Dopo averlo recentemente intervistato riguardo il nuovo progetto Timed, abbiamo contattato nuovamente Lucio Staiano per una chiacchierata più approfondita sul passato, il presente e il futuro della sua Shockdom. Un’intervista che rivela la preparazione e la caparbietà della persona che ha portato nel giro di pochi anni la sua casa editrice a diventare un modello imprenditoriale a cui oggi molti si ispirano.
Intervista a Lucio Staiano
Buongiorno Lucio e grazie per avere accettato questa intervista. Con Shockdom hai fondato quella che può essere definita una delle realtà più importanti del panorama fumettistico italiano. Quanto ti ha cambiato come persona questo percorso?
Le cose che nella mia vita mi hanno cambiato molto caratterialmente sono state la pallavolo e i fumetti.
Ero un adolescente molto introverso, con crisi esistenziali, che non si confidava con nessuno. Un ragazzo a cui piacevano Asimov, la fisica, l’informatica, che non correva dietro alle ragazze perché troppo timido e orgoglioso per farlo.
Direi che potrebbe NON essere l’identikit di un futuro imprenditore. E così rimango fino ai 26 anni circa, quando mi metto in testa di fare lo sceneggiatore di fumetti. Ci provo, ho le mie occasioni, ma in un anno non riesco a ottenere quello che volevo. A questo punto ho due possibilità: pensare che il Sistema Fumetto non voglia accettarmi, oppure fare autocritica e capire dove potevo aver sbagliato. E comprendo che la mia timidezza, la mia incapacità di saper trasmettere me stesso, hanno avuto un peso enorme. Allora decido di fare il venditore, per violentare questa mia natura. Seguo anche corsi di comunicazione, insomma decido che se voglio raggiungere i miei obiettivi, devo cambiare. Mentre percorro questo cammino, decido di fondare la mia casa editrice, di diventare imprenditore. Compio ancora un lavoro incredibile su me stesso, perché capisco che se voglio migliorare la mia vita, raggiungere determinati traguardi, devo farlo. Quindi, direi che sì, questo percorso mi ha cambiato TANTO, come persona.
Dal lato prettamente editoriale e autoriale, come giudichi il lavoro svolto da Shockdom come casa editrice?
Sono incredibilmente soddisfatto, ma non sazio. Siamo un’azienda senza gruppi editoriali o finanziari alle spalle. Non abbiamo mai comprato diritti esteri “facili”. Nei primi sedici anni di vita, siamo andati avanti con le nostre gambe e solo nel 2016, dopo anni di bilanci attivi, ci siamo rivolti alle banche per investire in progetti innovativi e speciali. Nel 2003, quando ho deciso di pubblicare su carta Eriadan, guadagnavo circa 1000 € al mese.
Eppure nel 2015 Shockdom è passato da 200.000 a oltre 800.000 € di giro d’affari. Nel 2016 abbiamo sfiorato il milione. Abbiamo dimostrato che si può creare una casa editrice che pubblica solo autori italiani, non bonellidi, e sopravvivere. E non è un caso se adesso tante altre case editrici hanno adottato il modello Shockdom, iniziando a pubblicare molti autori nostrani. Questa è un’altra cosa che mi inorgoglisce.
Se domani Shockdom dovesse per qualche motivo chiudere (con tutti gli scongiuri del caso), comunque sarà stata una esperienza di incredibili emozioni e soddisfazioni.
Come vi vedete, elemento di un ingranaggio più grande di voi o come una forza che punta a cambiare uno status quo?
Il mondo del fumetto italiano è piccolo, ha un giro d’affari pari a un centro commerciale medio/grande, non vedo nessun colosso così lontano da noi, tranne Panini e Bonelli. Noi siamo qualcosa che sta cambiando il mondo del fumetto, per quello che dicevo prima. Valorizziamo i talenti, puntiamo su di loro, distribuiamo su tutti i canali. Passiamo dal digitale all’underground. Siamo una scheggia impazzita, una anomalia, nel bene e nel male.
Quanto è importante “crederci”? Ci sono stati momenti in cui pensavate di mollare tutto?
Peggio. Ho avuto dubbi su di me. Non ho mai avuto tentennamenti sul principio di Shockdom, cioè che il digitale sarebbe stato fondamentale per il fumetto. I dubbi che ho avuto, in diversi momenti, sono stati sul mio ruolo. Mi sono chiesto se fossi io la persona giusta per Shockdom. La rotta era corretta, sicurissimo di questo, forse non lo era il pilota.
Per fortuna sono una persona che sa essere molto testarda e incosciente e quindi non ho mai mollato. Ma i momenti difficili sono stati proprio tanti. E so che ce ne saranno ancora.
Uno degli obiettivi fondamentali per un progetto come Shockdom è il raggiungimento di un modello economicamente sostenibile. A che punto siete di questa ricerca e che sfide prevedete di dover affrontare ancora?
In questo momento il modello che abbiamo è già economicamente stabile, anzi, in certi momenti penso che la struttura sia sovrastaffata. Il problema è che il settore italiano, come dicevo prima, è molto piccolo e una semplice fluttuazione ti può mandare a gambe all’aria. Per questo abbiamo deciso di puntare all’estero, che è una sfida ENORME, ma che ritengo necessaria.
Che problemi vi trovate ad affrontare, vuoi strutturali del mercato vuoi di visibilità o altro?
Viviamo un paradosso. Siamo un brand meno fumettistico di molti altri, con autori che hanno una audience generalista, eppure, sui canali di varia abbiamo fatto una fatica enorme a farci accettare. Solo dopo oltre un anno di lavoro siamo riusciti a convincere le librerie, attraverso i dati di vendita. E siamo ancora all’inizio.
Negli anni, come sito e come editore, avete dato visibilità a molti giovani autori, alcuni esordienti assoluti. In sostanza, sembra che una realtà come la vostra ricopra in un certo qual modo il ruolo che una volta era ad appannaggio di riviste o di pubblicazioni di qualità minore (penso ai pocket, erotici o meno). Quanto peso ha questo nelle decisioni che avete preso negli anni, e quanto vi sentite responsabili per questi ragazzi e queste ragazze?
Molto responsabile. Proprio perché sono stato anche io un autore che cercava di vivere di fumetti, di pubblicare le mie opere e quindi mi posso mettere nei loro panni. Nelle decisioni che prendiamo, cerchiamo sempre l’equilibrio tra la sfida e la sicurezza. Spesso mi prendono impotenza e rabbia, perché in Italia ci sono tanti talenti che non trovano sbocco e Shockdom non è ancora abbastanza grande da poterli pubblicare tutti. Cosa che io farei. Ma impotenza e rabbia anche nel vedere talenti non arrivare per limiti caratteriali che io, nel mio ruolo, difficilmente posso combattere.
Quanto è importante il lavoro sui social, le pubbliche relazioni, i comunicati stampa?
Semplicemente fondamentale. Il nostro settore non ha i budget per effettuare campagne advertising di una certa rilevanza, quindi dobbiamo ottimizzare il più possibile strumenti come passaparola, fiere, rapporto con giornalisti, per far parlare dei nostri fumetti.
Il contatto con i lettori è fondamentale per realtà nate dal web: come lo gestite, come lo vivete?
Siamo nati con la netiquette e la usiamo ancora come stella polare anche se, bisogna ammetterlo, nel 2017 è molto più difficile. Quindi risposte più veloci possibili, gentilezza, ma decisione. Ho dato una direttiva ben precisa: ignorare le provocazioni e le aggressioni gratuite, sia da parte del pubblico che da operatori del settore. Non abbiamo tempo da perdere.
Quanto pesa per voi una recensione o un articolo su un sito di settore?
Bella domanda. I siti di settore non sono molto seguiti, qualcuno si fa più sentire sui social. Spesso sono poco “opinionisti” e si limitano a parlare bene o male delle pubblicazioni. Sono anche troppo timorosi per i miei gusti. Qualcuno troppo servile nei confronti dei “potenti”. Il singolo articolo non pesa molto. A noi interessa che ci siano molti articoli da condividere e far girare. Più la massa, insomma. C’è anche un altro aspetto importante: gli operatori di settore non seguono gli organi di informazione. Abbiamo fatto un sondaggio, una volta, e pochissime fumetterie leggevano i siti di fumetti. L’unico modo che aveva, la maggior parte di loro, per aggiornarsi, erano i dispacci delle principali case editrici.
Dove va il fumetto secondo voi? Che cosa vedete nella vostra “sfera magica”?
Mai fidato delle sfere magiche, non hanno mai indovinato niente. Nel 2000 i motori di ricerca più usati erano Yahoo, Altavista, Virgilio e Arianna in Italia. Dopo tre anni Google aveva spazzato via tutti. Nel 2005 MySpace sembrava dovesse essere la piattaforma social più importante. Tempo due anni e Facebook l’aveva polverizzato.
Ho le mie convinzioni ed essendo un imprenditore, devo avere una vision da seguire. In questo momento penso che serva un nuovo canale di distribuzione capillare, cioè che permetta ai prodotti di arrivare agli utenti dovunque essi siano, distribuendo contenuti paid. E, possibilmente, evitando monopoli pericolosissimi, dove invece sembra stiamo andando.
Carta e digitale, che rapporto c’è, quale può esserci, come dovrà cambiare, come sta cambiando?
Ah ah ah ah, è da almeno venti anni che sento questa domanda. La carta continuerà la propria vita, diventando sempre più di nicchia. Aumenterà in libreria, diminuirà sempre più in edicola. Il digitale servirà a spingere il fumetto. Sono ipotesi, come detto prima, la sfera di cristallo non l’ha nessuno. Magari domani qualche ventenne creerà un nuovo tool di comunicazione (come furono i motori di ricerca a metà degli anni ’90, o i blog a inizio 2000 o ancor più i social alla fine dello scorso decennio) che cambia totalmente i paradigmi. Magari cinque anni e non si parlerà più di digitale, ma di quantistico, se i computer quantistici arriveranno alla massa.
Dopo Long Distance di Massimo Rosi e Chiara Vivona pensate di aumentare l’offerta pensata solo per il mercato in formato digitale?
Long Distance, in realtà potrebbe andare anche su carta a breve, ma sì, entro l’anno dovremmo iniziare una produzione dedicata solo al digitale.
Tre difetti del fumetto italiano (puoi spaziare dai lettori, agli autori, ai grandi sistemi… tutto quanto ruota attorno al fumetto o allargare il discorso alla cultura… Se ne trovate di meno meglio!)?
- Deontologia presa a calci, in cui molti professionisti parlano male a caso di chiunque.
- Vittimismo, lagne, autocommiserazione, diffuse come la peste nel medioevo.
- Mancanza di dati e informazioni sul mercato.
Mi fermo a tre, ma ce ne sono molti altri. Ma questo vuol dire che il potenziale è altissimo, che possiamo quasi solo migliorare. È inutile continuare a lamentarsi che il fumetto non venga trattato come altre arti (e ormai anche questo è sempre meno vero), se il settore stesso non si evolve. Bisognerebbe sfruttare questo momento positivo per creare una professionalità nuova, ma il settore fumetto ha i riflessi di un bradipo, quindi quando se ne accorgerà, sarà troppo tardi.
E invece, tre pregi del fumetto italiano?
- Tanti talenti giovanissimi veramente bravi.
- Tanto potenziale di mercato ancora da conquistare.
- Eterogeneità del mercato. Spaziamo dal bonelliano alla graphic novel, dal manga al supereroistico, cosa che pochi altri mercati hanno.
La cosa di cui vai più fiero, il tuo più grande errore e il tuo più grande rimpianto come editore?
Vado fiero di Shockdom, nella sua interezza e con tutti i difetti che ancora ha. Di errori ne ho fatti tanti, come credere in progetti che erano troppo in anticipo o che dentro di me sentivo non essere del tutto corretti, ma farli lo stesso. Il rimpianto più grande si chiama Eriadan. Non essere riuscito a valorizzarlo come si meritava e non riuscire ancora a farlo tornare a pubblicare, sono cose che mi rimarranno sempre in gola. Ma non dispero.
È notizia fresca che avete deciso di aprire una sede in Brasile. Cosa vi ha spinto a sondare quel mercato e quali altri mercati pensate di poter raggiungere?
Abbiamo analizzato il loro mercato e ci siamo convinti che ci siano gli spazi per fare la nostra parte. Approcceremo questa sfida con gli strumenti che abbiamo usato in Italia, adeguandoci però al loro mondo, che scopriamo essere veramente diverso dal nostro. Per adesso ci fermiamo al Brasile. Se le cose dovessero andare bene, vedremo come continuare.
Ci puoi dare qualche news sui vostri progetti futuri? Cosa ci porterà Shockdom nella seconda metà di questo 2017?Ci porterà il lancio definitivo del progetto TIMED, che in realtà fa parte di una architettura più grande. Finalmente il rilascio di YEP!, la nostra piattaforma digitale, in ritardo a causa degli sviluppatori (che infatti sono stati cambiati). Uno sguardo sempre più internazionale. E magari altre cose che per adesso non posso rivelare.
Grazie per la disponibilità e per la cortesia. Speriamo di risentirci presto e buona fortuna per i vostri innumerevoli progetti.
Grazie a voi e in bocca al lupo!