All’interno dello Speciale sui trent’anni dell’Indagatore dell’incubo, abbiamo raccolto alcune interviste rivolte ai disegnatori principali della serie. Stavolta abbiamo l’onore di ospitare Angelo Stano.
Nato a Santeramo (Bari) il 6 gennaio 1953, Angelo Stano è uno dei più personali interpreti grafici di Dylan Dog, di cui realizza il numero uno, L’alba dei morti viventi. Dopo il liceo artistico, si trasferisce a Milano. I suoi primi approcci fumettistici risalgono alla metà degli anni Settanta: conosce Camillo Conti, direttore de L’Avventuroso, e disegna la riduzione del romanzo di Jules Verne Dalla Terra alla Luna. Nel 1977, collabora con la Casa editrice Dardo per la testata Uomini e guerra. Fino al 1983, realizza Charlie Charleston per Corrier Boy. Nel 1984 disegna Viaggio a Matera, pubblicato poi nel 1993 sugli albi Indigo della R&R Editrice. Nel 1985, conosce Tiziano Sclavi ed entra alla Bonelli nell’équipe che lavora a Dylan Dog, di cui realizza alcuni episodi e tutte le copertine a partire dal # 42, sostituendo Claudio Villa. La frequentazione del mondo narrativo di Sclavi si estende anche alle copertine e alle illustrazioni di alcuni dei suoi libri.
Che caratteristiche ha la tua interpretazione di Dylan Dog?
Direi che l’interpretazione dipenda in massima parte dalle esigenze di copione, cioè dalle indicazioni ricevute a suo tempo dallo stesso Sclavi e dalla sceneggiatura, che di volta in volta può presentare aspetti diversi o inediti del personaggio o del singolo episodio. Se prendiamo le prime storie da me disegnate, L’Alba dei Morti Viventi, Morgana e Storia di Nessuno, l’impostazione è spiccatamente drammatica, con forti contrasti di chiaroscuro. In qualche episodio, come Era Morta, l’impostazione è più da commedia nera, e l’attenzione è posta di più sui personaggi e la loro recitazione.
Cosa cerchi di far emergere dalla tua versione?
L’empatia. Il lettore deve possibilmente sentire in qualche misura il vissuto di Dylan come proprio. E poi entrare nella storia da protagonista assieme al protagonista. Insomma deve immedesimarsi nella vicenda raccontata.
Se dovessi caratterizzare Dylan Dog in un solo dettaglio, da un solo particolare, quale sarebbe per te?
Non saprei. I tratti caratteriali del personaggio sono molteplici e complessi. Un solo dettaglio non credo sia sufficiente. Sul piano grafico, se è questo che intendi, direi che il suo ciuffo lo rende inconfondibile.
Quanto c’è dell’originale ispirazione da Rupert Everett nella tua interpretazione?
Poco da parte mia. Non me ne sono mai troppo preoccupato. La faccia di un attore invecchia irrimediabilmente, quella di Dylan no e talvolta addirittura ringiovanisce.
Se dovessi definire il tuo Dylan Dog, come lo faresti, cosa nel tuo modo di disegnarlo cerchi di fare emergere?
È il classico bel tenebroso. Ossuto, longilineo, misurato nelle movenze ed elegante nonostante l’abbigliamento casual.
Quale è l’episodio da te disegnato al quale sei più affezionato e perché?
Bè, se parliamo d’affetto: La Legione degli Scheletri. A parte il titolo, che avrebbe dovuto essere Via dall’Incubo o In Fuga dall’Incubo. Il motivo è perché oltre a disegnarlo ne ho scritto anche il testo. Ne sono molto soddisfatto. Ma l’episodio forse più rappresentativo, per quanto sgangherato, della serie, per me resta Storia di Nessuno.
Il cambiamento concettuale delle copertine, meno schematiche e meno legate alla storia che presentano, sembra esaltare la tua tecnica di disegno. Sei d’accordo con questa affermazione? Cosa ha ispirato questi cambiamenti?
La necessità di segnare un cambiamento di passo. Il tentativo di riportare all’attenzione la testata, che cominciava a denunciare preoccupanti segnali di cedimento. L’impostazione delle copertine del nuovo corso insieme ai più importanti cambiamenti di contenuto della serie, è stata voluta dallo stesso Sclavi, il quale ha auspicato un’impronta più marcatamente iconica e pop. Nero e colore disgiunti, netti e piatti. Immagine semplice e forte. Ma è bene ribadirlo, la responsabilità delle copertine è da ascrivere al cinquanta per centoal curatore della serie, Roberto Recchioni, che ne decide il tema e spesso anche l’ispirazione o l’esplicita citazione di locandine o cover famose. Talvolta mi suggerisce anche una particolare atmosfera di colore. A me non resta che seguire le indicazioni, come ho sempre fatto. Quanto al risultato, lascio al lettore il giudizio.
Sei al lavoro per una nuovo episodio della serie regolare sceneggiato da Tiziano Sclavi. Cosa ha significato per te tornare a lavorare con lui? Cosa puoi anticiparci sulla storia?
Inutile dire che ne sono molto contento. È un privilegio tornare a disegnare una sua storia. E questa non delude le aspettative: tipicamente sclaviana, narrata con un distacco cinico e spietato, scorre fluida e implacabile verso un finale fatalmente disperato, che ci costringe a riflettere ancora una volta sul senso della vita e della morte.
Intervista condotta via mail nel mese di settembre 2016.