
Non è un periodo brillantissimo per i Marvel Studios. Sul grande schermo, il carrozzone guidato da Kevin Feige sta arrancando da ormai diversi anni – almeno dall’uscita di Avengers Endgame, rilasciando pellicole che solo in rari casi incontrano il favore del pubblico. Sul fronte televisivo la situazione è forse anche peggiore, dal momento che le serie prodotte per Disney+ si sono da sempre dimostrate qualitativamente altalenanti. È in questo panorama tutt’altro che roseo che ha fatto capolino Marvel Zombies, miniserie animata in quattro episodi disponibile da questo settembre sul suddetto servizio di streaming, e inaspettatamente si è rivelata una visione piacevole. Infatti, lungi dall’essere impeccabile, la serie ideata da Bryan Andrews e Zeb Wells ha il merito di andare dritta al punto. È un prodotto più contenuto, rispetto al resto delle produzioni seriali a cui la Marvel ci ha abituati, ma al tempo stesso più centrato su ciò che vuole raccontare e quindi più accattivante.
Sia chiaro: che la serie sia tutt’altro che perfetta non è solo un’espressione di circostanza. I difetti di Marvel Zombies sono palesi e si possono riassumere nella generale mancanza di profondità che si può riscontrare in praticamente ogni suo aspetto. Si tratta fondamentalmente di una serie da prendere “at face value”, per usare un’espressione anglofona, nella quale cioè non esiste alcuna stratificazione nei piani di lettura e niente di ciò che viene mostrato allo spettatore ha altra possibile interpretazione se non quella letterale. In breve, un divertissement fine a se stesso.
Prima di tutto, la sceneggiatura esibisce una certa arbitrarietà nel modo in cui si susseguono gli eventi, laddove gli snodi narrativi principali sembrano verificarsi sempre convenientemente al passaggio dei protagonisti. In particolare il quarto episodio, che si apre con un poco aggraziato deus ex machina, appare talmente slegato dalla linea narrativa dipanatasi fino a quel momento da dare l’impressione che le tre puntate precedenti fossero un mero riempitivo.
La stessa Kamala, che in teoria dovrebbe farsi carico del punto di vista dello spettatore e favorirne il coinvolgimento nella storia, si dimostra in realtà manchevole nell’adempiere a tale compito perché è una protagonista passiva; fa ciò che altri le dicono di fare, si cava d’impiccio perché altri intervengono per risolvere la situazione. Lei e le amiche stanno per venire sopraffatte e Riri la fa portare in salvo da FRIDAY, Blade dice di andare a Nuova Asgard e lei ci va, e questi sono solo due dei numerosi esempi presenti nel corso della serie. In altre parole, non è un personaggio che fa avanzare la storia con le proprie azioni ma uno che si limita a venire manovrato dalla storia e quando un protagonista non viene percepito come attivamente partecipe della narrazione diventa difficile per il pubblico creare con esso un solido legame emotivo.

Inoltre, il conflitto proviene sempre e solo dall’esterno e si sviluppa unicamente sul piano fisico. Ci sono gli zombie che vogliono mangiare i sopravvissuti, c’è il despota dei rifugiati che vuole sacrificare gli eroi, c’è la Regina dei Morti che vuole portare una distorta pace nel mondo. Tutte minacce esterne, tangibili e immediatamente intellegibili, da prendere a pugni o dalle quali scappare. Non ci si concentra però mai sui conflitti interiori dei protagonisti. Nessuno di essi ha un vero e proprio arco narrativo, non ci sono fatal flaw da superare, né altre sfide personali da affrontare: manca insomma un’evoluzione. Gli unici accenni che vengono fatti in tal senso riguardano i personaggi di Kamala e Red Guardian, dove si affronta fugacemente il tema dell’elaborazione del lutto, ma è una questione che si risolve in entrambi i casi nel giro di un paio di scene al massimo. In breve, c’è una sensibile carenza di sfaccettature nella caratterizzazione degli eroi.
Allo stesso modo, anche le dinamiche interpersonali tra questi ultimi appaiono a dir poco piatte. Kamala incontra altri sopravvissuti, questi si uniscono alla sua missione per salvare il mondo dall’orda di zombie e proseguono insieme verso questo obiettivo comune fino al successivo snodo narrativo. Stop. Questa è l’unica dinamica di gruppo, che rimane invariata dall’inizio alla fine. Non sorgono mai contrasti tra i vari protagonisti, nè divergenze d’opinioni, né conflitti basati su obiettivi personali contrapposti. Ad esempio, si sarebbe potuto sfruttare più a fondo il personaggio di Zemo dopo essersi uniti alla squadra, dandogli delle motivazioni recondite in netto contrasto con quelle di Kamala e soci. Questo avrebbe aggiunto un certo grado di incertezza nella storia e innalzato il livello di tensione. Invece, dopo il secondo episodio Zemo diventa completamente irrilevante.
Il problema di un approccio tanto superficiale, basato unicamente su conflitti esterni e che ripudia qualunque tipo di sottotesto, è che costringe la narrazione a procedere su binari troppo lineari, gli sviluppi diventano prevedibili e quindi ci si espone al rischio di far perdere interesse al pubblico molto velocemente.
Paradossalmente però Marvel Zombies riesce a scongiurare questo esito tutt’altro che auspicabile proprio grazie alla sua brevità. Infatti, se la narrazione fosse stata più diluita è molto verosimile che le mancanze fin qui descritte avrebbero avuto un impatto decisamente maggiore sulla resa complessiva della serie. Invece, disponendo di soli quattro episodi da circa trenta minuti, gli autori hanno dovuto compattare la storia, tagliando tutto il superfluo. Il risultato è una narrazione dal ritmo incalzante, che non si incunea mai in lungaggini o passaggi ridondanti. I momenti per tirare il fiato ci sono ma si percepisce sempre la smania di passare quanto prima allo snodo narrativo successivo. In breve, non si ha quasi il tempo per soffermarsi sui difetti ma si viene costantemente gettati nel vivo dell’azione e questo mantiene viva l’attenzione degli spettatori.
Anche sotto il profilo registico si nota l’impegno nella ricerca di soluzioni in grado di favorire il coinvolgimento di chi guarda nelle scene più adrenaliniche. Ne è un esempio il piano sequenza al cardiopalma che apre l’episodio 2 ma anche la battaglia finale dell’episodio 4 regala momenti visivamente suggestivi.

Inoltre, essendo quella di Marvel Zombies una realtà alternativa rispetto al MCU tradizionale, gli autori hanno avuto piena libertà di gestire i personaggi senza preoccuparsi minimamente della continuity o di direttive dall’alto. Ne consegue che, ad eccezione della protagonista, Kamala, nessuno degli eroi che appaiono nella serie può contare su un qualche tipo di plot armor che lo tiene al sicuro da una fine prematura. Anzi, nel corso delle puntate i personaggi principali muoiono letteralmente come mosche, per giunta nei modi più truculenti (la componente splatter è invero preponderante all’interno della serie). Questo non solo garantisce un buon grado di intrattenimento per stomaci forti ma mantiene anche costante la tensione, a causa dell’incertezza derivata dal sapere che chiunque può essere il prossimo a venir dilaniato orribilmente.
Marvel Zombies è una serie nata come spin-off di What If…?, altra produzione animata disponibile su Disney+ ormai giunta alla terza stagione, e in quanto tale ne riprende in tutto e per tutto lo stile di animazione. Ereditandone i pro e i contro.
Anche in questo caso infatti viene impiegata una CGI renderizzata in cel shading che riproduce un’estetica 2D. Si tratta di una tecnica che negli ultimi anni va per la maggiore nel campo dell’animazione, con risultati visivamente notevoli (basti pensare ai due Spiderverse o a Tartarughe Ninja: Caos Mutante). Anche in questo caso il colpo d’occhio generale è gradevole, tuttavia qualcosa inizia a stridere quando ci si sofferma sulle animazioni vere e proprie. Queste infatti appaiono un po’ legnose; non è raro vedere personaggi in situazioni concitate esibire movenze poco naturali, quasi ingessate. Il che si traduce anche nella totale incapacità dei personaggi di articolare espressioni facciali convincenti, finendo spesso per assomigliare più a statue di cera che a individui in grado di provare emozioni. Certo, nulla in grado di rovinare l’esperienza ma, proprio come nella serie madre, anche qui la sensazione è che questo comparto estetico strabordante di colori accesi ed effetti visivi roboanti, rappresenti anche un furbo sotterfugio per mascherare quanto più possibile le limitazioni tecniche.

In conclusione, Marvel Zombies è una serie godibile e immediata, che può essere fruita per intero anche nel corso di una sola serata e che offre un intrattenimento disimpegnato. Anzi, si potrebbe dire che rappresenti l’esempio lampante di ciò che si intende quando si parla di “prodotto per spegnere il cervello”. Ovviamente questo non può essere una scusante per le sue mancanze, che sono presenti e devono avere un peso nella formulazione di un giudizio complessivo. Motivo per il quale è difficile dare alla serie una valutazione che oltrepassi la sufficienza. Però, come detto in apertura, l’obiettivo di divertire senza troppi fronzoli viene centrato appieno e chi fosse alla ricerca di un prodotto per svagarsi distrattamente al termine di una lunga giornata può senz’altro dire di averlo trovato.
Abbiamo parlato di:
Marvel Zombies
Diretto da Bryan Andrews
Storia di Bryan Andrews e Zeb Wells
Marvel Animation, 2025
Animazione, 4 episodi, 35 minuti circa a episodio
