Julieta Arroquy, classe 1974, è una giornalista argentina che risiede a Buenos Aires, lavorando per varie stazioni radio e agenzie di stampa; inizia il suo lavoro come fumettista nel 2006 per Ohlalá. Il personaggio di Ofelia nasce nel 2011 per il quotidiano Libre, apparendo poi quindi anche nella rivista Mujeres de Mexico.
Il vero successo di Ofelia – come per molto fumetto contemporaneo, soprattutto comico e nella forma breve della strip – nasce però dal web, dove la striscia ha raccolto circa centomila follower su Facebook e Instagram: e anche a questo ampio seguito dobbiamo probabilmente la sua riedizione libraria.
La Arroquy – autodidatta come fumettista – nell’introduzione al volume ringrazia la disegnatrice Mara Suarez per l’aiuto fornito nel realizzare il fumetto e chiarisce subito il rapporto con l’Ofelia di Amleto, prendendo ironica distanza: quella è morta a causa del solito uomo indeciso.
Sia pure con una giusta dose d’ironia, questa indicazione appare anche un tentativo decisamente ambizioso di ostentare riferimenti culturali “alti” (sebbene un po’ ovvi) che non si riflettono in una scrittura altrettanto raffinata. L’opera è del resto costellata da frequenti citazioni visive, del tipo che Umberto Eco definirebbe”midcult”: ovvero con pretese di cultura alta ma, nel complesso, abbastanza scontate: Magritte, Warhol, Klimt, Ingres, e Munch, tra gli altri, richiamati in alcune tavole. Il gusto surreale che producono questi inserti potrebbe in parte voler rimandare a qualcosa di Macanudo, e al suo mix di onirismo e quotidiano.
Lo stile del disegno in Ofelia è essenziale, volutamente infantile, e ricorda a tratti quello che in Italia è il movimento dei “fumetti brutti”: un tratto estremamente minimale e senza raffinatezze formali, ma efficace per i suoi scopi comunicativi. La cosa è confermata dallo stilema del margine della vignetta “approssimato”, che vuole sottolineare il carattere informale delle vignette come appunti quotidiani (uno stilema usato a tale scopo da molti autori recenti, anche competenti in un segno tradizionale, quale ad esempio Zerocalcare).
La griglia adottata (salvo qualche singola splash page che funge da vignettona autoconclusiva, e qualche variazione sul tema della strip, a sviluppo verticale) è quella a nove vignette tutte uguali. Allo schema a nove vignette si collegano anche alcuni giochi sulla gabbia fumettistica; pagine dove la protagonista “rompe” la quarta parete del fumetto (come la Linea di Cavandoli, dialogando con la sua autrice, ma anche in altre forme) o quelle in cui insiste, accendendo e spegnendo la luce, sull’alternarsi di vignette “illuminate”, e quindi disegnate, e vignette totalmente nere.
I temi ricorrenti sono quelli quotidiani, tra lavoro e relazioni, e possono ricordare molto, da noi, la Lucrezia di Silvia Ziche e diverse stand-up comedian al femminile, da Luciana Littizzetto a Geppi Cucciari: situazioni quotidiane di “donne sull’orlo di una crisi di nervi“, ma pronte a sguainare “la spada (nascosta) nel loden” quando serve, secondo il celebre monologo teatrale di Lella Costa.
Se vogliamo invece far riferimento alla tradizione delle strip comiche argentine, vi è un rimando certamente a una storica “enfant terrible” al femminile come la Mafalda (1964) di Quino, ma anche quello di una fumettista come Maitena (1993), che però erano contraddistinte da un segno apparentemente essenziale ma molto elegante e studiato.
La maggior debolezza di questo, pur godibile, fumetto è proprio il fatto che le situazioni tutto sommato ormai usurate che ripropone potevano essere valorizzate da una ricerca stilistica più raffinata. L’umorismo di Ofelia comunque funziona grazie alla sua immediatezza e alla sua universalità, e rappresenta in ogni caso una interessante variazione al femminile, sul panorama internazionale, di un certo tipo di strisce web legate alle situazioni del quotidiano.
Abbiamo parlato di:
Ofelia vol. 1
Julieta Arroquy
Traduzione di Giliola Viglietti
001 Edizioni – Collana Humor, 2018
96 pagine, brossurato, colore – 12,00 €
ISBN: 9788899086954