In esclusiva per Lo Spazio Bianco, lo sceneggiatore Michele Medda racconta, in un’ intensa videointervista, l’adattamento a fumetti del celebre romanzo Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, firmato assieme a Pasquale Frisenda per Sergio Bonelli Editore.
“Il fascino di questo romanzo è che puoi rileggerlo in fasi diverse della vita e ogni volta ti tocca corde diverse. Buzzati stesso diceva: continuerei a riscriverlo finché campo…”.
Michele Medda è un veterano del fumetto, eppure nel raccontarci il “suo” Deserto dei Tartari ha gli occhi che brillano di passione e affetto per un’opera che si portava dentro da tanto tempo e che si è concretizzata nel complesso lavoro di adattamento, dal romanzo al fumetto, realizzato assieme a Pasquale Frisenda e presentato, finalmente, qualche settimane fa al Salone del Libro di Torino.
“Quando lessi il romanzo la prima volta avevo 17 anni. A quell’età si ha, come si dice banalmente, tutta la vita davanti. Quindi immedesimarsi in un personaggio come Giovanni Drogo che si lascia sfuggire il tempo in attesa di un domani che sembra non arrivare mai, è una un’esperienza molto particolare, però la forza della storia ti arriva lo stesso…”.
L’adattamento de Il Deserto dei Tartari nasce da questa passione assoluta, condivisa con Frisenda, per tutta l’opera letteraria di Dino Buzzati e, in particolare, per questo celeberrimo romanzo, con al centro la vita del tenente Drogo e un luogo ormai mitologico dell’immaginario novecentesco come la Fortezza Bastiani. Medda ci ha raccontato le diverse sfide, prima produttive e poi espressive nel trasporre il racconto dalla pagina scritta alla tavola disegnata.
“Abbiamo lavorato con rispetto, sotto l’occhio vigile della Fondazione Buzzati, e già dalla prima stesura mi rendevo conto che certe soluzioni espressive, adottate da me e Pasquale, potevano sembrare un poco estreme. Ma, d’altro canto, da parte nostra c’era la consapevolezza che media diversi hanno esigenze diverse.”
Insomma, da consapevole e navigato storyteller, Michele Medda rivendica la distanza che comunque non può non esserci tra letteratura tout court e (quella che Hugo Pratt amava definire) letteratura disegnata:
“Il romanzo ha una compiutezza che è la compiutezza letteraria. Un fumetto, un racconto per immagini, ha un’altra struttura. Non si poteva assolutamente riprodurre fedelmente il ritmo dilatato, poi accelerato, dello stile letterario di Buzzati, fatto di compressioni e decompressioni del tempo…” così gli autori hanno cercato una strada diversa, rispettosa del romanzo, mal tempo stesso propria dei comics.
“C’è stata per esempio la felicissima intuizione visiva di Pasquale di realizzare lunghe scene mute, per dilatare certi momenti, e credo che questa modalità, assieme ad altre sperimentate, aiutino il lettore a trovare un tempo suo, cioè a interiorizzare un proprio tempo di svolgimento della vicenda.”
Sono tanti i temi che abbiamo toccato con l’autore nel lungo di questa conversazione, che spazia da Héctor Germán Oesterheld, lo scrittore dell’Eternauta, al professor Dino Zoncheddu, cui Michele ha dedicato questo adattamento. Su tutto, lo sceneggiatore sardo ribadisce il lavoro di straordinaria sinergia con il co-autore, Pasquale Frisenda :
“Lo scambio tra noi è stato continuo, soprattutto in quei momenti della realizzazione chi ponevano di fronte sfide inedite: cosa potremmo fare qui? Perché questa cosa non funziona? Ma se provassimo…etc. etc. Credo che questo dialogo costante renda davvero speciale il lavoro che abbiamo fatto.”.
Per saperne di più
L’analisi dell’opera fatta da Lorenzo Barberis sul suo blog, parte del network de Lo Spazio Bianco.
Il Deserto dei Tartari di Medda e Frisenda