Le avventure del maggiore della nona sezione, Motoko Kusanaghi, narrate in Ghost in the Shell, si erano concluse con la protagonista sul punto di intraprendere una nuova esistenza. Finale suggestivo, poiché alimentava nuovi interrogativi: che cosa sarebbe stato di Motoko? Come si sarebbe evoluta la nuova forma di esistenza? E, non ultimo, che cosa sarebbe stato di quel terribile mondo umano, che Shirow ci aveva presentato, dove potere ed etica erano ormai estranei l’uno all’altra?
Ebbene, Shirow precisa immediatamente, nel risvolto di copertina di ManMachine Interface: “Non si tratta, dunque, di una storia incentrata sulle vicende della Nona Sezione. […] Mi dispiace per coloro i quali si aspettavano tematiche affini al primo volume, ma invito tutti a comprendere le mie motivazioni.”.
Di che cosa parla, quindi, questo secondo volume della saga del futuro cibernetico di Shirow?
Notiamo, anzitutto, che in Man Machine Interface, Shirow porta all’estremo il proprio approccio alla narrazione tramite fumetto: lo scenario che propone è quello dell’annullamentodella realta, come modello di conoscenza; questo modello, infatti, è tipico degli esseri umani, e gli esseri umani, nel mondo che Shirow ci presenta, sono assolutamente marginali.
Man Machine Interface racconta il mondo, visto con i sensi filtrati da un cyberbrain.
Che ne è del mondo degli uomini, ed altre domande
Ghost in the Shell si svolgeva nel mondo degli uomini e presentava una società umana che aveva quasi espulso l’etica dal proprio orizzonte. ManMachine Interface si svolge, sostanzialmente, nella rete. Il mondo umano fa da sfondo agli spostamenti del cyborg Aramaki attraverso vari corpi; gli eventi significativi dell’indagine avvengono nel cyberspazio, e uno degli interrogativi principali, che questo racconto stimola, è appunto quello che riguarda la relazione fra il mondo degli uomini ed il mondo dei cyborg. Sicuramente (accade già nel mondo intorno a noi), quello che accade nella rete influenza il mondo degli uomini; ma la rete può ambire ad una realtà propria, indipendente dagli esseri umani? Esiste un percorso che possa condurre ad una simile indipendenza ed autosufficienza?
Che l’evoluzione del sistema informatico sia oggetto di studio emerge fin dal prologo, dove Shirow presenta una misteriosa congrega, fra i cui componenti ritroviamo il capo della nona sezione, che si avvale dei servigi di un ufficio spirituale e dei suoi medium. Quali sono gli obiettivi di questa associazione? Quale il suo campo di attività? Quali le ragioni che hanno portato alla sua costituzione?
Ed il mistero si infittisce, notando che non solo il prologo, ma anche l’epilogo,sono antecedenti agli eventi narrati nei capitoli. Non possiamo, quindi, evitare di interrogarci sulla natura della realtà delle vicende a cui assistiamo: sono reali? Oppure sono visualizzazioni di scenari, secondo un qualche modello previsionale dell’Ufficio Spirituale?
Il caso dei maiali misteriosamente uccisi a Poseidon
Nei capitoli che compongono questo corposo volume, seguiamo l’indagine, condotta dal cyborg Motoko Aramaki, sulla ricerca dei responsabili della manomissione di alcuni maiali di un allevamento di animali, modificati geneticamente per essere utilizzati come riserva di organi per trapianti su esseri umani. Aramaki è assistita da una squadra di simpaticissimi sistemi informatici, rappresentati in forma di teneri pupazzetti. L’indagine si svolge attraverso una serie rocambolesca di scontri, che hanno luogo nello spazio definito dalla rete informatica (é stupefacente l’immensità di questa rete, diceva Kusanagi, al termine di Ghost in the Shell). Caratteristica fondamentale di questa rete è che suoi nodi sono non solo (e non tanto) le semplici macchine server; bensì anche la miriade di cyber-brain attivi, cioé i cervelli potenziati dei cyborg. Infiltrarsi in un cyber-brain significa assumere il controllo del corpo a quello collegato; questa è una delle principali risorse ed abilità di Aramaki. Detto con una terminologia forse più adatta al precedente volume, i cyborg sono in grado di spostare il proprio spirito da un corpo all’altro. Con poche eccezioni, quindi, gli scontri che affollano questo volume non sono scontri fisici: Shirow li rappresenta come tali, preoccupandosi, pero’ di puntualizzare che ogni arma, meccanismo, colpo ed ogni corpo (generalmente un tornito nudo di Aramaki), mostrato all’interno del cyberspazio, è solo una metafora. Inoltre, ogni azione, compiuta in questo spazio, è accompagnato da frasi in gergo pseudo informatico, oscure come incantesimi, quasi a richiamare la famosa legge di Clarke, secondo la quale: una tecnologia sconosciuta e molto più avanzata, di quella a cui siamo abituati, appare come magia.
Sono importanti questi scontri, nell’economia del racconto? Vediamo: immaginiamo di espungere le pagine che li accolgono; lasciamone magari uno, per non perdere l’effetto di disorientamento tecnologico. Ebbene: rimaniamo con un fascicoletto che, probabilmente, non arriva ad un terzo dell’originale. Perdiamo, forse, qualcosa dell’ambientazione e dello svolgimento dell’intreccio? No.
Questo perché tutto il volume ruota attorno alla sola Aramaki e non vengono presentati ed esplorati altri personaggi. Inoltre, dal punto di vista della narrazione, capitolo finale ed epilogo riprendono direttamente le questioni e le suggestioni proposte dal prologo, senza che tutto quello che sta in mezzo sia di aiuto all’interpretazione ed al godimento della lettura. Gli indizi lasciati da Shirow nei vari capitoli (il file trovato casualmente da Motoko, nel diario dei pirati di >i>Underwater, l’incontro con lo strano virus in Circuit Weapon, e così via) alludono ad una trama che tiene legati tutti gli eventi, ma sono decisamente marginali; un po’ buttati là, per rassicurare il lettore che, sì, sta leggendo una storia singola e non degli episodi slegatai tra loro.
Estremizzando, ma non troppo, si può sostenere che tutto potrebbe esaurirsi nella successione di prologo, capitolo 5 (Mold of Life) ed epilogo.
Il resto, più che altro, fa spessore cartaceo, docve comunque Shorow dispiega tutta la propria abilità grafica.
Tecniche induttive dell’attenzione
In questo volume, Shirow sfrutta intensamente il disegno e la colorazione tramite programmi di grafica, da anni sua passione dichiarata. Il disegno è, al solito, particolareggiato in modo quasi maniacale, anche quando si tratta di rappresentare lo spazio astratto della rete. Inoltre, sempre coerente alla propria ispirazione (o mania), Shirow non perde occasione di proporre nudi e vestiti femminili, che paiono presi dal guardaroba di un film pornografico. A tal proposito, un personaggio recita, rivolto ad un collaboratore incaricato di sorvegliare Aramaki: “Non farti confondere dalla sua ultraminigonna. Fa parte delle sue tecniche induttive dello sguardo”. Il personaggio è inquadrato con un primo piano, ed è lecito pensare sia lo stesso Shirow che si rivolge al lettore.
Lo stile grafico di Shirow risalta anche nelle tavole in bianco e nero, che a, nostro parere, riscattano il senso di freddezza comunicato dai virtuosismi cromatici digitali. Le linee ritrovano la morbidezza che avevamo ammirato, ad esempio, in Orion ed Appleseed; anche gli sguardi e le espressioni ci appaiono più vitali in queste scene, laddove nelle tavole colorate si percepisce una certa staticità o rigidità dei corpi, mentre la mimica facciale rimane piuttosto neutra, se non forzata in caricatura.
Tuttavia, Shirow non si limita a far sfoggio di abilità e passione per la sperimentazione tecnica (ricordiamo che il volume risale ad oltre un decennio fa), ma offre dimostrazione cristallina della sua capacità di creare atmosfere suggestive ed ambientazioni cariche di aspettative. Emblematiche le prime due tavole del volume, che catturano immediatamente il lettore e lo precipitano in un mondo misterioso, dove spiritualità, domande di senso e complessità si intrecciano. Di intenso potere suggestivo sono poi le tavole di Circuit Weapon, dove assistiamo alla violazione, da parte di Aramaki, della Ghost Line di un collaboratore; mentre tutta la lunga scena dell’immersione di Aramaki nello Stabat Mater e nel Decatoncale è probabilmente fra le migliori della produzione di Shirow, per la loro capacità di assorbire lo sguardo del lettore.
L’arte dell’intreccio secondo Shirow
Il fascino magistralmente suscitato in molte tavole tuttavia si perde, in maniera sostanziale, nel corso della lettura, laddove si tenti di ricostruire che cosa stia accadendo. La narrazione di Shirow non riesce a mantenere le aspettative e si perde nella rappresentazione capziosa di una successione frenetica di scontri ed eventi. Da una parte, questo metodo di narrazione comunica efficacemente il senso di smarrimento di fronte ad una realtà ormai al di là delle capacità di lettura dell’umanità semplice, con i suoi cervelli non potenziati. Tuttavia, il risultato netto è una difficoltà di lettura, che non comunica altro che se stessa. In questo senso, tutto il volume sembra una sorta di rappresentazione di un problema, che pero’ l’autore non tenta di dipanare. Shirow raffigura un mondo quasi incomprensibile, dove la nostra attenzione è continuamente focalizzata sul dettaglio; ci fa perdere di vista il disegno complessivo, senza proporre chiavi di lettura. Si badi bene: riconosciamo a Shirow grande maestria nell’evocare un mondo ed il senso di complessità; ma sottolineiamo che questa capacità porta con sé la responsabilità di soddisfare le attese suscitate. Bene, Shirow sfugge a questa responsabilità, accumulando stimoli e rimandandone la soddisfazione.
Vero è che i molteplici rimandi extratestuali dell’autore lasciano sospeso il dubbio se, con una più approfondita conoscenza, saremmo in grado di dipanare la vicenda narrata: conoscere lo shintoismo(richiamato, ad esempio, nell’epilogo) forse aiuterebbe a capire qualcosa di più? Oppure, sarebbe di aiuto aver giocato al video game di Ghost in the Shell (il luogo dove è custodito il cebot Clarice ricorda decisamente l’ambiente dell’intro del videogame)? Forse, pretendere di afferrare il senso dell’opera di Shirow dalla prospettiva del singolo lavoro è un errore riduzionistico; la grande forza delle suggestioni create ci spinge a non scartare questa (estema?) possibilità.
Il finale e oltre
L’indagine di Aramaki sui maiali transgenetici è solo un filo narrativo. Lungo questo filo, Shirow introduce quelle che appaiono le questioni centrali, che si guarda bene dal risolvere. D’altra parte, l’autore chiarisce, nel finale, il legame fra la Motoko Kusanagi, eroina di Ghost in the Shell e la Motoko Aramaki, protagonista di questo ManMachine Interface. Tuttavia, questo chiarimento, suscita interrogativi che ribadiscono e si sommano a quelli sollevati già nel prologo. Alla fine, tutto ciò sembra annunciare, o rimandare a un ulteriore capitolo di questa saga, che, visti i tempi produttivi e le attività di Shirow, chissà quando, e se, mai vedremo.
roberto
31 Maggio 2021 a 18:09
nessun accenno alla qualità scandalosa della stampa delle pagine a colori? Una carta pessima e alcune pagine che risultano quasi illeggibili. un affronto a tavole eccezzionali.
la redazione
4 Giugno 2021 a 09:13
Si è preferito parlare della storia che della veste editoriale.