Se dovessero chiedermi chi è l’autore più lanciato e prolifico del roster Marvel non avrei dubbi sulla risposta: Al Ewing. Dopo la gavetta sulla storica rivista 2000 AD, Ewing ha fatto il suo ingresso nel parco Marvel scrivendo tantissime serie e moltissimi eroi. Attualmente è al lavoro su l’Immortale Hulk, serie rivelazione degli ultimi anni, Guardians of the Galaxy e la serie fresca di debutto S.W.O.R.D., nata dalle ceneri dell’evento Empyre e inserita nel rilancio mutante di Jonathan Hickman. Proprio dalla miniserie cosmica appena conclusa in Italia parte la nostra intervista, che ripercorre la carriera dello scrittore dai suoi inizi fino ad oggi.
Ciao Al, Benvenuto su Lo Spazio Bianco e grazie per il tuo tempo.
Cominciamo dai tuoi inizi e da cosa ti ha condotto a diventare uno scrittore. Senza dubbio la fantascienza è uno dei tuoi più grandi amori, anche fuori dal campo dei fumetti: quali sono stati i lavori e gli autori che ti hanno influenzato di più?
Sono cresciuto leggendo un sacco di tascabili di fantascienza, sia romanzi di autori come Isaac Asimov, Larry Niven e Harry Harrison, sia antologie di racconti brevi, come la serie Spectrum, a cura di Kingsley Amis e Robert Conquest, che mi hanno fatto conoscere un’ampia gamma di stili e idee differenti. Come autori, mi piacciono molto Robert Sheckley e Philip K. Dick; recentemente mi sono appassionato ai racconti di J. G .Ballard, che consiglio vivamente a chiunque. Per scegliere un’opera su tutte, cito la raccolta di racconti The Secret Songs di Fritz Lieber: grandiosa, ma di difficile reperibilità.
Sei cresciuto (e vivi tutt’oggi) in Inghilterra: che tipo di fumetti leggevi da bambino? Sei sempre stato attratto dagli albi americani o hai letto anche fumetti europei?
Nel Regno Unito, quando ero giovane io, c’era una tradizione molto forte di fumetti per bambini – titoli antologici di strisce umoristiche di una pagina, incentrate su protagonisti particolari, come un bambino che amava scommettere, un ragazzo che scriveva sui muri, o ancora ragazzini che facevano scherzi elaborati. Ero un grande fan di una striscia chiamata Cliff Hanger, che era una specie di “scegli la tua avventura della settimana” che metteva in piedi un rompicapo narrativo la cui soluzione si trovava poi nella pagina della posta, storie piene di easter eggs e piccolo dettagli. A ogni modo, da lì sono passato ai fumetti d’avventura – di nuovo, antologie, ma questa volta con episodi di cinque pagine con protagonisti seriali. Su tutte campeggiava il settimanale 2000AD, il magazine sul fumetto di fantascienza rivoluzionario che viene ancora pubblicato e per il quale ho finito per lavorare negli anni 2000. Ma leggevo anche ristampe di supereroi Marvel. Quello che ha fatto la Marvel UK, una mossa davverp intelligente, è stato suddividere le storie originarie in blocchi di cinque o dieci pagine e pubblicare due o tre serie Marvel in una rivista antologica, che era quello a cui eravamo abituati in Inghilterra. Quindi avevamo titoli come Transformers, Spider-Man And Zoids e Secret Wars, che ristampavano il grande crossover Marvel degli anni ’80 insieme a serie come Alpha Flight. È stato così che ho scoperto tutti i supereroi Marvel.
Hai iniziato la tua carriera su 2000 AD, rivista-istituzione del fumetto britannico e fucina di autori che spesso poi si sono trasferiti nel fumetto di oltre oceano. Qual è secondo te il segreto che si cela nella redazione della rivista capace di sfornare a rotazione talenti del fumetto?
2000AD fa una cosa estremamente importante per i talenti del fumetto britannico: accetta e valuta le proposte di chiunque abbia un’idea per una storia a fumetti, leggendo e valutando sei mesi all’anno tutte le proposte che giungono in redazione. Il magazine completa la scaletta di ogni numero con storie brevi dal finale spiazzante, le Future Shocks, e le varianti horror chiamate Terror Tales, dove ho esordito io. Ovviamente, per proporti devi seguire delle linee guida, controllare l’ortografia e la tua idea deve essere interessante – non pubblicano tutto ciò che gli arriva, anzi gli standard sono alti – ma comunque sia svolgono un lavoro molto utile per gli autori esordienti. Ultimamente poi, piuttosto che aspettare che arrivino proposte di nuovi autori, stanno anche impostando un lavoro di scouting, che senza dubbio porterà a un miglioramento costante della qualità dei fumetti pubblicati. Credo che sia questo il segreto principale della rivista, oltre al fatto che le storie brevi insegnano agli autori a condensare l’azione in poco spazio, che è un ottimo allenamento in vista di un possible passaggio al formato dei comic book americani.
Uno dei tuoi primi lavori in Marvel è stato sulla testata Mighty Avengers. In questo fumetto hai scelto di creare una squadra composta esclusivamente da eroi afroamericani, dando vita a una serie di avventure ancora oggi rilevante. Pensi che questo tipo di storie, rivolte a comunità diverse, possano trasmettere messaggi positivi e contribuire all’educazione delle giovani generazioni?
In verità non era completamente composta da membri afroamericani, c’erano anche Spider-Man e She-Hulk, per esempio: tutto nasceva da un’idea editoriale ben definita dapprima che diventassi l’autore della serie, con l’obiettivo di avere un titolo degli Avengers che fosse più rappresentativo del mondo contemporaneo rispetto a quanto era stato fino ad allora. Quindi non posso prendermi tutto il merito. Ma, per rispondere alla domanda, sono convinto che, a molti livelli, i fumetti possono trasmettere messaggi positivi ed educare. Una rappresentazione inclusiva è solo uno dei fattori, ma molto importante: quando i lettori vedono qualcuno in cui si riconoscono in un fumetto, ciò ha un valore significativo. Non è così ovvio per coloro che sono già ben rappresentati nel mondo dell’intrattenimento: se uno è già abituato a riconoscersi nei media che consuma, potrebbe non capire perché è un grosso problema non essere rappresentati. Anzi, qualcuno potrebbe anche essere infastidito dal fatto che una tale rappresentazione possa esistere – potrebbe sembrare irrealistica o addirittura esagerata, essendo troppo abituato a quanto visto finora. Ho visto i lettori reagire in questo modo all’aumento della presenza nei fumetti del BIPOC (acronimo tratto dalla lingua inglese, che sta per Black, Indigenous, & People of Color, in Italia al momento non ancora molto diffuso – n.d.t.). Ma questo fa parte del valore dell’educazione.
Parliamo ora di una delle serie più sorprendenti di questi ultimi anni: Immortal Hulk! Siamo tutti d’accordo sul fatto che nessuno, forse nemmeno tu, avresti potuto prevedere un successo così sorprendente. La serie ha una forte componente psicologica, uno dei tratti che ha fatto la fortuna di Hulk già in passato, ma anche un fortissimo elemento horror. Perché hai scelto questa direzione e cosa pensi che renda questa versione del personaggio così interessante per lettori e critica?
Assolutamente, non avevo previsto quanto il successo che avrebbe avuto. Ero molto fiducioso che sarebbe stata una serie di Hulk solida e acclamata dalla critica, ma è stata anche qualcosa di più. In termini di “perché” di questo successo, penso che molto sia derivato dalle storie precedenti. In pratica, Bruce Banner era stato ucciso durante Civil War II e stavamo cercando di riportarlo indietro, e questo ci ha suggerito l’idea di una versione horror. E, da un punto di vista tematico, il fumetto di Hulk è stato un fumetto dell’orrore fin dagli esordi. È così che tutto iniziò: un mostro che si aggira per il mondo, di notte. Quindi per molti lettori che hanno familiarità con il personaggio, il nostro è stato un adattamento naturale, quasi come il ritorno di Hulk alle sue radici, mentre allo stesso tempo raccontiamo una storia profondamente ambientata nella contemporaneità.
Una delle caratteristiche più interessanti della tua visione di Hulk e della sua famiglia è la loro drammatica fragilità: sono esseri mostruosi, molto potenti, che non possono morire, eppure in diverse occasioni mostrano paure e debolezze. Di cosa può avere paura un essere quasi onnipotente: non essere amato? O perdersi completamente?
Essere spazzato via come individuo, con tutto ciò che resta ridotto a una forza distruttiva e immortale – questo è più o meno quello che succede se Hulk perde le battaglie più grandi del fumetto. Quindi, sì, questo è quello che deve temere. In senso più ampio, tutti i supereroi sono immortali, in una certa misura, quanto meno i più importanti. Tutto ciò che devono temere è l’oblio, ma anche allora vivranno come merce: i loro simboli, incisi su plastica non biodegradabile, hanno ottime possibilità di sopravvivere alla razza umana. Quindi, una volta tolta la morte dal tavolo, cosa resta loro? È una domanda che viene spesso posta con orrore: cosa c’è di peggio che morire? Penso che ciò sia più interessante che minacciare Hulk con un’altra scazzottata.
Ogni episodio della serie inizia con una citazione letteraria (spesso biblica). Cosa viene prima quando crei una storia: l’incipit che la ispira o adatti la citazione all’episodio dopo che l’hai scritto?
La citazione arriva sempre per ultima e la scelgo in modo che si adatti alla storia. È abbastanza difficile, a volte, trovare una citazione che funzioni – ho passato intere giornate a cercarne una in alcuni casi – quindi questo è un aspetto che non mi mancherà quando la serie si avvierà verso la sua conclusione.
Il ciclo di storie in cui Hulk combatte contro Roxxon, Dario Agger e Xenmu suona come una critica molto forte alla società occidentale e gli episodi sono anche permeati da un chiaro messaggio ambientale. Pensi che includere riflessioni sulla nostra società in un fumetto di supereroi possa veicolarle meglio di altri media? Non c’è il rischio che il messaggio venga diluito dalla componente più leggera della storia?
Non credo che i fumetti di supereroi funzionino meglio di altri media per trasmettere messaggi – per dire, altri media hanno una portata più ampia. Immortal Hulk ha avuto molto successo per essere un fumetto di supereroi, ma anche così, il numero dei lettori è nulla in confronto a quello degli spettatori di un film. Ma questo non è un motivo valido per lasciare le riflessioni sulla nostra società fuori dai fumetti di supereroi – non credo che si potrebbe comunque farlo, senza rischiare di rendere intenzionalmente il lavoro più blando e noioso. Tutta l’arte è politica, perché anche la decisione di eliminare la politica dall’arte è una decisione politica, quindi non è possibile fare arte che non dica qualcosa – è solo una questione di controllare ciò che vuoi che dica.
In termini di diluizione del messaggio, non credo che rendere divertente una storia danneggi il messaggio che decidi di trasmettere. E devo ancora incontrare uno scrittore o un artista che voglia che il suo lavoro non sia divertente.
Passiamo al lato cosmico della tua meravigliosa esperienza: Ultimates II, Royals, Rocket, Guardians of The Galaxy e, infine, Empyre. La Casa delle Idee sembra averti dato le chiavi del suo lato cosmico per il tuo divertimento. Cosa ti affascina di questo lato dell’universo Marvel? C’è un personaggio di cui non hai ancora scritto che vorresti scrivere?
Questa è una domanda delicata, perché ogni personaggio che cito è il lavoro di qualcun’altro, ora o in futuro. Quindi questa domanda è “di chi voglio il lavoro? Di chi dovrei prendere il posto? ” Ho idee per personaggi e storie che voglio raccontare, ma questa è una questione tra me e la redazione. Detto questo, non mi dispiacerebbe esplorare un po’ il lato magico dell’Universo Marvel e ci sono molti personaggi diversi con cui potrei farlo. Il punto è che ciò che mi piace dei personaggi cosmici è che posso fare molto con loro senza dovermi preoccupare di cosa accade sulla Terra. Posso andare un po’ nella mia direzione, senza preoccuparmi di rovinare le cose agli autori che hanno a che fare con i supereroi terrestri. Questo può essere molto utile in termini di pianificazione di grandi ritmi.
Parlando di personaggi, nel tuo ciclo su Ultimates, Galactus diventa il Portatore di Vita, assumendo effettivamente per la prima volta un ruolo diverso nell’Universo Marvel. Cosa ti affascina di questo personaggio e come ti è venuta l’idea per questo cambiamento? Affronterai il fatto che ora è, beh … morto?
In Ultimates volevo usare un personaggio che avesse un ruolo importante da svolgere altrove: questi stava già ricoprendo un ruolo importante in un’altra serie e quindi, alla fine, l’idea non era fattibile. Però stavamo già pensando a Galactus, la prima minaccia che avevano affrontato, e ho iniziato a chiedermi se proprio Galactus non potesse diventare un membro della squadra, e che cosa sarebbe stato necessario affinché ciò accadesse. Alla fine, l’idea di fare qualcosa di nuovo e originale con un personaggio che era praticamente diventato una battuta finale nei libri di umorismo- era troppo appetitosa per lasciarsela sfuggire. Per quanto riguarda il fatto che sia morto, abbiamo finito per usarlo per una battuta nello speciale Immortal She-Hulk, quindi non l’ho ignorato del tutto. Penso che la maggior parte degli eroi spaziali siano troppo occupati per preoccuparsi davvero della portata di una notizia del genere, che è un qualcosa che sono sicuro tutti ben conosciamo di questi tempi.
Cosa ti affascina, in particolare, dei Guardiani della Galassia e quali sono le storie passate che hanno maggiormente influenzato il tuo progetto?
Sono fortemente influenzato dalle storie del periodo di Annihilation – il lavoro di Giffen e Abnett /Lanning, la serie di Nova, tutto quel materiale. Ma mi interessano anche le storie originali di Star-Lord e i piani fatti da Steve Englehart per quel personaggio. Dato che i personaggi spaziali sono così fantascientifici, mi sembra che molti elementi mistici non siano stati realmente esplorati, al tempo in cui ce n’erano molti di più nel mix. Inoltre, mi piace l’idea di un intero settore dell’Universo Marvel in cui puoi costruire e far cadere interi imperi in un modo che non puoi fare sulla Terra Marvel, senza intralciare tutti.
Parliamo finalmente di Empyre. In questo evento, con Dan Slott e Valerio Schiti avete cambiato radicalmente le carte del cosmo Marvel. Come è nata l’idea di questo evento? Quale responsabilità ti assumi per aver raccolto l’eredità di storie come la Guerra Kree/Skrull War e la Madonna Celestiale?
È iniziato tutto come un crossover tra Avengers e Fantastici Quattro, quindi volevamo qualcosa che avesse un impatto su entrambe I gruppi e avesse gioco sulle loro storie. Dan, da esperto di continuity qual è, si è ricordato dei Cotati e di come era iniziata la guerra Kree/Skrull. Ero molto interessato a quelle idee mentre mi baloccavo con i fili della Guerra Kree/Skrull nelle storie che stavo scrivendo con Hulkling. Quindi tutto è confluito molto rapidamente. In termini di recupero di vecchie eredità e sviluppi di trama, penso che ci sia la responsabilità di riusare vecchi plot e raccontare con essi nuove storie. Non credo che ci sia nessuna situazione narrativa alla Marvel che non possa evolversi per raccontare un intero gruppo di nuove storie: certo è che riunire insieme gli imperi Kree e Skrull mi ha regalato molte nuove potenziali trame e direzioni.
Nella miniserie hai anche avuto modo di scrivere nuovamente Hulkling e Wiccan, personaggi che hai già usato sulle pagine di New Avengers e ai quali sembri essere molto legato. È piacevole e toccante che tu abbia trovato del tempo in un avvenimento così denso per concentrarti sulle loro caratterizzazioni e sulla loro relazione. Come ti sei sentito mentre scrivevi l’ultima pagina del quarto numero e la prima parte del numero successive di Empyre, un enorme cambiamento per questi due personaggi?
Nei piani iniziali, avrebbe dovuto svolgersi tutto nell’epilogo, che doveva essere un albo sul matrimonio, cosa che abbiamo finito per fare comunque. Ma durante una riunione creativa – e penso che sia stato Joe Quesada ad avere questa idea – abbiamo discusso della possibilità che fossero già sposati e usare quella rivelazione come una sorpresa. Il bello è che questo ci ha regalato l’opportunità di fare una sorta di “cliffhanger carino” – troppo spesso l’ultima pagina di un fumetto si basa sul tenere i lettori in apprensione per la sorte dei loro personaggi preferiti per un mese fino a quando non prendono in mano il numero successivo. Mi è piaciuto lasciare felici ed entusiasti molti dei nostri lettori per un mese. E poiché abbiamo dovuto collocare il matrimonio in un periodo di tempo piuttosto breve in termini di una continuity che era già stata stabilita, significava che avremmo potuto organizzare un gran bel “matrimonio spaziale” oltre a quello. Quindi i fan di Wiccan e Hulkling hanno potuto avere due diverse scene di “puoi baciare lo sposo”, il che penso sia carino.
Sono tanti i personaggi in evidenza in questo evento, dalla Cosa a She-Hulk, da Captain Marvel allo Spadaccino. Ma uno dei più sviluppati è stato senza dubbio Pantera Nera, che si pone come un vero e fiero leader tra tutti gli altri eroi, adempiendo al ruolo che Jason Aaron gli ha dato già nei suoi Avengers. Cosa ti piace di questo personaggio? Qual è stata l’interpretazione di T’Challa che ti ha influenzato di più?
Sono contento che quello che abbiamo fatto con Black Panther sia stato apprezzato! Mi piace che sia parecchi passi avanti a tutti, che sia l’eroe più abile del pantheon Marvel. C’è spazio in lui per l’umanità – a volte ha la possibilità di sbagliarsi, il che è importante in un personaggio – ma è assolutamente la persona più intelligente in ogni situazione in cui si trova, e avrà sempre quell’asso nella manica che sorprenderà tutti. E questo è qualcosa che probabilmente ho preso dalla meravigliosa serie di Christopher Priest degli anni 2000, che ha ridefinito il personaggio prendendolo sul serio.
La conclusione di Empyre: Aftermath Avengers ha lasciato i fan in subbuglio e l’esordio di S.W.O.R.D. ha aumentato ancora di più l’entusiasmo. Ti chiediamo quindi cosa avete programmato tu e Valerio Schiti per questa serie, anche se so che dovrai ucciderci tutti dopo che ci avrai detto che …
Non possiamo rivelare nulla. Ma quella scena alla fine di Empyre era una sorta di promessa – che questi personaggi non si limiteranno ad appassire, ma avranno nuove storie. Vi abbiamo mostrato un piccolo pezzo di una di quelle storie: adesso non vi resta che seguire S.W.O.R.D.
Intervista realizzata tra novembre 2020 e gennaio 2021 via mail.
Traduzione di David Padovani
Al Ewing
Britannico classe 1977, Al Ewing fa il suo esordio sulla storica rivista 2000 AD, per la quale realizza alcune storie del giudice Dredd, prima di lavorare con Brendan McCarthy sulla serie The Zaucer of Zilk, e poi su Damnation Station e Zombo con Henry Flint.
Il debutto nel mercato statunitense avviene quando Garth Ennis lo sceglie per fargli realizzare un arco narrativo su Jennifer Blood per la Dynamite Entertainment. Da allora la sua carriera non si è più fermata: per Marvel Comics realizza numerosissime storie dei Vendicatori (Mighty Avengers, New Avengers e U.S.Avengers), storie cosmiche (Ultimates, Royals, Rocket, Guardians of the Galaxy) e legate al mondo più mistico e mitologico della casa delle idee (Loki: Agente di Asgard e Jane Foster: Valchiria). La consacrazione arriva con l’acclamata Immortal Hulk e la miniserie evento Empyre.
Nel frattempo ha avuto anche tempo di lanciare una serie creator-owned per BOOM!Studio, ovvero We only find them when they are dead in coppia con l’Italiano Simone Di Meo, che si è distinta come uno dei numeri uno con più copie vendute nel 2020.