Čapek: come non perdersi negli aldilà dell’autoproduzione

Čapek: come non perdersi negli aldilà dell’autoproduzione

In occasione del quarto, mastodontico nuovo numero di Čapek abbiamo intervistato Ivan Hurricane Manuppelli e Jazz Manciola.

In preorder fino al 6 luglioCapek 2023 (e acquistabile nei migliori festival italiani dell’estate 2023), è arrivato il nuovo, mastodontico numero 4 di Čapek, la rivista aperiodica di fumetti, reportage, interviste, indagini, stranezze, amenità e vita campestre che nel 2020 ha vinto il Premio Stefano Beani per la Miglior iniziativa editoriale a Lucca Comics & Games. Un numero mastodontico per la cifra di autori coinvolti (oltre cento) ma soprattutto per il numero di pagine (più di 300), stavolta presentate in un’inedita ed elegante edizione brossurata in formato guida turistica. Dalla cover (un’illustrazione tipicamente hurricanesca di Ivan Manuppelli, coadiuvata dal raffinato logo di Tommy Gun Moretti) alla quarta di copertina (l’evocativo dipinto di Paola Perusco), sembra che la redazione čapesca abbia deciso di fare un salto di qualità in forma e contenuto. E nel fare questo salto, decide di portare autori e lettori in un viaggio negli aldilà possibili.

Per capire meglio cosa differenzia questo nuovo numero di Čapek e perché conviene non farselo sfuggire, dopo tre anni dalla precedente intervista siamo tornati a importunare la redazione della rivista e in particolare due degli ameni e più o meno campestri protagonisti della sezione milanese della redazione: i fumettisti Ivan Hurricane Manuppelli e Jazz Manciola, che ci hanno illustrato l’enorme lavoro editoriale dietro a questa pubblicazione. Che si anticipa come uno compendio dell’attuale scena fumettistica underground italiana.

Cominciamo con una domanda classica: come è nato il tema di questo numero, “Guida turistica agli aldilà possibili”?
Ivan: Inizialmente doveva essere una parte del terzo numero di Čapek. Era nato così, non era una guida turistica, doveva rientrare in quel progetto che si muoveva attorno al tema “vita, morte e miracoli”. Poi però si è espanso, i contenuti necessitavano di maggiore spazio. E ci siamo accorti che, come tema, poteva tranquillamente vivere da solo. E infatti il tema della morte nel terzo numero non c’è quasi mai.
Poi però ci sono stati vari cambi di programma. Questo numero doveva essere di meno pagine, poi si è espanso: all’inizio pensavamo di farlo tutto come una guida turistica, ma ci siamo resi conto che poteva diventare un esercizio di stile e quindi abbiamo aggiunto delle interviste, dei fumetti… Anche altri contenuti che andassero al di là del tema “posti da visitare nell’aldilà”. La concezione stessa di aldilà non è legata solo a un mondo ultraterreno, ma proprio a dei mondi “altri”, di dimensioni parallele. Abbiamo lottato tanto anche con gli autori nell’indirizzarli, nel dare suggerimenti, nel non buttare tutto sul macabro – ci sono sicuramente delle sezioni macabre ma non è un numero mortuario. È proprio un viaggio psichedelico in altre dimensioni.

Mappa generale degli Aldilà Possibili - disegno di Jazz Manciola
La mappa generale degli aldilà possibili, disegnata da Jazz Manciola

Avevate un’idea dettagliata di come volevate costruire il numero, di come volevate costruire questo aldilà, che avete raccontato ai vari collaboratori coinvolti?
Ivan: No, avevamo delle macroregioni con dei nomi provvisori, tipo “aldilà tecnologici”, “aldilà psicotici”, “aldilà onirici”… E nella seconda fase di lavorazione chiedevamo a ognuno, più o meno indicativamente, in che aldilà gli sarebbe piaciuto essere inserito. Abbiamo dovuto fare così perché era più divertente: era più bello avere dei macromondi che contenessero al loro interno anche altri universi.
Jazz: Di certo non volevamo avvallare l’idea di fare l’aldilà dei morti, piuttosto l’idea era fare un viaggio interdimensionale.
La postilla è che dopo 5 anni di attività e dopo un bel po’ di festival che abbiamo fatto, c’era la volontà di fare un numero che fosse collettivo in senso ampio, che rappresentasse una scena allargata il più possibile. È un numero nato con la voglia di creare un mondo parallelo con gli autori a noi cari. E quindi la guida poteva essere ottima come spunto per fare un viaggione con tutti gli aldilà raccogliendo tutte le persone che abbiamo incontrato in questi… Quanti anni sono, quattro o cinque anni di Čapek?
I.: Dal 2018.
J.: Quindi avevamo proprio voglia di fare il “tutti dentro”.

Quindi non è nata come guida, è nato prima il tema e poi man mano avete trovato la forma adatta per raccontarlo. Ma perché 300 pagine?
I.: In realtà perché abbiamo fatto il numero 1 che era uno, il numero 2 che era doppio, il terzo triplo, e il quarto di 320 pagine.
J.: Un ragionamento davvero lineare.

Un calcolo matematico veramente mirabile. Ma avete cercato di coinvolgere tutti, e poi vi siete trovati con tanto materiale, o invece arrivare a 320 pagine era previsto fin dall’inizio?
I.: È un po’ quello che diceva Jazz, volevamo raccontare le diverse scene con cui negli anni abbiamo collaborato. È una cosa che abbiano sempre provato a fare come Čapek e anche in altri progetti: cercare con attenzione di coinvolgere la maggior parte di realtà indipendenti (purtroppo non si riesce mai a farlo con tutte) e creare una mappatura, alla fine ogni autoproduzione fa il punto su una scena ampissima, eterogenea, piena di firme e di personalità. Con Čapek abbiamo un po’ cercato di farlo anche in questo caso, ci sono delle rappresentanze di molte di queste scene – non tutte, alcune subentreranno in progetti segreti che arriveranno più avanti. Però è una cosa che cerchiamo di fare, non solo con realtà italiane ma anche con alcune realtà straniere, per esempio nel progetto dell’aldilà è comunque coinvolto il gruppo Bilderberg Konferenz, che è una scena autoprodotta di Berlino che fanno una resistenza culturale interessante.
Dei tanti che abbiamo raccontato in questo numero c’è ad esempio un universo che si chiama Alcooland, ed è stato il pretesto per raccontare la scena underground veneta. Con Stefano Zattera, Massimo Giacon, Dast, Alberto Corradi, Maurizio Ercole, tutti autori che hanno sempre bazzicato nelle autoproduzioni che abbiamo fatto, anche quelle che facevo prima da solo: ed è una scena veramente affascinante. Se uno dovesse fare dei viaggi tra gli universi underground italiani, quella veneta è una terra che esiste e che produce dei frutti mostruosi. E quell’universo aveva bisogno di spazio perché necessitava di ospitare tanti autori. Purtroppo non siamo riusciti a chiamare proprio tutti quelli che volevamo, ma una grandissima rappresentanza c’è. Lo stesso vale per Mondo Bizarro (con una sola Z come il disco dei Ramones), che è interamente autogestito da Simone Lucciola, che ha chiamato tutti i suoi contatti della scena punk del Centro Italia (più qualche ospitata). E quella è un’altra scena, che almeno io personalmente conoscevo poco – se non per qualche nome – ed è stata anche una sorpresa. C’è per esempio anche il grandissimo Dome La Muerte.
L’altro motivo per cui le pagine sono tante, oltre a raccontare tanti mondi, è che ogni contenuto ce lo siamo goduto. Non è un’accozzaglia di cose: come sempre accade in Čapek, ogni contenuto ha bisogno di venire spiegato per essere valorizzato. Ad esempio c’è l’intervista ad Alexandro Nelson García, che è un’artista che disegna con gli extraterrestri, e tutto questo ha bisogno di essere raccontato attraverso un’intervista, un modo per entrare nel suo mondo. C’è un altro contenuto che ha dato vita a un altro universo, l’Isola dell’Attesa, un disegno molto bello creato da Trash, uno dei fondatori di Cannibale assieme a Tamburini. L’avevamo già contattato per Čapek 2, dove aveva pubblicato una storia apocrifa di Ranxerox; e quando più volte sono andato a trovarlo a casa, vedevo questo disegno bellissimo che aveva appeso, di questa isola tutta arroccata, un’isola della Sicilia. È uno dei pochissimi disegni che lui abbia fatto, abbiamo voluto pubblicarlo e Trash si è inventato tutto un trip sull’isola dell’attesa. Però questo contenuto se tu lo trovi senza spiegazioni non ti dice molto, invece ha bisogno di essere raccontato.

La Via Dolorosa dello Spritz di Masismo Giacon - uno dei tanti luoghi di Alcooland, l'Aldilà Veneto
La Via Dolorosa dello Spritz di Massimo Giacon: uno dei tanti luoghi di Alcooland, l’aldilà veneto

Ci avete spiegato il rapporto diretto che lega questo numero al 3, ma nella pratica da quanto tempo ci state lavorando?
I.: Troppo. Saranno… Quasi tre anni?
J.: Dalla fine del numero 2, senza raccogliere materiale; seriamente ci stiamo lavorando appena abbiamo chiuso il numero 3. Anzi, il template l’abbiamo fatto subito dopo Lucca.

Aspetta, cosa intendete per template?
I.: Il nostro template era una gabbia, un’impaginazione: all’inizio volevamo avere un’impaginazione tipica delle guide turistiche.
J.: Čapek, per sua natura, non ha mai avuto un template, ovvero un’impostazione della pagina che ritornasse con una grafica precisa. Tutte le riviste ce l’hanno, questa volta volevamo metterla e l’abbiamo messa all’inizio decidendo l’immagine sta sempre qui, il testo sta sempre qui…
I.: E poi l’abbiamo tolta. Cioè dopo che abbiamo creato il template l’abbiamo tolto e quindi abbiamo lavorato due volte.
Comunque, per tornare su da quanto tempo stavamo lavorando al numero 4, direi due anni abbondanti. Era estate 2021 quando abbiamo deciso di posticipare l’uscita, e c’era già del materiale. Il gruppo di Progetto Stigma che sono stati, come sempre, i più precisi, hanno consegnato all’epoca. È stato il numero più difficile che abbiamo fatto, perché continuava a cambiare. Non sapevamo tutti i contenuti, anche se sono tanti mondi tutti collegati tra di loro. È stato veramente difficile da gestire, ma anche bello: di solito quando fai un progetto collettivo chiami un’artista e bene o male ti aspetti qualcosa, più o meno riesci a prevedere cosa ti potrebbe mandare. Ad esempio se chiami Fabio Tonetto, sai che ti farà un certo tipo di illustrazioni o un certo tipo di fumetto, non ti immagini che ti proponga dei limerick; se chiami Valerio Bindi e Bambi Kramer non ti immagini ti propongano delle pagine in creolo. Abbiamo chiamato anche Dorian X, un’artista che disegna tutti Inferni. Gli ho detto fai quello che vuoi, e lui ci ha mandato delle pagine sulla mitologia sumera.
J.: Secondo me per gli autori partecipare a Čapek comincia a essere un momento in cui sanno di poter sderazzare (andare fuori da quello che uno fa di solito, dai propri modi, dal proprio stile) abbastanza, possono impazzire per bene, alla fine sanno che le nostre richieste sono sempre il più chirurgiche possibili e noi ci mettiamo tutto il nostro impegno nel decidere dove metterli. Ma loro, gli autori, nei nostri confronti sono sempre super sul pezzo e tirano fuori il loro meglio. I lavori che fanno con Čapek sono sempre potentissimi.

I piatti tipici del Soul Food Restaurant - disegni di Hurricane e testi di Tom Bunk
I piatti tipici del Soul Food Restaurant, disegnati da Hurricane Ivan su testi di Tom Bunk

Non deve essere stato facile incastrare tutto quanto.
J.: Quella è stata la dimensione più divertente, soprattutto all’inizio, perché per una volta non facevamo solo una rivista ma era la creazione di un mondo e quindi – a partire da pochi spunti – abbiamo capito che ci si poteva allargare tantissimo. Per esempio, uno dei primi contenuti ad arrivare è stato quello di Tom Bunk, tra i più i nostri collaboratori più cari, potenti e generosi. Lui entra subito nello spirito del progetto, e ci manda un mega mondo fighissimo, e già con solo il suo disegno potevamo fare su un libro da 600 pagine, perché con i poster puoi entrarci dentro ed esplorarlo (poster tra l’altro che i partecipanti al preorder riceveranno a casa, n.d.A). Il suo era un parco giochi con dentro un negozio di souvenir pazzo legato all’aldilà, e già solo con il negozio di souvenir uno poteva chiamare 200 autori e far disegnare tutti i pezzi che c’erano lì dentro.

Mi spiegavate che dietro a questo numero c’è anche un forte desiderio di raccontare le varie scene dell’underground italiano. Oltre a quello veneto quali altri gruppi ci sono?
I.: Intanto c’è un aldilà creato da Adriano Carnevali che si chiama l’Aldiquà: al suo interno ci sono Fabio Tonetto e Lorenzo Mò. Poi c’è il Paesucolo d’Occipistan, creato dal collettivo L’ombroso (la più importante rivista satirica di Verona) che è sempre una frazione della scena veneta. Poi c’è Mondo Bizarro, c’è Costa Vida, che è la terra dei divertimenti creato da Annalisa Trapani, Elena Rapa, Laura Nomisake, ed è l’aldilà romagnolo. Dentro c’è tutto il Doner Club al completo e c’è anche Edo Baraldi. Poi c’è Ipericon, una specie di aldilà psicotico, dove ci sono i nuovi casi della Dottoressa Fiumara, con illustrazioni tra gli altri di LucioP e Criminaliza. Dentro Ipericon c’è anche una storia lunga di Sergio Ponchione, la ristampa di una sua storia rarissima intitolata La storia più strana mai sentita nella tua vita reimpaginata per l’occasione da Jazz Manciola (perché ovviamente per la nostra guida abbiamo scelto un formato “comodo”). E poi ci sono i paesaggi psichici di Franco Trincale, un cantastorie di canzoni di protesta attivo da prima degli anni Settanta: adesso ha quasi 90 anni ed è uno dei miei più cari amici, e già nelle mie primissime fanzine che facevo aveva una sua rubrica, l’angolo del cantastorie. Adesso non gli interessa più la politica e fa questi disegni psichedelici, che sono dei suoi paesaggi mentali. Va in giro, osserva delle forme, magari delle pozzanghere, poi torna a casa e da lì parte con i disegni. È un altro tassello della sua vita artistica totalmente inedito. Poi c’è David Bacter, le bellissime illustrazioni di Bruno Nadalin, e una delle mie sezioni preferite: le macchie di Simone Chiolerio.
J.: Qua siamo su un argomento spinoso. Abbiamo preparato queste macchie di Rorschach da far interpretare a Chiole, e ne è venuto fuori del materiale incandescente. L’abbiamo vagliato grazie alla nostra consulente psicanalitica, la Dottoressa Fiumara, che è la psichiatra che ci segue e da cui prendiamo i casi, con cui collaboriamo fin dal secondo numero. E lei si è spaventata. Nel senso che ha segnalato le multiple sindromi che Chiole probabilmente nasconde.
I.: E poi ci sono le architetture cosmiche disegnate da Alexandro Nelson García, che disegna con gli extraterrestri.

Presentazione di Capek
Presentazione del numero 4 di Čapek alla Libreria Scaldasole (Milano): da sinistra a destra Giacomo RastaBello, Jacopo Starace, Hurricane Ivan, Isa de Pica, il chimico Gian Lombrico Venanzio e Jazz Manciola

Come avete coinvolto Alexandro Nelson García?
I.: Ci serviva un personaggio strano da intervistare: i suoi disegni non sono guidati da uno spirito ma dagli extraterrestri, anche se lui dice di non essere un’artista medianico. Ho fatto un po’ di ricerche e l’ho trovato e poi l’ho intervistato con Giuditta Grechi, per poi essere editato da Venanzio il chimico, che è stato un collaboratore fondamentale per questo numero.
C’è poi una sezione sui funghi allucinogeni di Dario Arcidiacono, e dei trip incredibili di Infidel, che si prende benissimo e inizia a fare pagine e pagine stupende su aldilà egizi. E c’è un UFO meeting: Stephen Blickenstaff, disegnatore americano maestro del grottesco, era stato invitato una volta a disegnare l’identikit di un UFO con un ufologo, documentando tutto con disegni. Solo che i disegni li aveva persi, li ha dovuti rifare per questo numero.
J.: Tra le partecipazioni croccanti abbiamo chiamato anche un altro artista, Erik Svetoft.
I.: Che è bravissimo, Erik Svetoft è una bomba.

Parliamo un po’ più nel dettaglio del lavoro di redazione. Rispetto ai numeri precedenti avete riscontrato delle problematiche particolari?
I.: Tutte. Tutte quelle che ti puoi immaginare, ci sono state.
J.: Veniamo dal 2023 che è la ripresa ufficiale dopo il Covid, e si è rimesso in moto tutto. Mettere insieme questo numero è stato complesso perché ognuno di noi, non si sa come, è preso da non si sa chi. Siamo tutti cotti, stanchi, indisponibili, pienissimi e senza soldi. Quindi è la dimensione peggiore possibile, e in più qualcuno ha deciso pure di fare dei figli. Così se eravamo partiti allineati e coperti per evitare gli sbattimenti, con un template molto fisso, in cui ognuno si gestiva degli autori… Niente, non ci siamo riusciti, ci è esplosa la bellezza tra le mani, non siamo riusciti a gestirla e ci ha sovrastato. E ha vinto lei.
Tra le difficoltà di questo numero c’è stato innanzitutto inventarlo, poi aggiustare il tiro, prendere tutto il materiale, coordinarlo e assemblarlo, per far sì che ogni mondo avesse le sue sotto parti, i suoi zoom, la sua mappa, che il numero fosse anche se eterogeneo chiaro – perché bene o male è una guida, e ci sono una serie di regole da seguire. Quindi c’è stato un coordinamento in doppia fase, all’inizio e alla fine: c’è stata una post-produzione importante, che, se su 100 pagine era già difficile, su 300 è stata un bagno di sangue. Se uno ci mette che il mondo ha ricominciato a macinare, e non siamo più nei momenti magici del non facciamo niente perché siamo in pandemia, è stato tutto super complesso.

L'Aldiqua di Adriano Carnevali
L’Aldiqua di Adriano Carnevali

Quindi problematiche di livello organizzativo.
I.: Beh, legate anche al concetto stesso di libro: con Jazz ne abbiamo parlato l’altro giorno. Mi diceva che ci siamo complicati la vita perché potevamo andare avanti con la formula iniziale. Avevamo i luoghi, le descrizioni… Però stava diventando un esercizio di stile, senza senso. Anche quando avevamo fatto la Yellow Kim, Vincino mi diceva: non fate della letteratura. L’operazione deve essere divertente e la guida turistica in sé è un oggetto che può essere anche molto noioso. È impaginato graficamente in un modo che non è mai entusiasmante, è difficile trovare la guida turistica che ti leggi tutte le sere, è più che altro qualcosa di funzionale: quindi ci stava partire da lì ma poi bisognava aprirsi ad altri mondi. Anche perché con artisti straordinari come Alexandro Nelson García, se gli dai il compitino lo fanno, però sono sprecati, tanto vale che facciano sé stessi e che si trovi noi un modo per poterli ospitare e raccontare che sia coerente con il progetto. La cosa importante è che siano valorizzati, poi il fatto che ognuno possa – come diceva Jazz – smattare dentro Čapek è bello, ma anche questo smattare (smadonnare, incazzarsi, tirare le madonne) ha bisogno di essere coordinato. L’imposizione principale è stata dire a tutti – tranne a Carnevali che è stato il primo a farlo e può fare quello che vuole – non chiamate il vostro universo “Aldiqua”.
J.: Per una volta che volevamo fare una roba lineare, quasi noiosa, semplice e comprensibile non ci siamo riusciti. E per fortuna siamo ricaduti nella eterogeneità ai massimi livelli. Inoltre, un numero che tocca il tema della morte ti espone a problematiche non da poco. È un argomento ricco, scottante e problematico.
I.: Però l’aldilà può essere anche veramente il mondo degli unicorni rosa. Anzi i concetti classici di Inferno/Paradiso li abbiamo il più possibile evitati, c’è stato un contenuto che scimmiottava la Divina Commedia e l’abbiamo fatto cambiare, perché con tutte le possibilità che ci sono e con tutti gli artisti incredibili ospitati, bisogna inventarlo questo aldilà.

Censimento dei Portali Extradimensionali - con illustrazioni di Claudio Losghi e Alpraz
Il censimento dei Portali Extradimensionali, con illustrazioni di Claudio Losghi e Alpraz

Ma dopo tanto parlare di aldilà: come ve lo immaginate voi, Jazz e Ivan, l’aldilà?
I.: Come ci immaginiamo nell’aldilà? Questa è una bella domanda, non ci ho pensato.
J.: Guarda, io mi immagino un mondo di architetture e sessi. Magari progettate da un’intelligenza artificiale. L’aldilà me lo immagino così, per certe cose apprezzabile, sicuramente un po’ angosciante.
I.: Immagino potrei dire un Luna Park infernale ciarlatano. Ma se dovessi proprio pensare all’aldilà che mi piacerebbe, sarebbe una roba un po’ esotica, però all’interno di questo spazio – che può essere un’isola – ci deve essere la possibilità di esplorare vari momenti, magari già vissuti o ancora da vivere. Come se fosse un jukebox. Un jukebox che ti scegli e di volta in volta cambi.
J.: L’aldilà che immaginiamo siamo noi che impaginiamo un Čapek che non finisce mai.

È incredibile come nonostante siate sul tema da mesi, non ci abbiate ancora pensato.
J.: Perché questa è l’altra, l’altra piccola magia di Čapek: essendo un lavoro enorme verso gli altri e con gli altri, quello che ti riguarda lo metti sempre per ultimo. Una botta di solidarietà ed ecumenismo.

A proposito di lavoro enorme verso gli altri e con gli altri, tu e Ivan siete anche tra gli organizzatori del festival milanese AFA Autoproduzioni Fichissime Anderground (che è poi una delle tante anime di Čapek). Cosa vi dà la realizzazione di una rivista che non si vive nell’organizzazione di un festival, e cosa manca nella redazione di una rivista rispetto all’organizzazione di un evento?
J.: la rivista è molto meno sbattimento rispetto a un festival, perché nessuno può morire durante la redazione di un giornale o di una rivista. Nessuno può farsi esplodere.
I.: beh no, si può.
J.: sì ma non c’è quella componente della performance, della presenza, del fatto che fisicamente devi stare lì è portare delle robe. Poi ti fanno mille richieste però insomma, il festival ha dentro una componente emotiva molto alta legata al fatto che è un happening, in quei giorni avviene quell’evento con 200 persone che fisicamente stanno lì, più naturalmente i visitatori.
Di contro, la cosa bella della rivista è che continua a vivere anche se ti fermi. Il festival è quei giorni, poi se ne parlerà sempre con dei tristissimi amarcord; invece la rivista sta sempre lì, vive e combatte con noi.
I.: poi la rivista bisogna portarla ai festival, quindi se uno fa la rivista ma non fa i festival…

Squaz
Disegno di Squaz

Tornando al nuovo numero di Čapek, mi raccontavate che per questo nuovo numero, che ha un formato diverso dai precedenti, avete cambiato tipografo.
I.: Sì, siamo andati da un tipografo che è stato bravo: la pubblicazione è venuta veramente bene, gli altri numeri di Čapek non sono stampati così. Questo è anche confezionato bene, è piacevole da leggere.
J.: Il formato è dettato dalle guide del Touring Club.
Ivan: Io ho lottato veramente tantissimo per tenere questo formato (risata ironica).
J.: Questo oggetto ha un’allure mistica, dalla copertina fighissima, dal formato, al contenuto.

Ed è meno “underground” rispetto al solito.
I.: Doveva essere così per forza, anche con la copertina ho dovuto limitarmi.

Vista questa svolta nel packaging del numero, con questo Čapek pensate di raggiungere lo stesso pubblico di prima, o puntate a lettori nuovi?
I.: No, noi puntiamo anche sulle suore.
J.: Sì, saremmo felici diventasse un libro di culto.
I.: E puntiamo anche ai cani e ai padroni di cani. I lettori ed esperti di fumetti, padroni di cani, vestiti da suora, sono il nostro target.

Ma voi per caso avete trovato la soluzione per preservare la cultura delle autoproduzioni e delle varie scene underground, che sono immateriali per definizione?
J.: Secondo me si preservano con la curiosità. Finché la gente sarà curiosa di spulciarsi cosa viene prodotto anche nelle vicinanze, finché la gente sarà curiosa di andare ai festival, allora saremo tutti con pubblici più potenti.

La mappa di Afterlife Amusement Park, il parco giochi infernale inventato da Tom Bunk
La mappa di Afterlife Amusement Park, il parco giochi infernale inventato da Tom Bunk

Intervista condotta via Skype a giugno 2023.

Gli autori

Gianluca Manciola, in arte Jazz (Macerata, 1991), è illustratore e fumettista, attivo anche nel campo della street art. Frequenta l’Istituto d’Arte locale e con un manipolo di artisti (tra cui Tommy Gun Moretti) fonda nel 2007 il gruppo CZBBL. In seguito farà parte del gruppo TOTEM, nato attorno all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Trasferitosi a Milano per laurearsi in Architettura, fonda la rivista online di satira architettonica Rotto In-cubo. Negli anni continua ad autoprodurre libri illustrati e fumetti, spesso in collaborazione con il collettivo maceratese Uomini Nudi Che Corrono (con Marco Filicio, Tommy Gun, Marie Cécile, Nove Dix e Sdolz).
Da quando vive a Milano, Jazz continua imperterrito la sua carriera di agitatore culturale di DIY comics organizzando insieme Rastabello, Vash e Hurricane Ivan il festival milanese AFA – Autoproduzioni Fichissime Anderground: proprio AFA e Uomini Nudi Che Corrono sono tra le realtà alla base del progetto di Čapek. È autore con Mirko Sgrabossa di Apocalisse Fredda, webcomic edito da TacoToon (2022) ed è tra i fondatori del nuovissimo progetto Trincea Ibiza, gruppo dedicato all’autoproduzione sghemba a fumetti.
Oltre a occuparsi di fumetti, Jazz collabora come visualizer per MosaeStudio ed è concept artist presso Mammafotogramma, studio di animazione specializzato in stop-motion. È educatore in progetti artistici per scuole ed associazioni (Isola PepeVerde, TeatriDelMondo, Nuvola9) e dal 2018 docente di fumetto per Corsi Corsari, realtà attiva in tutta Italia che organizza workshop con scuole, aziende e centri di aggregazione.

Ivan Manuppelli, aka Hurricane Ivan (Milano, 1985) è un illustratore, musicista e fumettista italiano. Fortemente ispirato dalla scena underground americana, è entrato giovanissimo nel mondo del fumetto fondando a soli 16 anni la rivista The Artist (2001), diventata nel 2009 PUCK!. Ha collaborato alla rivista Frigidaire creando la serie a fumetti I Nuovi Partigiani, incentrata sulle avventure di un gruppo di terroristi ottuagenari. Dal 2011 al 2013 collabora con la rivista satirica IL MALE, diretta da Vauro & Vincino. Dal 2016 al 2018 collabora con la rivista Linus.
Numerose le sue pubblicazioni autoprodotte, tra cui Piccolo manuale di anatomia spiccia e anarcoinsurrezionalista (2015), Almanacco dei cuori solitari (2015) e Botanica Satanica (2017). Ha creato insieme allo studio Mammafotogramma la serie animata Aztrokitifk & Mario Show e periodicamente pubblica negli Usa le serie Silly Shocking Stories e Capone back from Hell per il circuito Chicago Comics. Nel 2016 partecipa al libro La Rabbia (Einaudi), dedicata ai nuovi autori della scena italiana legati al festival CRACK fumetti dirompenti.
Dal 2016 è tra gli organizzatori di AFA Autoproduzioni Fichissime Anderground, festival ospitato prima al C.S. Leoncavallo e in seguito a MACAO. Dal 2018 inizia la sua collaborazione con la leggendaria rivista americana MAD Magazine ed esce per Eris Edizioni I Sopravvissuti, che raccoglie l’omonima serie uscita a puntate su Linus con storie e materiali inediti. Dal 2019 parte il progetto di Čapek e inizia a collaborare settimanalmente con il manifesto, dove riprende la sua serie I Sopravvissuti e inizia Primavera rosso robot. Nel 2020, in occasione della pandemia, il quotidiano comunista pubblica ogni giorno Cronache dal Virus, una serie di vignette raccolte nell’omonimo libro da Eris Edizioni. Nel 2022 esce la raccolta di storie brevi Salamoia Sunrise (In Your Face Comix) e Sinfonia Infernale. Concerto in Bosch minore (24 Ore Cultura), un viaggio fumettistico nelle opere di Hieronymus Bosch. La rivisitazione della storia dell’arte prosegue con il libro-gioco Coccodrilli squisiti. Generatore automatico di vite surrealiste, sempre per 24 Ore Cultura.
Oltre alla produzione fumettistica, Ivan ha tenuto workshop di fumetto presso la Scuola Mohole e WOW Spazio Fumetto, mentre organizza ogni anno il Corso di Fumetto per Stomaci Forti.

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