Migliaia di autori, centinaia di migliaia di storie, milioni di tavole: la vastità della letteratura supereroica rende l’obiettivo di una sua conoscenza diretta, capillare e completa semplicemente velleitario.
La complessità delle relazioni che intercorrono fra i vari elementi contribuisce con un’ulteriore grado di difficoltà a rendere improponibile a priori l’impresa. Allo stesso tempo, questa abbondanza e varietà di materiale, unita alla la lunghezza dell’arco temporale sul quale si estende la sua produzione, la rendono un campo di ricerca con caratteristiche uniche per lo studio e l’analisi di modelli del ciclo di vita di una forma letteraria.
Lo sguardo distante sul fumetto supereroico ha portato a molteplici definizioni di periodi (età, ages), che derivano da particolari visioni su tale mondo e sulle sue dinamiche.
Qui presentiamo quattro periodizzazioni: quella “base”, nota in una sua qualche versione a gran parte dei lettori e molto utilizzata nell’ambito del collezionismo (vedi a esempio il sito milehighcomics.com); quella di Ken Quattro, legata alle influenze culturali e sociali sul fumetto; quella di Randy Duncan e Matthew J. Smith, legata alle trasformazioni dei contenuti e delle attività industriali e quella di Grant Morrison, frutto dell’alternanza del gusto. Un coda, daremo spazio all’indagine sull’evoluzione dei generi letterari svolta da Franco Moretti nel suo Maps, Graphs, Trees, che mette in evidenza alcune caratteristiche del loro ciclo di vita. Tutte queste proposte offrono numerosi spunti di riflessione, che sfrutteremo nel seguito di questa serie di articoli.
Il Modello Base: Oro, Argento, Bronzo…?
La più diffusa periodizzazione della narrativa supereroica riprende la suggestione classica dei nomi delle Età della storia umana proposte da Esiodo ne Le opere e i giorni (VII sec. a.C.): il poeta greco codificò cinque ere: oro, argento, bronzo, degli eroi e ferro, che descrivono un percorso di progressivo peggioramento delle condizioni di vita.
Le età fumettistiche non hanno questa notazione di decadenza, ma il ricorso a questa immagine è interessante perché, per assonanza con i racconti mitologici, suggerisce il vivo potere ispiratore delle storie del passato per quelle del presente.
Anche di questa classificazione, che chiameremo Modello Base, esistono varie versioni; quella forse più tipica è la seguente:
- Golden Age (1938 – 1955): dalla prima apparizione di Superman (Action Comics #1, aprile 1938);
- Silver Age (1956 – 1972); dalla reintroduzione di Flash (John Broome, Robert Kanigher; Carmine Infantino, Joe Kubert: Showcase #4, ottobre 1956);
- Bronze Age (1973 – 1985): dalla morte di Gwen Stacy (Gerry Conway, Gil Kane: Amazing Spider-Man #121, giugno 1973);
- Modern Age (1986 – presente): dalla pubblicazione de Il ritorno del Cavaliere Oscuro (Frank Miller) e Watchmen (Alan Moore, Dave Gibbons).
Questa periodizzazione in quattro fasi è probabilmente la più diffusa, seppur con alcune varianti sugli eventi che segnano il cambio di periodo, almeno a livello degli appassionati. Non segue un criterio definito, tuttavia, pur senza pretendere di offrirne una spiegazione, cattura l’evidenza sensibile a ogni lettore che i supereroi e le loro storie sono profondamente diversi fra loro in quei quattro periodi.
Alternative a questa sequenza propongono variazioni negli eventi che marcano i passaggi e sono particolarmente interessanti poiché, proprio tramite la scelta del punto di svolta, offrono spunti di riflessione/prospettive su caratteristiche importanti del mondo del fumetto supereroico.
Un esempio sono le proposte riguardo l’evento simbolo che marca l’inizio della Silver Age: la modifica del Comics Code che permise la trattazione di alcuni argomenti prima vietati, quali l’uso di droghe, purché secondo un’ottica negativa (1971); l’inizio della run di Denny O’Neil e Neal Adams sulla coppia Green Lantern – Green Arrow (1970: questa ha portato, fra gli altri alla vicenda di Snowbirds Don’t Fly – 1971 -, sulla tossicodipendenza del giovane sidekick Speedy); l’aumento del prezzo degli albi da 12p (1969).
Abbiamo quindi l’indicazione di un diverso rapporto fra società e fumetto, un particolare modo di scrivere storie; una variazione delle condizioni di mercato: aspetti diversi, che indicano altrettanti campi di indagine sui fattori di evoluzione.
Per la Modern Age abbiamo la proposta di farla iniziare comunque nel 1986, ma scegliendo come evento rappresentativo la saga DC Crisi sulle terre infinite (Comicvine): il senso è che questa fase si caratterizzi più in base alla tattica editoriale dei reboot che a quel particolare approccio (decostruzionista/revisionista) alla definizione del supereroe utilizzato da Moore e Miller. Ancora: tattiche di mercato vs. strategie narrative.
In generale, il Modello Base assume che l’età corrente del fumetto supereroico sia quella iniziata nel 1986.
Ne esistono tuttavia varianti che articolano l’ultimo trentennio in varie fasi. Ad esempio, Greg Burgas, nel suo articolo What should we call this age of comics?, ne individua quattro, legate alla vita delle case editrici:
- Dark Age (1986 – 1992): dalla pubblicazione di The Dark Knight Returns e Watchmen.
- Baroque/Image Age (1992 – 1998): dalla fondazione della Image al crollo del mercato delle speculazioni sulle edizioni da collezione.
- Dynamic Age (1998 – 2004): dall’inizio della gestione di Bill Jemas e Joe Quesada della Marvel Comics.
- Modern/Nostalgic Age (2004 – ?) da quando Dan DiDio diventa executive editor della DC, Geoff Johns rileva Green Lantern e Brian Michael Bendis The Avengers.
La prospettiva di Burgas è chiara: motore dell’evoluzione del fumetto supereroico sono le politiche delle case editrici; sono le loro scelte a definire il “sistema” che produce il fumetto e quindi, a determinarne le caratteristiche culturali in senso lato: tematiche, approcci, lettori di riferimento e linguaggio.
Ken Quattro: le Ere
Nel suo articolo The New Ages – Rethinking comics book history, Ken Quattro affianca al concetto di età quello di era, che considera le “tendenze ed influenze che hanno interessato il fumetto [in generale]“; lo sviluppo risultante ha quindi due componenti, secondo lo schema seguente:
- Golden Age (1938 – 1949)
– First Heroic Era (1938 – 1955); - Genre Age (1950 – 1958)
– Code Era (1955 – 1958);
– Second Heroic Era (1956 – 1986); - Silver Age (1958 – 1968)
- Neo-Silver Age (1968 – 1986)
- Post-Heroic Age (1986 – presente)
– Third Heroic Era (1986 – presente).
Riguardo alla periodizzazione, due le differenze evidenti rispetto al Modello Base: la considerazione dell’impatto del Comics Code e l’estensione della Second Heroic Era.
Il Comics Code costituì una discontinuità nello sviluppo del fumetto statunitense in generale e supereroico in particolare, con pesanti impatti sulle case editrici (anzitutto la EC di William Gaines, ma si pensi anche alla Atlas di Martin Goodman). La lunghezza della Second Heroic Era indica che il trentennio 1956 – 1986 fu caratterizzato da un medesimo approccio di fondo, che le Silver e Neo-Silver Ages traducono in modo specifico.
Il punto di maggior interesse nella proposta di Quattro è nel considerare l’evoluzione della narrativa supereroica come risultato di più componenti, non necessariamente interne al mondo del fumetto.
Chiara l’idea di partenza, la distinzione fra età ed ere non appare tuttavia ben definita; soprattutto, l’esposizione in forma di cronologia non chiarisce il loro rispettivo ambito. In particolare, se la Code Era appare conforme al progetto iniziale di delineare influenze, non è chiaro perché allora ci sia una Genre Age, piuttosto che una Genre Era. Allo stesso modo, non si capisce perché il passaggio fra Silver e Neo-Silver Age sia, appunto un cambio di età e non di era. Inoltre, le stesse Heroic Eras non hanno caratteri ben definiti. Nonostante queste ambiguità, l’idea di base di una periodizzazione influenzata da più elementi fra loro distinti è particolarmente stimolante e ne proporremo un’applicazione in un prossimo articolo di questa serie.
Randy Duncan e Matthew J. Smith: articolazione delle Ere
Nel loro The Power of Comics, Randy Duncan e Matthew J. Smith propongono non solo una periodizzazione (in “ere”) del fumetto supereroico collegata all’evoluzione generale del fumetto, ma anche un’articolazione interna delle ere stesse, contraddistinta da una fase iniziale (inception), da un culmine (flashpoint) e da degli effetti duraturi sul mondo del fumetto.
L’idea portante è che le ere non sono fasi fra loro autonome e distaccate, bensì parzialmente sovrapposte: ciascuna era, quindi, ospita e nutre semi e prime espressioni (tentativi, esplorazioni) della successiva. Inoltre i due studiosi sottolineano gli effetti duraturi, le conquiste, l’eredità, che ogni era lascia dietro di sé. Di seguito la periodizzazione proposta1.
- Era of Retrenchment
– Inception: 1952 – Competizione con la TV; picco e declino dell’industria del fumetto.
– Flashpoint: 1954 – Seduction of the Innocent (Frederick Wertham, saggio sull’influenza negativa dei fumetti sull’educazione dei ragazzi) e Comics Code Authority
– Effetti duraturi: vincoli al contenuto dei fumetti mainstream; limitazione della complessità narrativa. - Era of Diversification
– Inception: 1940 – Planet Comics #1 (science fiction), Wings Comics #1 (aviation), Walt Disney’s Comics & Stories (funny animals).
– Flashpoint: 1947 – William Gaines eredita la Educational Comics (EC).
– Effetti duraturi: definizione di numerosi generi che sono stati riproposti e modificati dagli autori nel corso del tempo. - Era of Proliferation
– Inception: 1934 – Famous Funnies #1
– Flashpoint: 1938 – Action Comics #1 (esordio di Superman)
– Effetti duraturi: associazione fra il genere supereroico e il formato comic book. - Era of Connection
– Inception: 1956 – Showcase #4 (reintroduzione di Flash)
– Flashpoint: 1962 – Amazing Fantasy #15 (esordio di Spider-Man).
– Effetti duraturi: la fallibilità degli eroi porta alla definizione dell’antieroe; nascita del comics fandom. - Era of Independence
– Inception: 1958 – pubblicazione della rivista Humbug (In effetti il periodico, diretto da Kurtzman, iniziò la pubblicazione nel 1956; il 1958 fu l’anno della sua chiusura)
– Flashpoint: 1968 – Zap #1 (Robert Crumb – Apex Novelties); His Name Is Savage (Gil Kane, Archie Goodwin, sotto lo pseudonimo Robert Franklin – Kanés Adventure House Press).
– Effetti duraturi: l’emersione del fumetto alternativo e della piccola editoria consente di svincolarsi dai limiti tradizionali del mainstream. - Era of Ambition
– Inception: 1978 – A Contract with God (Will Eisner – Baronet Book)
– Flashpoint: 1986 – Maus (Art Spiegelmann), Watchmen, The Dark Knight Returns
– Effetti duraturi: lavori ambiziosi che ricevono attenzione dai media mainstream. - Era of Reiteration
– Inception: 1986 – The Man of Steel (John Byrne, Dick Giordano)
– Flashpoint: 1994 – Marvels (Kurt Busiek, Alex Ross), l’evento Zero Hour per la DC
– Effetti duraturi: Gli editori mainstream si rivolgono a un pubblico più piccolo e specializzato.
Duncan e Smith considerano il fumetto nella sua generalità e quello supereroico ne è considerato semplicemente un ambito, certo particolare e importante, ma non un “a parte”: non è isolato, non c’è una barriera ma semmai una membrana porosa, che permette lo scambio di esperienze e la trasmigrazione di autori (si pensi a Scott McCloud, Jean Marc DeMatteis, Kurt Wagner).
Considerando il fumetto supereroico, nella scansione proposta è particolarmente interessante la coincidenza del culmine dell’Era of Ambition con l’inizio dell’Era of Reiteration, il cui nome, specificano gli autori, pone di fatto l’accento sul mainstream fumettistico. Per Duncan e Smith il senso di questa prospettiva non sta tanto nel fatto che ciò che aveva innescato la svolta diventa formula per definire una zona di conforto per editori, autori e appassionati, considerazione valida per ciascuna fase, quanto una sorta di nostalgia di scenari meno complicati.
A parer nostro il punto è probabilmente un altro e risiede nel fatto che la discontinuità indotta dall’Era of Ambition appare più dirompente rispetto alle precedenti, poiché è quella che ha dato al fumetto il riconoscimento del mondo esterno.
Il fumetto (anche quello supereroico) è, in questo senso, normalizzato e si affianca alla letteratura scritta, al cinema, alle altre forme espressive. Questa è la vera e definitiva “perdita dell’innocenza”, più ancora che la morte di Gwen Stacy, poiché è in forza di ciò che il fumetto è diventato finalmente adulto e parte del mondo degli adulti. Per quanto possiamo vedere, questo costituisce un punto di non ritorno e da allora in poi il fumetto (nel suo insieme, quello supereroico in particolare) ha nutrito un florido filone di riflessione su se stesso, secondo il modello di romanzo di formazione, dove il protagonista è il genere stesso.
In questo senso, l’Era of Ambition ha cambiato non solo il modo di scrivere supereroico, ma anche quello di leggerlo, cioè il patto standard fra opera e lettore: la consapevolezza delle strutture del genere ha assunto un ruolo sempre più importante nella definizione del lettore modello e dell’opera tipica.
Ed è il punto che probabilmente sfugge a Kurt Busiek, quando presenta il suo progetto Astrocity come reazione a Watchmen e alla decostruzione del supereroe:
“Sono più di dieci anni che smontiamo il supereroe; è ora di rimetterlo insieme”2.
La sua dichiarazione d’intenti è riconducibile all’ipotesi di Duncan e Smith sulla nostalgia di dinamiche, se non più semplici, almeno centrate sul racconto stesso, ma la realtà (almeno a giudicare dall’accoglienza, cioè dalle analisi e recensioni che testimoniano la modalità di lettura standard) è che Astrocity è letto come una riflessione sulla trasformazione della figura del supereroe e delle sue storie; quindi come un esempio di quella decostruzione che intende rifuggire.
Grant Morrison: lo spirito ciclico dei tempi
Nel suo Supergods Grant Morrison espone un modello dei cicli supereroici basato sulle oscillazioni, di quello che potremmo chiamare lo spirito dei tempi, fra due polarità: l’una “punk”, contraddistinta da aggressività, materialismo, individualismo e uso di droghe stimolanti come la cocaina; l’altra “hippie”, dove predominano l’interesse per temi quali la spiritualità, il comunitarismo, l’espansione della mente e l’uso di droghe psichedeliche (Grant Morrison: Supergods, pagg. 327 – 331).
La durata di questi cicli è di undici anni e per questo finiscono per avere una somiglianza cronologica con quelli, circa decennali, proposti da Ken Quattro. Al di là delle motivazioni profonde proposte dall’autore scozzese (i cicli sarebbero indotti dai cicli undecennali delle macchie solari), gli esempi a sostegno sono scelti in modo particolarmente efficace; le due categorie finiscono tuttavia per avere al loro interno svariate articolazioni e modulazioni al punto che, nel complesso, quello che rimane è l’osservazione che il pubblico si assuefà e quindi si stanca di racconti che diventano ripetizione di una formula e che cerca qualcosa di nuovo.
Come Duncan e Smith, anche i cicli di Morrison sono parzialmente sovrapposti e in ogni ciclo si sviluppano le radici del successivo.
Franco Moretti e la vita dei generi letterari
I generi letterari sono passeggeri: nascono, si sviluppano e poi si inaridiscono: a questa osservazione, ragionevole secondo l’esperienza del lettore medio, lo studioso statunitense Franco Moretti ha tentato di dare una conferma in base all’analisi della produzione letteraria.
Secondo i dati presentati nel suo Graphs, maps and trees, un genere letterario compie il suo intero ciclo di vita nell’arco di circa venticinque anni.
Moretti sottolinea come proprio la regolarità di questo ritmo costituisca il maggiore enigma: se l’affermazione e il declino di un genere è ragionevolmente ascrivibile ad una qualche forma di interazione fra la capacità di sintonia con lo spirito dei tempi (ovvero: pone e investiga le questioni più sentite) e evoluzione del linguaggio narrativo, che cosa fa sì che una forma espressiva risulti soddisfacente per circa un quarto di secolo e poi venga abbandonata?
Può questo essere un’indicazione, dell’avvicendarsi di “generazioni”?
Ma, nota lo studioso, le nascite non sono periodizzate a blocchi di venticinque anni. “Chiaramente dobbiamo fare di meglio” per spiegare questa regolarità, conclude Moretti.
Segnaliamo intanto un punto interessante: la vita del fumetto supereroico supera abbondantemente i venticinque anni: potrebbe essere indicazione del limite del campione osservato da Moretti, oppure del modello stesso? Moretti stesso segnala questo problema nel caso di generi quali la fantascienza e il giallo. Da qui alcune considerazioni: potremmo considerare il supereroico una sorta di “macro-genere”, di cui investigare eventuali articolazioni interne: è esattamente quanto fanno le periodizzazioni precedentemente proposte e, combinando le due ottiche, potremmo allora dire che ogni articolazione (“era”, “età” o altro) costituisca di fatto un genere.
E quindi?
I cicli sembrano essere quindi un fenomeno reale e diffuso: i modelli presentati cercano di dare una spiegazione a questo fenomeno, proponendo possibili percorsi e prospettive nello studio del mondo del fumetto.
Il punto per molti di essi (che le similitudini con i generi letterari rafforzano) è che il fumetto partecipa alla vita sociale e culturale e che quindi la spiegazione di simili dinamiche risiede in parte al di fuori del fumetto stesso e ha a che fare con meccanismi generali del sistema di produzione e delle modalità di fruizione di opere narrative.
Qualcosa si sviluppa, si esprime e infine si logora, fino a essere accantonato. Se pure torna, come suggerisce Morrison, si constata che lo fa in forme talmente diverse da mettere in questione l’uso del termine stesso “ritorno”.
Lasciando in sospeso la questione delle origini dei cicli, vi diamo appuntamento a un prossimo articolo dove proporremo una particolare prospettiva su alcuni fenomeni tipici del racconto supereroico alla luce di un generico modello ciclico.