Fra le serie che hanno guidato il rilancio dell’universo Ultimate, Ultimate Spider-Man (USM da ora in poi) – scritta da Jonathan Hickman, per i disegni di Marco Checchetto e David Messina, colorati da Matthew Wilson con il lettering di Cory Petit – è stata quella che ha suscitato maggiori aspettative e curiosità.
Scontato l'”a-parte” costituito da Ultimate X-Men di Peach Momoko, USM ha catalizzato l’aspettativa degli appassionati di Spider-Man per una serie che finalmente si sollevasse dall’ordinarietà (se non mediocrità) degli ultimi tempi. Grande era anche la curiosità su come Hickman avrebbe bilanciato in questa sede il suo amore per la costruzione di scenari intricati e l’interesse per la definizione dei personaggi, in modo da non ripetere l’insuccesso di G.O.D.S..
Il primo anno, concluso da un peraltro delizioso racconto natalizio, ci ha rivelato che la soluzione dell’autore si è basata sul non correre rischi. Hickman ha realizzato un racconto costruito professionalmente, senza sbavature, lineare e scorrevole, di facile leggibilità e di soddisfazione delle aspettative dei fan, che però non offre nessuna nuova prospettiva sui personaggi e depotenzia sistematicamente la tensione narrativa. USM non pone alcuna domanda significativa – sui personaggi, sulle loro relazioni, sul senso delle loro scelte – ma si accontenta di ripetere la buona novella del Destino del Supereroe. Hickman confeziona un racconto sempre piacevole da leggere, che concede brevi emozioni senza sussulti – peraltro inseriti nei momenti giusti, a dimostrazione della sua sensibilità, che potremmo definire “ritmica” – né, tantomeno, problematizzazioni che spingano a una qualche riflessione da un punto di vista nuovo o quantomeno spiazzante.
L’opera
Lo spunto di questa iterazione dell’universo Ultimate (Earth-6160, nella contabilità Marvel) è che il Reed Richards malvagio del vecchio universo Ultimate, da alcuni anni ribattezzato “The Maker”, ha evitato l’avvento dei supereroi; per una serie di eventi, raccontati nella miniserie Ultimate Invasion/Ultimate Universe, Richards è stato temporaneamente (14 mesi: la serie, che si propone svolgersi in tempo reale, sfrutta questo intervallo come conto alla rovescia) messo fuori gioco, per cui il mondo, diviso in sette sfere di influenza, è gestito dai suoi fiduciari, che si trovano a contrastare l’insorgenza dei supereroi.
USM segue la nascita dello Spider-Man di questo universo, la (ri)scoperta e l’accettazione da parte di un Peter Parker adulto del proprio destino e le vicende della costellazione di personaggi che ruota intorno a lui: la famiglia (Mary Jane e i due figli, lo zio Ben, qui ancora vivo al contrario di Zia May), il lavoro (ancora Ben con il sodale Jonah), Harry Osborn e la moglie Gwen Stacy (sì, proprio lei).
A poco a poco, i personaggi scoprono la natura del dominio esercitato dagli epigoni di The Maker e, ognuno secondo la propria vocazione, iniziano a combatterlo. Ciascuno di loro riflette la caratterizzazione tradizionale, con l’ovvia eccezione di Gwen, che vediamo essere riuscita a far fruttare le sue potenzialità diventando professionista di successo. Peter mantiene la sua logorrea incontenibile, MJ la sua forza d’animo (e capacità imprenditoriale), Ben e Jonah il loro orgoglio professionale e la loro bussola morale, Harry il suo desiderio di vendetta, che lo porta in contrasto con Peter rispetto all’uso della violenza.
La rete relazionale è quindi largamente familiare al lettore Marvel e questo consente a Hickman di procedere per brevi scene, basate su richiami e allusioni, di per sé sufficienti per definire non solo i legami ma anche il tono e l’atmosfera di ciò che accade. Il risultato è una grande fluidità narrativa: il racconto scorre veloce, senza divagazioni, incastrando un pezzo dopo l’altro. Quella che ci troviamo di fronte, infatti, è la ricomposizione di un puzzle, la ricostruzione di un mondo a partire da un disegno complessivo e tanti pezzi da combinare. Earth-6160 è un universo totalmente derivativo rispetto all’originale Earth-616 e USM è totalmente derivativo rispetto alla versione consolidata del mondo di Spider-Man. In questo senso, potremmo dire che USM è la versione Hickman di Spider-Man – La storia della mia vita di Chip Zdarsky.
Questo approccio è ben supportato dall’interpretazione di Checchetto: i suoi personaggi sono vivificati da una espressività intensa che non cade mai nell’enfatico e suggerisce una complessità emotiva, di cui noi vediamo solo una parte (Fig. 1). L’artista raggiunge questo risultato tanto attraverso l’uso della linea, sempre netta a definire i volumi e precisa nei tratteggi, quanto attraverso la costruzione delle tavole, che danno il tempo interno delle scene. L’espressività rende particolarmente godibili le situazioni “slice of life”, mentre le scene d’azione si giovano della scansione delle tavole. Perfetto esempio, che combina le due abilità è la scena finale del terzo numero, dove Peter e Harry si rivelano l’un l’altro.
Il peso del lavoro di Checchetto nella resa narrativa diventa evidente nel cambio di disegnatore. Messina gestisce abbastanza bene il ritmo del racconto (ma alcune scene hanno un andamento zoppicante: si veda la cena fra Peter, MJ, Gwen e Harry in USM #4 pp. 12-14), ma la minore espressività dei personaggi svela la debolezza del testo hickmaniano nella loro definizione. Con i tratteggi e le sfumature viene meno anche la suggestione della profondità delle personalità: i volti diventano rigidi, assumono espressioni stereotipate, talvolta quasi caricaturali, cosicché in tutti i dialoghi e le situazioni ne emerge evidente l’aspetto meccanico (Fig. 3).
I colori e, soprattutto, le luci di Wilson si adattano e amplificano le caratteristiche dello stile dei due disegnatori: arricchiscono le scenografie e i volti delle tavole di Checchetto, mentre danno una minima tridimensionalità ai visi di Messina, cercando contemporaneamente di animare gli sfondi.
Esperienza di lettura
Al centro di USM – e di questa iterazione Ultimate – c’è l’idea che i supereroi sono una componente necessaria dell’universo e che l’azione di cancellarli produca una sorta di strappo nel tessuto della realtà, e una reazione che tende a riportarli sulla scena. In questo scenario, Hickman fa reagire quotidianità e avventura, producendo un racconto che resta alla superficie di entrambe.
L’indizio fondamentale è nella gestione delle crisi. Ne avvengono molte, in questo primo anno di vicende: Peter che scopre il proprio destino di Spider-Man, la figlia che scopre la sua doppia identità; seguita da Mary Jane e, successivamente, dallo zio Ben; Ben e Jonah che lasciano il Daily Bugle e intraprendono una nuova impresa giornalistica; il contrasto che sorge quando le loro indagini si confrontano con le attività delle aziende legate a Osborn; Gwen che chiede conto delle loro investigazioni, in quanto finanziatrice; il diverso atteggiamento di Peter e Harry verso la possibilità di uccidere i loro avversari.
Ciascuna di esse è un potenziale spunto narrativo, utile per indagare aspetti dei personaggi e delle loro relazioni e, attraverso di esse, del mondo. D’altra parte, a questo servono le crisi: ad aprire spiragli, stimolare domande, mantenere viva l’attenzione mettendo in tensione fra loro gli elementi della storia. Sistematicamente, Hickman apre e risolve queste crisi nell’arco di una scena o, al massimo, del numero (Fig. 4). Quando una crisi è trattata in questo modo, significa che riguarda aspetti che devono essere considerati marginali (“Non è questo il punto! Non fissatevi su questo!”), ma quello che avviene in USM è che, tolte queste crisi, rimane solo la lotta contro i reggenti che controllano le varie aree del pianeta. Detto altrimenti, USM racconta semplicemente ciò che vediamo accadere sulla pagina: in questo senso è letteralmente un racconto superficiale e didascalico, perché dichiara importante solo ciò che è già sulla superficie delle tavole e solo di questo parla, in una continua ridondanza. Il racconto indica espressamente che non ci sono questioni con le quali il lettore deve confrontarsi, che basta seguire il racconto, perché non c’è altro che quello. USM è puro intrattenimento autoreferenziale, piacevole nel suo disseminare scene che solleticano gli appassionati (si vedano la scelta del costume in #3 con la figlia, del nome con MJ in #6), senza perdersi in riflessioni o divagazioni, mantenendosi sempre nell’area di massima confortevolezza per il lettore, che può sentirsi (finalmente?) a casa in ogni tavola e in ogni vignetta.
In conclusione, USM è costruito in modo da risultare di lettura fluida e da richiamare costantemente la storia canonica del protagonista con continue strizzate d’occhio all’appassionato; soprattutto, è costruito senza prendersi alcun rischio, quasi la paura di un nuovo errore fosse stato il principio guida di Hickman. La stessa rinuncia all’uso di infografiche è da considerarsi sintomo di questa prudenza: altrove erano usate come aperture verso le profondità dello scenario della vicenda, ma qui, come detto, quella profondità non c’è, quindi non avrebbe avuto senso usarle. Al loro posto, ecco delle tediosissime scene di presentazione di gadget tecnologici alla James Bond – queste sì, sicuramente sostituibili con soluzioni grafiche più sintetiche e digeribili.
USM è quello che potremmo dire un’opera prodotta per sottrazione, di scarso valore nutritivo, ma frizzante e rinfrescante, che si beve con piacere quando si è assillati dal caldo – o avviliti da anni di storie di Spider-Man che non hanno lasciato nessuna traccia – e non si ha certo voglia di attività fisiche o mentali complesse.
D’altra parte, a volte fa bene anche divertirsi e basta.
Abbiamo parlato di:
Ultimate Spider-Man vol. 1 – Sposato con figli.
Jonathan Hickman, Marco Checchetto, David Messina, Matthew Wilson, Cory Petit
Traduzione di Fabio Gamberini
Panini Comics, 2025
160 pagine, brossurato, colori – 23,00 €
ISBN: 9791221909562