Lone Wolf & Cub, un fumetto inarrivabile

Lone Wolf & Cub, un fumetto inarrivabile

Perché il manga "Lone Wolf & Cub" di Kazuo Koike e Giseki Kojima è un'esperienza di lettura unica, piena ed emozionante? Proviamo a rispondere.

Non è stato facile trovare a giusta motivazione per parlare di quel gioiello del fumetto giapponese che è Lone Wolf and Cub (Lupo Solitario e il suo cucciolo, titolo internazionale di Kozure Ōkami), pubblicato in Italia da Panini Comics. La ragione nasce dalla complessità dell’opera, da un lato, e dal potere che esercita sulla mia coscienza di lettore, dall’altro. Raramente, in decenni di letture, sono stato ipnotizzato e coinvolto come con Lone Wolf, al punto da ritrovarmi sensorialmente confuso dopo ogni lettura. Un vero e proprio senso del pudore mi ha frenato finora, trattenendo nel mio privato il gusto per questa esperienza.
Decido di rischiare, di provare ad affermare con la ragione e la consapevolezza critica il principio dell’esercizio speculativo sull’implicito e l’emotività. Provo a procedere con ordine.

Lone Wolf and Cub è un fumetto scritto da Kazuo Koike e disegnato da Giseki Kojima che narra il vagare di un assassino, Ogami Itto, e del suo piccolo figlio di tre anni, Daigoro, per tutto il Giappone feudale. Il suo incedere, la sagoma del suo cappello e del carretto in cui trasporta il cucciolo, sono diventati simboli propri della cultura nipponica, sia per merito del fumetto che di una serie televisiva celeberrima che apparve anche sulle televisioni italiane anni addietro. Rinnegato, Ogami Itto percorre la via del Meifumado, la strada dell’assassino, alla ricerca di una vendetta contro una potente famiglia vicina all’imperatore, gli Yagyu.

La straordinarietà dell’opera sta in primo luogo nella sua costruzione a singoli episodi, uno indipendente dall’altro sul piano narrativo, che però si lega in un incedere sempre più incalzante verso la risoluzione finale. La vendetta e gli scontri che Lupo Solitario persegue racconto dopo racconto appaiono spesso pretesti perfettamente plausibili sui quali si innestano temi più ampi e profondi.

Innanzitutto c’è una chiara ricerca storica alla base di tutta la serie, dalla quale gli autori pescano per rievocare tradizioni, avvenimenti, riti tipici del periodo feudale. Non è una ricostruzione asettica né, d’altra parte, un’evocazione nostalgica di tempi e feticci superati dalla modernità, come invece si è visto in moltissime altre opere, nipponiche e non.
Il passato feudale, in Lone Wolf, è l’epoca viva, contraddittoria, brutale e mistica che è stata. Un perfetto contesto dal quale far nascere sviluppi narrativi magistrali, imprevedibili, brucianti.
Il lettore si perde nella ricostruzione di gesti e ritmi che ha scordato senza averli mai vissuti, un ritorno ancestrale a tempi che hanno determinato la vita dell’uomo moderno, in uno sviluppo collettivo che è facile credere illusorio e indeterminato ma che rivive grazie all’esperienza diretta della partecipazione emotiva nella lettura.
Solo un percorso intrapsichico di questo tipo, infatti, può spiegare il senso di appartenenza a un mondo così estraneo, che pure sembra pulsare sotto le nostre gambe in costante cammino, nel nostro respiro trattenuto e spaventato, nella vista di spazi immensi, di mari in tempesta, di territori vergini interrotti da piccoli villaggi.

La riuscita di tale “evocazione” è da attribuire in modo paritetico a scrittore e sceneggiatore. I due autori lavorano in perfetta simbiosi e tanto si afferma la poeticità e l’essenzialità bilanciata del testo, tanto si manifestano in tutta la loro bellezza i disegni di Giseki Kojima, descrittivi in alcune parti, espressionistici in altre. Sequenze completamente mute si alternano a dialoghi brucianti prima di uno scontro, didascalie esplicative danno voce a un mondo scomparso per poi cedere il passo a episodi di vita intima tra padre e figlio – un bagno in un fiume, una pausa di gioco e di meditazione, un pasto frugale.
Ogni segno, sia esso scritto o disegnato, in Lone Wolf è calibrato, misurato nei suoi effetti narrativi. Nulla è lasciato al caso, “tirato via”, inserito per riempire le pagine. Ne risulta un equilibrio che lascia davvero il lettore indifeso e sorpreso da tanta bellezza, una bellezza non estetica, ma estatica, poiché scaturita dalla percezione dell’ingegno umano, dalla forza poietica e poetica per la quale gli autori diventano esempi inarrivabili.

Da un punto di vista meno esistenziale e più tecnico, Lone Wolf and Cub affascina per le invenzioni narrative messe in campo in ogni episodio. Quella che potrebbe essere una banale quanto inconsistente successione di scontri e di battaglie, fondate sull’unico fine di mettere in mostra tecniche di lotta tradizionali ogni volta diverse, avversari sempre più potenti e grotteschi – come avviene nella maggior parte dei manga sui samurai e sulle arti marziali – nel lavoro di Koike e Kojima si trasforma in una sfida narrativa sempre nuova.

In un processo di perfezionamento continuo, di invenzione e variazione sul tema, gli autori giungono alla conclusione di ogni episodio partendo da punti di vista, pieghe del racconto, sollecitazioni culturali e rituali sempre nuove. Il lettore è spinto a proseguire la lettura anche per scoprire, passo dopo passo, quale nuova angolazione verrà messa in luce, da quale obliquo percorso si arriverà allo scontro risolutivo. L’accerchiamento al quale il Lupo Solitario e il suo cucciolo sono sottoposti darà origine a sfide e pericoli sempre più imprevedibili che condurranno all’inevitabile fine per condensazione e accumulo, in un processo circolare a spirale, piuttosto che in uno sviluppo lineare da punto a punto.

Appare questa una forma espressiva tutta orientale, lontana dalla visione meccanicistica propria della cultura occidentale: la vita di ogni individuo si sviluppa per casualità, continui ritorni, derive. Il senso del cammino sta nell’attesa, come per Ogami Itto il senso della vita è celato nella via del Meifumado, dove emozioni, desideri, timori, aspettative perdono energia, forza, in un percorso di meditazione che, qui, appare iscritta nell’essenza stessa della vita di un samurai e, al contempo, mostra tutte le contraddizioni di una filosofia di liberazione che si piega, per Itto, al servizio della morte e della distruzione.

Le riflessioni morali, filosofiche e religiose sono un’altra importantissima chiave di lettura di questo manga.
Come accennato, Ogami Itto percorre un cammino che non è solo fisico, ma anche spirituale. Per concedersi al proprio destino secondo la propria “vocazione”, l’assassino si spoglia di ogni illusione, delle emozioni che condizionano e indeboliscono l’animo umano. La profondità con la quale gli autori affrontano questi temi è toccante, tanto quanto felicemente risolta in un sapore che accompagna tutta la narrazione senza diventare dominante e nauseante.
Non sorprende scoprire gli squilibri di una società fortemente spaccata in due, da un lato le popolazioni contadine povere e ignoranti, dall’altro le èlite ricche e alfabetizzate. Ma colpisce riconoscere in ogni strato sociale un senso dell’onore e della “destinazione” che lungi dal connotarsi come arrendevolezza appare al contrario come un elemento costitutivo di una civiltà orgogliosa e composta. I tradimenti e gli attacchi a tale solidità sono continui, spesso provenienti dagli ambienti più ricchi e più potenti, e tradiscono un’insofferenza verso lo status quo che è propria di ogni civiltà millenaria, ma che non sembrano minare la base di una coscienza civile irreprensibile.
Verità? Illusione? Gli autori non vogliono offrire una risposta, non vogliono, come detto, decantare un’epoca passata così contraddittoria e piena di distorsioni e sofferenze né esaltare la civiltà giapponese. Ancora una volta, piegano semplicemente anche questa riflessione alla loro forza maieutica di narratori, arricchendo ulteriormente un mosaico composito.

E non è possibile parlare di Lone Wolf and Cub senza soffermarsi a riflettere sulla figura di Daigoro, il piccolo bimbo che è testimone della parabola umana di Ogami Itto. Ai nostri occhi, Daigoro è innanzitutto vittima; della violenza, di una vita di stenti, dell’assenza di una figura materna e di qualunque punto di riferimento significativo per la sua crescita.
Daigoro è una foglia appesa all’albero del Lupo Solitario, sbattuta dal vento delle continue sopraffazioni alle quali Itto è costretto a partecipare. Lo sguardo del cucciolo, con gli occhi spesso sbarrati nella sorpresa, è quello dei lettori, impreparato, umanissimo, vivo e al contempo rassegnato. Uno sguardo che non cela, d’altra parte, l’infinito amore per il proprio padre, unica ancora, uomo in contraddizione, gelido e imbattibile con la spada, ma capace di dolci gesti di supporto per il figlio. Non ci è possibile capire in che modo il percorso al quale il cucciolo è sottoposto diverrà fondante della sua vita futura, se in chiave traumatica o in chiave liberatoria. Ciò che segna il fanciullo è il senso della partecipazione, con la sua innocenza, a una tragedia umana ed esistenziale.

Su un piano strettamente narrativo, però, Daigoro è semplicemente un’altra, potentissima, opportunità per gli autori. Nell’evoluzione della storia, infatti, egli è vittima, tranello, protagonista, comparsa. I suoi gesti, le sue espressioni e le sue azioni permettono di modificare rapidamente il clima emotivo del racconto, suscitando tenerezza oppure timore, sorpresa o compassione.
Non è un caso, forse, che il momento emotivamente più forte e coinvolgente di tutta la vicenda è rappresentato dai capitoli centrali nei quali Daigoro e Itto vengono separati. Gli autori si soffermano sull’esistenza di un bambino disperso, a rischio della vita, con una profondità che è difficile descrivere in un articolo. Le invenzioni narrative, in quei capitoli, sono felicissime e rappresentative dell’ingegno che caratterizza tutta l’opera e restano indelebili nella mente del lettore.

Lone Wolf and Cub è un lavoro inarrivabile per intelligenza, bellezza, potenza, coerenza.
Chiunque voglia toccare a piene mani l’enorme potenzialità del fumetto in quanto forma espressiva a tutto tondo, dovrebbe trovare il coraggio di perdersi in queste pagine, prima di soffermarsi ad analizzare le scelte “registiche”, la composizione dei disegni, i meccanismi narrativi utilizzati.
L’unica pecca che è possibile ascrivere a questo lavoro sta nell’inizio della vicenda. Un qualunque lettore “inconsapevole”, dopo i primi capitoli, potrebbe pensare di trovarsi di fronte a un manga prevedibile, ben realizzato ma poco significativo. Senza sospettare di quale portata e bellezza sia ricco questo fiume narrativo in piena.
È importante concedersi l’immersione, sapendo che non sarà facile resistere alla corrente.

Abbiamo parlato di:
Lone Wolf & Cub #1-28
Kazuo Koike, Giseki Kojima
Panini Comics

Riferimenti:
Il sito ufficiale di Panini Comics: www.paninicomics.it

3 Commenti

1 Commento

  1. Diego

    21 Novembre 2017 a 11:25

    Complimenti per la recensione, curata ed appassionata, anche se forse avrei voluto leggere un commento sull’epilogo. Lone wolf and the cub è un’opera immensa, a tratti didattica, con un disegno che seppur datato rimane sensazionale e inarrivabile (ad oggi uno dei miei preferiti in assoluto). Questo fumetto così come succede per le opere di Naoki Urusawa, ma anche con Oldboy ad esempio, ha una potenza filmica impressionante, che tiene incollati dall’inizio alla fine. Non ti nego che terminata la lettura del 28 esimo volume, mi è scesa una lacrima. Ora sulle ali del l’entusiasmo, voglio vedermi anche tutti i film tratti da questa magnifica opera.

    • la redazione

      22 Novembre 2017 a 16:38

      Attendiamo il resoconto dalla visione dei film! ;-) Intanto grazie di cuore per l’apprezzamento.

    • Daniel

      5 Maggio 2020 a 23:35

      Itto Ogami non è un assassino. È un samurai che talvolta fa da sicario. La stragrande maggioranza di quelli che ammazza sono suoi nemici che gli vanno contro.

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *