L’incontro con Guy Delisle e Rutu Modan consente di assistere al confronto tra due autori diversi, sia sotto il profilo grafico che narrativo: più immediato e giornalistico il primo, decisamente più letterario il secondo.
Chiamati a raccontare i loro lavori recenti la Modan ha spiegato come il suo ultimo libro, La Proprietà sia il racconto di una esperienza realmente vissuta dalla propria famiglia, costretta, come molte altre, a fuggire dall’europa (in questo caso la Polonia) abbandonando affetti e beni. Partendo dagli scarsi racconti del padre e della nonna, l’autrice ha voluto raccontare una storia nella quale il tema dell’olocausto non fosse centrale (convinta che in materia “Maus è il migliore”), ma che mettesse da parte certo vittimismo che a suo vedere caratterizza troppo spesso la prospettiva della sua gente, vittimismo interpretato quasi come un implicito permesso a qualsiasi tipo di azione.
Né è casuale l’inserimento nel libro dell’elemento economico: la determinazione con cui la battagliera nonna (molto ispirata alla propria nonna, definita dalla Modan “una vittima, ma non completamente”) cerca di riscattare una sostanziosa eredità per lungo tempo trascurata è anche un modo per ironizzare sul tradizionale pregiudizio che affligge gli ebrei.
Per Guy Delisle i libri nascono sempre con una buona dose di imprevedibilità e fortuna. Se i primi sono stati realizzati raccogliendo i numerosi sketches fatti nel corso di lunghi soggiorni all’estero,dovuti all’attività di medico della moglie, gli altri titoli sono stati costruiti attraverso appositi appunti raccolti in archi di tempo molto lunghi, ma comunque sempre determinati dall’effettiva e non preventivabile presenza di episodi, aneddoti e spunti, meritevoli di essere raccontati.
In merito alla lavorazione de La proprietà la Modan ha raccontato come per la realizzazione di alcuni racconti si fosse avvalsa dell’aiuto di modelli, sfruttando i propri familiari. Il contributo di una sua amica, modella e anche attrice, le ha fatto capire come la capacità di un attore di interpretare e fare suo un personaggio, fosse di fatto un grado di costituire un valore aggiunto al prodotto finale.
Da qui la decisione di utilizzare questo metodo produttivo per il nuovo lavoro, un libro del quale l’autrice ha realizzato uno storyboard estremamente dettagliato, pianificando posizione e dimensione di ogni vignetta, e che poi ha fatto interpretare, come un vero e proprio regista, agli attori, fotografandoli. Solo i seguito ha visitato Varsavia raccogliendo materiale fotografico sull’ambientazione. Convinta che i fumettisti siano “maniaci del controllo”, il coinvolgimento di altre persone nel processo produttivo è per lei un esperienza positiva e arricchente.
Ciò che trattiene la Modan dall’utilizzare altre forme espressive (il cinema ad esempio, come maliziosamente suggerito da Delisle) è l’amore per il fumetto e le sue peculiarità, come ad esempio l’impossibilità per l’autore di imporre un ritmo di lettura o di escludere l’attività interpretativa del lettore.
I progetti futuri di Guy Delisle tratteranno un’episodio che stavolta non lo riguarda in prima persona: a essere protagonista del suo prossimo libro è l’esperienza di un uomo che ha raccontato a Delisle il suo rapimento e la sua prigionia in Cecenia, risolta con una fuga. L’autore ha raccontato come la lavorazione di questo libro sia per lui particolarmente difficile e travagliata, trovandosi nella situazione inedita di dover far parlare un protagonista che non è lui.
Per Rutu Modan invece il lavoro dovrà attendere fino al 2014: dopo un tour de force dispendioso ma appagante (“meno per la mia famiglia” ha precisato) che ha richiesto giornate lavorative di 14-16 ore, l’autrice ha deciso di prendersi un anno di pausa.