“Initial D” di Shuichi Shigeno: un drift nella storia

“Initial D” di Shuichi Shigeno: un drift nella storia

Alla scoperta del manga cult di Shuichi Shigeno sullo street racing che ha segnato l’immaginario di una generazione di giapponesi.

initiald_1_coverQuando alla Milan Games Week & Cartoomics tenutasi tra il 24 e 26 Novembre 2022 è apparsa, allo stand J-Pop, una vecchia Toyota AE86 bianca – dal design sportivo ma vintage con tanto di fari a scomparsa, cofano nero e degli ideogrammi giapponesi apposti sulla portiera bianca – quanti l’hanno riconosciuta hanno di certo sorriso per la bella notizia che questa portava.
La pubblicazione di Initial D ad opera di Edizioni BD colma infatti una lacuna importante nel mercato italiano dei manga, parzialmente riparata nel corso degli anni da versioni scansionate, tradotte in modo amatoriale e rese disponibili illegalmente in rete a beneficio di uno ristretto numero di appassionati.
Ma da autentico fenomeno di massa, qual è in Giappone Initial D, non poteva certo continuare ad essere ignorato dal nostro mercato considerato il ruolo da assoluto protagonista che il manga ricopre attualmente sin in fumetteria che nelle librerie generaliste.

Ecco allora che l’edizione italiana riprende la shinsōban giapponese pubblicata tra il 2020 e il 2021 per un totale di 24 volumi a cadenza bimestrale con il supporto, nel ruolo di curatore, del popolare youtuber nonché fumettista Dario Moccia. Una strategia di marketing che mira con furbizia a generare hype. Non che servisse molto: se da un lato infatti il manga di Shuichi Shigeno è opera sul cui valore artistico si può certo discutere, non è invece assolutamente in discussione l’impatto culturale che questa ha avuto  in Giappone dal 1995, data della sua prima apparizione sulla rivista Weekly Young Magazine, ad oggi e l’enorme successo di vendite: si parla di 55 milioni di copie in circolazione ad Aprile 2021, che lo ha portato a diventare un autentico franchise coronato da diverse serie anime, videogiochi, un film d’animazione e persino una pellicola live action prodotta ad Hong Kong.

Che poi a ragionare sul perché di un simile successo si finisca sempre, in ambito manga, per fare il nome di Go Nagai non sorprende più. Se infatti il padre del genere robotico fu Mitsuteru Yokoyama, l’idea di far pilotare i robot dall’interno come fossero auto è da attribuirsi al creatore di Mazinga Z. Come auto appunto, ed ecco allora che Initial D si svela per quello che in realtà è: una riproposizione del genere mecha esploso già negli anni ‘70. Vero è che la Toyota Trueno non ha armi in dotazione, ma nel suo rapporto simbiotico con il protagonista non può non ricordare Tetsuya e il Grande Mazinga. Per non parlare di uno storytelling che predilige, come nel caso dei super robot, uno sviluppo verticale della trama tale da rendere la fidelizzazione del lettore non necessaria alla comprensione di un manga che procede per sfide stand-alone.

Initial-D-bannerQuesto consolidato schema narrativo, che prevede un eroe impegnato ad affrontare nemici/avversari sempre più forti, come in una successione di livelli, ha dei chiari connotati videoludici.  Initial D è in fondo anche questo, un giocattolone che si candida sin dal primo numero a guilty pleasure per una generazione che trascorreva i pomeriggi immersa nei cabinati arcade e, priva dei social, viveva del passaparola tra i banchi di scuola. Il manga di Shigeno ha plasmato l’immaginario di questa generazione di lettori, ergendosi a leader d’opinione per quanto concerneva corse e auto sportive che sono autentica linfa di ogni dibattito tra adolescenti. Ciò è stato reso possibile grazie alla supervisione editoriale di Keiichi Tsuchiya, pilota professionista e pioniere del drifting che ha fatto si che Initial D si distinguesse anche per l’uso di una corretta terminologia automobilistica in ausilio alla rappresentazione di corse sì spettacolari e ricche di colpi di scena ma non per questo prive di realismo.

Così facendo ha permesso ai giovani ragazzi giapponesi di sognare un futuro da professionisti dello street racing. Non si può far mistero infatti che Initial D sia opera rivolta prevalentemente ad un pubblico maschile. Nonostante il tentativo di inserire pilote donne, non c’è pluralità di sguardo e neppure quell’attenzione all’approfondimento psicologico e alle dinamiche relazionali che avrebbe potuto attirare un pubblico femminile. I risvolti romantici sono banali e privi di conflitti e tensioni e sembrano messi lì come a voler spuntare la casella “presente”. A Shigeno in fondo non interessa grattare la superficie del suo racconto che è come la carrozzeria di una bella auto da corsa, appariscente eppure povera di contenuto.

E allora dov’è nascosta l’anima del suo Initial D? Ovviamente è nel cofano della Toyota AE86, la vera protagonista, la macchina con cui Takumi fa le consegne per conto del padre e del suo negozio di tofu, il cui nome campeggia sulla portiera. Una macchina già all’epoca vecchia, che pure riesce a tenere il passo di moderne auto da corsa, una macchina che, a fronte di un piccolo sforzo economico, chiunque avrebbe potuto permettersi.1  Ed è proprio qui che Shigeno sorpassa Nagai: il sogno che il primo regala ai suoi giovani lettori ha dalla sua un certo grado di plausibilità. Non occorre aver superato la pubertà per comprendere come salire su una Trueno AE86 sia certo più realizzabile che salire nella cabina di Mazinga.

Shigeno indovina anche la scelta del background del suo protagonista, non un pilota professionista o comunque predestinato al mondo delle corse, come Go Mifune in Speed Racer, ma un liceale svogliato e dall’aria apatica, che sembra subire la vita anziché morderla. Un otaku proprio come i suoi lettori, che riescono dunque a immedesimarcisi senza particolari sforzi. Un ragazzo il cui talento è coltivato, a sua stessa insaputa, dal padre che nell’affidargli le consegne del tofu ne allena le doti di pilota costringendolo a portare un bicchiere colmo sul cruscotto stando attento a non versarne neppure una goccia.

A suggello della ricetta perfetta, non poteva mancare la rivalità tra gang che in ambito manga ha, quale illustre predecessore, il capolavoro di Katsuhiro Otomo Akira. Ma mentre in quest’ultimo le bande di giovani motociclisti si danno battaglia nelle strade di una Tokyo distopica, nel manga di Shigeno il terreno di sfida sono i passi di montagna, come la discesa del Monte Akina nella prefettura di Gunma. La forza del racconto e la sua capacità di coinvolgere sta anche in un’ambientazione che è riconoscibile e di fatto accessibile. Non ci troviamo in una metropoli di un futuro post-apocalittico né in circuito dove solo affermati piloti professionisti possono gareggiare, ma in delle comuni strade urbane e di campagna che chiunque può percorrere.

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Venendo ai disegni, questi sono croce e delizia del manga. Delizia che è tutta nell’incredibile capacità di Shigeno di trasmettere l’idea della velocità e del movimento delle automobili grazie al sapiente uso delle linee cinetiche, della scelta delle inquadrature e delle angolazioni delle tavole. Un talento che aveva già mostrato in Bari Bari Densetsu dove però a farla da padrona erano le motociclette. Perché lo Shigeno ragazzo io me lo sono sempre immaginato così: a scuola che si diverte a scarabocchiare auto sui quaderni dove invece avrebbe dovuto fare i compiti. Ora non so se le cose siano effettivamente andate così, ma resta comunque evidente che le sue chine si trovino più a loro agio quando alle prese con carrozzerie e pneumatici piuttosto che visi ed espressioni.

Se infatti dobbiamo imputare una croce a Initial D è proprio nel character design. Il risultato è, a voler esser generosi, alquanto naif. Volti allungati e poco caratterizzati, bocche strette con occhi e labbra semplificati al limite dello stereotipo. Per riconoscere i personaggi si deve rivolgere l’attenzione alle loro capigliature. Il risultato è alquanto penalizzante e, temo, respingente soprattutto considerato gli standard qualitativi a cui oggi sono abituati i lettori di manga. Stiamo parlando di un’opera il cui successo va comunque contestualizzato in un periodo, quello tardo anni ‘90, in cui era ‘novità’ tutto quanto oggi è invece ritenuto ‘obsoleto’ e sono curioso di vedere se il suo fascino, ormai vintage, farà breccia nei cuori dei lettori italiani. Questo solo il tempo potrà dircelo, ma sarebbe sciocco non dare una chance all’opera che, a detta di molti, ha ispirato Fast & Furious che proprio alla Toyota Trueno dedicò un cameo nel suo terzo capitolo ambientato a Tokyo.

Abbiamo parlato di:
Initial D. Vol. 1
Shuichi Shigeno
Traduzione di Alessandro Colombo
Edizioni BD, Marzo 2023
440 pagine, brossurato,  bianco/nero – 12,90 €
ISBN: 9788834918944


  1. Il successo di Initial D ha contribuito all’aumento considerevole del costo dell’usato della Toyota Trueno, tendenza di mercato che è stata ribattezzata “Tofu Tax” proprio in riferimento al manga. 

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