Il martedì e il mercoledì in USA sono i giorni dedicati all’uscita dei nuovi albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questa puntata attenzione puntata su alcune delle novità uscite tra metà settembre e metà ottobre 2023.
Marvel Comics
“- I’m too old for this. –
– No, I am old. You are just tired – […]
-I am good. And you, Wyn? Are you good or are you evil?-
-Stephen, my boy…who can tell the difference anymore?-”
Con questo scambio di battute tra il Dottor Strange e il misterioso Wyn inizia e (quasi) finisce il primo numero di G.O.D.S., una delle serie Marvel più attese dell’anno per via del suo team creativo: il deus ex-machina della Casa delle Idee Jonathan Hickman, insieme alla nuova coppia per eccellenza dei maxieventi Marvel, ovvero Valerio Schiti e Marte Gracia.
Ma in questo primo numero, a lungo sponsorizzato dalla casa editrice con vari trailer che ne indicavano la portata storica, il lettore si potrebbe trovare abbastanza spiazzato, viste queste premesse ambiziosissime. A scanso di equivoci, possiamo dire che Hickman si mantiene fedele a sé stesso: fin da subito inizia a seminare indizi sibillini su un grande e misterioso scontro avvenuto nell’ombra tra l’Ordine-Naturale-Delle-Cose e The-Powers-That-Be (locuzione inglese che si riferisce a sedicenti “autorità superiori”), introduce nuovi personaggi, nuovi spicchi di universo, ce ne mostra altri come mai prima d’ora (la Libreria dei mondi, per esempio) e fa giocare personaggi noti in contesti di portata cosmica (si veda il Dottor Strange che preannuncia un catastrofico evento Babilonia, il fulcro dell’azione di questo primo numero).
Mentre questi eventi grandiosi ed epici si dipanano di fronte al lettore, l’autore si diverte a costruire la sua risoluzione, affidata ai nuovi personaggi Wyn e il suo apprendista Dmitri, come una colorata quest attraverso angoli remoti del cosmo Marvel, un’avventura arguta e quasi picaresca. Eppure nessuna di queste due parti è il vero centro di questo primo numero extralarge: più che presentarci l’epica e la crucialità degli eventi e dei personaggi messi al centro della trama, Hickman usa questo numero per costruire il personaggio del millenario Wyn, partendo dal suo passato, dal suo amore impossibile per sua moglie, divenuta Centivar, un’avatar dell’Ordine-Naturale-Delle-Cose, e proseguendo col farci vedere il suo modus operandi, fatto di astuzia, fascino, magie e sotterfugi, ma anche la sua natura a tratti malinconica e segnata dal tempo (vedasi il dialogo iniziale).
Sebbene l’albo offra una costruzione divertente e ricca di azione, oltre a numerosi spunti interessanti, dialoghi ricchi e profondamente umani (molto diversi dai toni epici e talvolta algidi di gran parte della produzione hickmaniana), questo numero introduttivo non riesce pienamente ad essere all’altezza delle grandi aspettative che si erano create: la grandeur dello scontro e della quest lasciano un po’ troppo in ombra i nuovi concetti introdotti, una sovrastruttura cosmica di cui alla fine di questo primo capitolo non sappiamo nulla e nulla ci viene dato; anche i personaggi stessi, benché ben resi e caratterizzati, sono ancora troppo aderenti a dei cliché già ampiamente abusati (lo scudiero chiacchierone, la donna forte ma anche incline al sentimento) e lo stesso Wyn risulta in molti punti troppo derivativo.
A dare struttura e corpo alla storia è il (potremmo ormai dire consueto) grande e potente lavoro della premiata coppia Schiti-Gracia: il livello di sintonia tra i due è totale e si nota sia nei momenti di grande concitazione (lo scontro dal sapore chtuliano con il misterioso Protomago Cubisk Core è un esempio da manuale di come uso di inquadrature e di giochi di luce possano donare dinamicità e ritmo anche a splash page o inquadrature da vicino) che in quelli più dialogici (lo scambio tra Wyn e la moglie, per ancora poco, Aiko), in cui si nota un ulteriore miglioramento di Schiti nel definire mimiche facciali e corporee, oltre alla capacità di costruire tavole dallo storytelling chiarissimo e sempre ben ritmato. Anche il character design, sebbene più minimale e forse meno d’impatto di altre opere degli autori (AXE Judgment Day su tutti) rende comunque il numero molto elegante e pulito. A questo si aggiungono sprazzi di grande inventiva e potenza grafica, dalla reinvenzione del Collezionista ai brevi stralci offerti su angoli dell’universo Marvel noti e meno noti, che fanno capire quanto questo primo numero sia una lenta accensione in attesa di esplodere nei prossimi numeri.
Comunque sia, pur forse non rispettando tutte le aspettative, la lettura di G.O.D.S. ha tanti momenti appaganti e di grande intrattenimento, e mostra inoltre un lato di Hickman visto raramente, più attento alle relazioni tra i personaggi che alle grandi strutture. Anche la natura autoconclusiva dell’episodio e il finale molto luminoso, basato proprio sulle relazioni più intrinseche all’uomo (in questo caso l’amore e i sacrifici che si fanno per esso) sono qualcosa che è sempre stato sotterraneo, mai così palese, nelle storie dello scrittore del North Carolina. E forse questi elementi, oltre alla continuità e sensibilità artistica di Schiti e Gracia, possono far ben sperare per una serie che pensa in grande, ma che non dimentica di tenere piedi ben piantati a terra, e che non rischi di finire nel vuoto come altri progetti ugualmente ambiziosi dell’autore (ogni riferimento a S.H.I.E.L.D. è puramente intenzionale).
Emilio Cirri
Di seguito, le copertine delle altre novità della Marvel Comics.
DC Comics
All’annuncio dei nuovi team creativi della Dawn of DC, nel 2022, quello composto da Si Spurrier e Mike Deodato Jr. sulla testata di Flash aveva lasciato perplesso più di un lettore. E non tanto per la qualità dei singoli autori, quanto per la loro affinità con il personaggio. Cosa avrebbe potuto offrire il caustico, irriverente e spesso oscuro Spurrier alla ritrovata solarità di Wally West? E come avrebbe interpretato graficamente il Velocista Scarlatto Deodato Jr., noto per lo stile lo scultoreo e piuttosto statico?
La risposta è contenuta in un numero uno a tratti sorprendente e inaspettato, dalle tinte quasi horror che ricorda per molti versi Swamp Thing di Ram V e Mike Perkins.
Wally West si trova nel punto in cui Jeremy Adams lo ha lasciato al termine della sua ottima run, dopo averlo ricostruito da zero: marito e padre felice, ricercatore presso l’azienda di Michael Holt, alias Mr. Terrific, supereroe consapevole. E fin dalla prima pagina, Spurrier inizia a minare ognuna di queste certezze: la Speed Force inizia a mostrare segni di cedimento e punti oscuri, i poteri di Wally non sono più stabili e anche nella sua famiglia le cose vanno bene solo in superficie. A questo si aggiunge un Gorilla Grood più inquietante che mai e una misteriosa minaccia che nasce dalla fonte dei poteri dei velocisti.
Spurrier riesce a mescolare sfide e pericoli tipicamente supereroistici con tensioni e problematiche prettamente umane, tra crisi familiari sotterranee e insicurezze personali (potente e sottilmente angosciante la scena di Linda Park che, con in braccio il nuovo nato Wade West, vede muoversi intorno a sé la propria famiglia alla velocità della luce, rimanendo poi sola con i suoi pensieri e tutte le avvisaglie di una depressione post parto).
Questo senso di ansia perenne è ben reso dalle matite di Deodato Jr., che grazie a un sapiente uso delle ombre e del tratteggio rende ben visibile il tormento e la tensione dei personaggi, dei loro volti e dei loro gesti. La frizione che si crea tra una rappresentazione quasi fotorealistica con momenti quasi di body horror, insieme con un uso di colori cupi e plumbei, definiscono un’atmosfera di terrore strisciante. Anche la staticità dei disegni, a cui il disegnatore ovvia nelle scene più dinamiche con una costruzione vivace e frammentaria della pagina, è in realtà molto azzeccata per rappresentare il malfunzionamento della Speed Force.
The Flash #1 è un numero che supera ampiamente le aspettative, che stupisce e mette sul tavolo numerosi elementi con potenzialità enormi e devastanti per lo sviluppo futuro del personaggio.
Emilio Cirri
Di seguito, le copertine delle altre novità della DC Comics.
Image Comics
La notizia del rilancio in grande stile di un universo condiviso da Transformers e G.I. Joe ad opera di Image e l’imprinting Skybound di Robert Kirkman è stata una di quelle più chiacchierate della prima parte del 2023 nel comicdom statunitense, per via dei grossi nomi coinvolti e della progettualità percepita. Tra le serie annunciate, sicuramente Transformers era quella più attesa, in particolare vista la partecipazione dell’ormai superstar Daniel Warren Johnson.
E quindi eccoci arrivati a parlare di Transformers #1, albo dal sapore che più classico non si può: dopo poche vignette ci ritroviamo, insieme ai protagonisti umani della vicenda, su una astronave schiantatasi al suolo che contiene superstiti degli Autobot e dei Decepticon. Il computer di bordo li risveglia casualmente e questo porta all’immediato esplodere di scontri spettacolari a colpi di armi da fuoco e mosse di wrestling, che apre alla guerra per l’Energon e per la supremazia tra le due fazioni.
Non è propriamente un albo per non iniziati, questo primo della serie: tutto accade molto velocemente, secondo un copione già visto nelle precedenti incarnazioni a fumetti, serie animate e film, e si presuppone che questi fatti siano già assodati. Da questo punto di vista, quindi, questo esordio appare come principalmente rivolto a una platea di appassionati e pieno di cose già viste, che si concentra soprattutto sulla velocità senza badare a troppi fronzoli e a rispiegare per l’ennesima volta chi sia chi (una premessa forse rischiosa, ma in questo caso l’unica possibile, a mio parere).
La cifra stilistica di Daniel Warren Johnson, necessaria per mitigare la sensazione di piatto riscaldato, emerge a fasi alterne: pur limitato dal design spigoloso dei personaggi, prova ad infondere una certa carica di dinamismo grazie ad alcuni suoi marchi di fabbrica, come il combattimento a mani nude, che tra robottoni alti svariati metri strappa qualche sorriso, e l’uso di colori sgargianti. Purtroppo Johnson non sembra sempre ispirato e il risultato talvolta non è all’altezza dei suoi lavori migliori.
Sul piano della trama, invece, l’artista sembra spargere qualche piccola briciola che potrebbe avere interessanti sviluppi futuri: da una parte abbiamo i ragazzi protagonisti, con la loro voglia di fuggire, il loro volersi autodeterminare e le loro difficili relazioni famigliari (tutti temi cari a Johnson), dall’altra abbiamo alcuni colpi di scena su personaggi molto noti tra Autobot e Decepticon che promettono sviluppi di trama interessanti.
In definitiva Transformers #1 si presenta come un albo che promette più di quanto non faccia vedere e che sa intrattenere grazie alla buona costruzione dell’azione della scena, ma da cui forse ci si poteva aspettare un po’ di più visto le grandi aspettative su questo rilancio.
Emilio Cirri
Di seguito, le copertine delle altre novità della Image Comics.
Altri editori
Un incipit in medias res con le conseguenze di un’azione efferata, il nastro che si riavvolge, la spola tra la Spagna e Roma, una battaglia tanto veloce quanto nefasta e un colpo di scena: è questa l’ossatura di The Devil that wears my face, nuovo fumetto edito da Mad Cave, sceneggiato da David Pepose (attivo anche in Marvel Comics, per esempio con Savage Avengers) per i disegni e i colori di Alex Cormack.
Nel 1740 il miglior esorcista a disposizione del Vaticano, Padre Vieri, viene inviato presso il Marchese De Izan per liberare suo figlio dalla possessione demoniaca.
Tre sono gli aspetti più interessanti del primo episodio: anzitutto, il sacerdote attraversa un periodo di crisi, la sua fede vacilla, soprattutto perché fatica ad apprezzare l’operato dei religiosi più potenti; secondariamente, è significativo, benché abbastanza limitato, lo spazio che gli autori dedicano ai giochi di potere interni alla curia; infine, lo scontro tra colui che si fa chiamare Legione e Vieri si accende repentinamente e prende vita in una sequenza psichedelica di grande intensità, soprattutto grazie a una colorazione acida che evidenzia il passaggio dal piano della realtà a quello metafisico.
In generale, i disegni di Cormack alternano la verosimiglianza riservata alle ambientazioni e agli indumenti dei personaggi, l’enfasi con cui sono caricati il volto e le smorfie del protagonista e la mostruosità sprigionata quando il diavolo prende il sopravvento.
Nonostante il tema della possessione sia stato affrontato in tantissime occasioni e in tutti i media, The Devil that wears my face riesce a incuriosire in virtù di un esordio che svela lo stretto indispensabile e apre la strada a uno sviluppo in cui un evento accaduto in Spagna può avere ripercussioni non solo sulla Chiesa ma sul mondo intero.
Federico Beghin
Dopo il successo de Le molte morti di Laila Starr, uno dei migliori fumetti statunitensi del 2021, Ram V e Filipe Andrade tornano a raccontare una storia ispirata dalla mitologia Hindu nella nuova serie BOOM! Studios Rare Flavours.
Questa volta il protagonista è Bakasura, un rakshasa (essere soprannaturale, solitamente dalle intenzioni malevole) che secondo la leggenda avrebbe offerto protezione agli abitanti della città di Garhbeta, in cambio di sacrifici umani e cibo, e che sarebbe stato poi ucciso dall’eroe Bhima (a questo evento è dedicata la festività Bhimana Amavasya). Ed è proprio di fronte a un quadro che rappresenta questo evento che ci viene mostrato il protagonista, che come la dea della morte Laila Starr adesso vive tra gli uomini: Andrade definisce un corpo enorme, imponente, vestito elegante, con cappello e pashmina, barba e occhiali sferici dietro cui si nascondono occhi azzurrissimi.
Fin dalle prime tavole, il disegnatore brasiliano cattura l’attenzione e la curiosità del lettore su questo personaggio enigmatico grazie a un tratto esagerato e cartoonesco, a dei colori accesi, caldi e coinvolgenti. Uno stile dinamico ma anche materico, massiccio e sinuoso che accompagna ogni passo questo primo numero in cui Ram V costruisce un protagonista tridimensionale, completo di motivazioni (il voler realizzare un documentario sulla sua vita e la sua arte di cuoco) e ambiguità (il suo appetito per piatti leciti e decisamente meno leciti). Se a questo si aggiunge un comprimario interessante e da esplorare, una trama thriller che promette mistero, colpi di scena e sangue, legati dal racconto emotivo di alcuni famosi piatti della cucina indiana (con le ricette vere e proprie illustrate magnificamente da Andrade), possiamo dire che Rare Flavours si candida ad essere degna prosecuzione di un connubio artistico esplosivo.
Emilio Cirri
Benvenuti a Woodbrok, un piccola cittadina dove gli abitanti sono gentili, sostengono le imprese locali e celebrano la loro comunità. Un paese da favola abitato da animali antropomorfi che sembrano vivere una fiaba stucchevole, fatta di sorrisi e infinite gentilezze. Ma sotto una patina brillante e meravigliosa si annida una violenza indicibile che invade questo paradiso apparentemente incontaminato.
Utilizzando il verso di una canzone di Rosemary Clooney The Teddy Bears Picnic come titolo di questa miniserie della IDW, Patrick Horvath ci conduce nella vita di Samantha Strong – una tenera orsa, amata e benvoluta – che gestisce il negozio di ferramenta cittadino. In realtà Sam, dietro una maschera fatta di cortesia nasconde un terribile segreto: quello di essere una serial killer.
Horvath riesce a catturare l’attenzione del lettore grazie a una sceneggiatura in costante equilibrio tra l’adorabile e l’inquietante, utilizzando personaggi che ingenerano un senso di tenerezza per raccontare una storia ricca di tormento e orrore. Valendosi dell’iconografia del classico libro di fiabe per bambini, fatto di immagini acquerellate che ritraggono teneri animaletti impegnati in rassicuranti avventure, l’autore ci parla degli oscuri turbamenti interiori della sua protagonista facendoci riflettere sul fatto che l’orrore sa ben nascondersi tra le pieghe del quotidiano, dietro volti dalle sembianze ordinarie e serene. L’aspetto antropomorfo dei personaggi consente di aggiungere un ulteriore livello alla stratificazione narrativa, fornendo una nuova interpretazione della figura del serial killer e della sua personalità.
Anche le matite di Horvath riescono a trasmettere quel sottile senso di disagio e inquietudine racchiuso nella storia, andando a cogliere nella mimica facciale della protagonista l’esistenza della sua segreta metà oscura. Nelle tavole dove la violenza esplode senza mediazioni, giungendo a palesarsi in modo scioccante al lettore, i disegni accompagnati da colori acquarellati creano un riuscito corto circuito tra quello che sembra essere un luogo di pace e serenità e la brutalità delle azioni di Samantha.
La prima uscita di Beneath the trees where nobody sees riesce realmente a sorprendere andando rivisitare e rinnovare un genere, quello horror ispirato alle gesta dei serial killer, che sembrava essere già stato pienamente sfruttato. Costruendo una storia nella quale Dexter Morgan sembra essersi infiltrato nel mondo delle fiabe per bambini, Patrick Horvath ci regala una lettura appassionante che non deve sfuggire agli amanti del genere horror e dei thriller psicologici.
Ferdinando Maresca
Di seguito, le copertine delle altre novità di vari editori “indipendenti”.
Per questa puntata è tutto. Non ci resta che darvi appuntamento a novembre con First Issue #119.
Stay tuned!