’interlocutore, ma sempre accanto.
Il premio Terzani
Tutte le ragioni che fanno di No sleep to Shengal un libro importante sono state ben sintetizzate dalla giuria che nell’aprile di quest’anno per la prima volta ha omaggiato un fumetto con il premio intitolato a Tiziano Terzani
“Michele Rech compie un viaggio coraggioso in Iraq, dentro la realtà contraddittoria e dolorosissima della comunità ezida di Shengal, minacciata dalle tensioni internazionali e protetta dalle milizie curde. Entra nella storia di conflitti che la geopolitica ha rimosso dalla sua narrazione e di cui nessuno vuol sentir parlare.
In veste di Zerocalcare, ci consegna un reportage di irresistibile presa fin dalla prima tavola, fin dal primo fumetto, che contiene già un universo di pensieri, una visione originale del mondo e il tarlo di una coscienza che è impossibile mettere a tacere.
Utilizzando la forza di una commovente autoironia, non nasconde la fragilità umana di un anti-eroe che può permettersi le paranoie di chi viene dal ‘primo mondo’. E proprio per questo ci assomiglia e ci parla: ci fa entrare nelle sue paure, reali o immaginarie, nei suoi dubbi, nelle sue perplessità. E nel suo perenne senso di inadeguatezza, che è anche il nostro. Usa le parole della quotidianità, elementari, sboccate, quasi di strada, teneramente pungenti. Mai addomesticate. E ci parla soprattutto attraverso il segno essenziale della sua matita, capace di costruire personaggi indimenticabili, icone del nostro tempo e maschere delle nostre nevrosi.
Un segno capace di restituire atmosfere e situazioni di dolore assoluto, che esigono silenzio, pudore e rispetto, perché nessuna parola potrebbe raccontarle. Per questa pietà senza retorica, che non rinuncia a immergersi nell’abisso di indicibili massacri, pur conservando lo stupore e l’innocenza dello sguardo; per la capacità di raggiungere i giovani e i meno giovani con un linguaggio contemporaneo, la giuria conferisce il Premio Letterario Internazionale Tiziano Terzani 2023 a Michele Rech-Zerocalcare per No sleep till Shengal“.
Abbiamo parlato di:
No Sleep till Shengal
Zerocalcare
Bao Publishing, luglio 2022
208 pagine, brossurato, bianco e nero – 23,00 €
ISBN: 9788832737493