L’urlo di Blackbanshee: Piccole ballate crudeli

L’urlo di Blackbanshee: Piccole ballate crudeli

Marga "Blackbanshee" Biazzi esordisce sul supporto cartaceo con "Piccole ballate crudeli". Il volume pubblicato da Shockdom raccoglie dieci racconti brevi nelle quali l'ibridazione veicola tematiche ambientaliste.

Piccole ballate crudeli è un fumetto sorprendente: la raccolta sorprende per la struttura, per il finale del primo racconto contenuto, per la ripetitività, per l’inaspettato cambio di paradigma e per l’immediato ritorno sulla strada già percorsa.
È anche l’albo d’esordio, su supporto cartaceo, di Marga “Blackbanshee” Biazzi, giovane autrice sulla quale Shockdom ha deciso di scommettere dopo aver notato le sue produzioni destinate al web.

Il brossurato racchiude dieci brevi narrazioni dall’atmosfera macabra e sospesa, distribuite in associazione con le quattro stagioni: tre per l’inverno e per l’estate, due per la primavera e per l’autunno. L’autrice le presenta come ballate “troppo brevi perché ci sia dato conoscerne il futuro o la storia passata“, facendoci pensare a racconti estemporanei, composti sull’onda dell’emotività: alcuni come divertissement, altri come sfogo nei confronti di un’umanità sorda e autolesionista.
Anche se fossero stati realmente realizzati di getto sicuramente non vanno letti in fretta, per dar loro il tempo necessario perché il messaggio che vogliono trasmettere sedimenti.

Non che si tratti di cogliere sottili allusioni, perché la fumettista urla e ribadisce i concetti, ma non bisogna fermarsi alla superficie. È semplice oggi dire “no” all’uccisione degli animali, agli abusi con i quali l’uomo colpisce troppo spesso la natura; è più difficile passare dalle parole ai fatti, sentire sulla pelle il dolore che provano civette, volpi, cinghiali e uccellini. È proprio sul dolore che spinge Biazzi, costruendo storie di delitto e castigo: se un cacciatore intrappola un volatile, non la fa franca; se un ragazzo pensa di trasformare in succulente bistecche una mucca, non resta impunito.

Insomma, ci viene intimato di non fare agli altri ciò che non vorremmo venisse fatto a noi. Ma non da subito. Aperto il libro, troviamo una dedica alla Natura che sovrasta l’immagine, elegante ma inquietante, di un uccellino che reca nel becco un ramo con all’estremità quattro bulbi oculari. Destinatario dell’opera, raffinatezza e repulsione: ecco il manifesto programmatico, ecco tracciati i binari. Eppure la prima storia ci spiazza perché, dopo aver messo in scena, senza balloon né didascalie, una bambina in apparenza adorabile e facile preda del babau, arriva il fulmen in cauda con una forza scompaginante degna delle chiuse degli epigrammi di Marziale.

Non abbiamo il tempo di riprenderci perché in basso a destra leggiamo la parola “fine”, allora giriamo pagina e ci imbattiamo in una delle varie illustrazioni che dividono una ballata dall’altra. Proseguendo, prima che inizi il nuovo racconto, c’è un altro disegno, più piccolo, accompagnato da un breve testo, una sorta di abstract in forma di aforisma, utile per contestualizzare vicende e personaggi.

Questa scelta strutturale ricorda i lavori di Jessica Cioffi, in arte Loputyn, disegnatrice vicina per stile e tematiche a Blackbanshee e non a caso chiamata a confezionare la copertina variant di Piccole ballate crudeli. È un impianto che crea un’ibridazione tra artbook e fumetto affascinante e seducente, soprattutto per un pubblico giovane, attratto magari dalla somiglianza con i tanti quadri virtuali di cui abbondano piattaforme online quali Tumblr, Artstation e Deviantart.
La cornice, tuttavia, non è qualcosa di avulso rispetto alla tela, perché l’ibridazione che sfocia nello status divino o semi-divino, in particolare tra ragazze e animali, è uno dei più importanti fili conduttori del volume.

Attraversando l’inverno e la primavera, dopo l’incipit folgorante, le situazioni e gli eventi si fanno monotoni e ripetitivi, sebbene si mantengano gradevoli nella forma grazie a un linguaggio curato, dalla patina arcaizzante, e all’importanza del tema ecologista e animalista. Nell’alternarsi di vita e morte in un ciclico contrappasso, l’atmosfera rimane straniante, sfumata come l’ambientazione indefinita che prende a modello la fiaba.

Quando iniziamo a essere assuefatti alle metamorfosi dalle tinte horror, arriva l’estate, che porta con sé il primo racconto lungo, con uno scenario preciso, tutto incentrato sugli uomini. In una cittadina giapponese, il gioco crudele di azione e reazione si ripete, declinato con la variazione tanto attesa. Il paradigma cambia per un attimo e alleggerisce la tensione che si era accumulata sull’impalcatura, prima del ritorno a un andamento più standard.
Il Giappone ospita anche un racconto autunnale, confermandosi come sfondo adatto a bozzetti genuinamente influenzati dal folklore locale.

Prima di giungere alla conclusione di Piccole ballate crudeli c’è spazio per toccare una questione triste che coinvolge anche l’Italia ogni anno: l’incendio doloso dei boschi. Successivamente il fumetto vero e proprio termina e cede il passo a una gallery definita “crepuscolare” nella quale vengono ribaditi gli stilemi artistici già applicati alle ballate. Le ragazze ammiccano alla corrente nota come Lolita fashion, più nelle pose e negli atteggiamenti che nell’abbigliamento, dato che spesso appaiono nude, più raramente coperte da vesti sottili o protette da attributi animaleschi e da lunghi capelli. L’attenzione maggiore è riservata ai loro occhi, al taglio, all’iride e allo scintillio della pupilla, in modo che essi risaltino e quasi fuoriescano dal volto arrotondato, dolce ma sempre pronto a mutare rapidamente.

Il segno morbido e chiaro non contorna solo gli esseri umani, ma anche la flora e fauna, che beneficia di un tratteggio distribuito oculatamente sulle pellicce. Se la chioma delle fanciulle assume tinte fantasiose e artificiali, il manto degli animali asseconda la realtà con i colori tipici di ciascuna specie, mentre le creature inventate dall’autrice sorprendono perché celano un’indole tutt’altro che innocua sotto un’esteriorità sobria e rassicurante.

Se l’impostazione del libro attribuisce importanza all’alternarsi delle stagioni, non si riscontra una caratterizzazione delle stesse dal punto di vista cromatico, perché se è vero che la tavolozza contempla tante tonalità, è altrettanto palese che la scelta di queste non sia influenzata dalla scansione cronologica.

Pur non mancando l’orizzontalità, osservando l’organizzazione delle tavole spicca una predilezione per la dimensione verticale, nella quale si stagliano figure intere che alternano pose statiche e movimenti fluidi. Più degli sconfinamenti dalla gabbia e di un riferimento visivo all’Ophelia dipinta da John Everett Millais, a colpire sono i motivi decorativi di alcune vignette: si va da piccoli inserti allegorici, quali clessidre e stelle marine, a geometrie astratte.

Con dettagli come questi, uniti agli aforismi disseminati nei testi, alle rappresentazioni evocative e al tratto delicato che, però, veicola immagini forti, Piccole ballate crudeli seduce facilmente il lettore. Quando sta per abbandonarlo, riesce a riconquistarlo per poi accompagnarlo, allentando la presa, fino alla fine.

Abbiamo parlato di:
Piccole ballate crudeli
Marga “Blackbanshee” Biazzi
Shockdom, 2019
96 pagine, brossurato, colori – 15,00 €
ISBN: 9788893361415

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