Ivan Manuppelli, aka Hurricane Ivan, è un illustratore, musicista e fumettista italiano. Fortemente ispirato dalla realtà underground americana, ha animato la scena indie italiana fondando le riviste The Artist (2001) e PUCK! Per la rivista italiana Frigidaire ha creato la serie di fumetti I Nuovi Partigiani, sulle avventure di un gruppo di terroristi ottuagenari. Tra le altre sue creazioni ci sono la serie animata Aztrokitifk & Mario, Precary Man, il primo supereroe precario, la serie autobiografica Groove e Stanley lo sciacallo. Dal 2011 al 2013 collabora con la rivista satirica IL MALE, diretta da Vauro & Vincino. Dal 2016 al 2018 ha collaborato con la rivista Linus, per la quale è uscita a puntate la serie I sopravvissuti, che è stata poi raccolta in un libro per Eris Edizioni nell’autunno del 2018 e che prosegue ora su Il Manifesto ogni venerdì.
Il suo sito è www.hurricaneivan.net
Abbiamo incontrato Ivan sabato 30 marzo a Bricòla 2019, il festival del fumetto autoprodotto che si svolge ogni anno all’interno del WOW Spazio Fumetto.
Ciao Ivan, e grazie per la tua disponibilità.
A Bricòla presenti Čapek: da dove nasce l’idea (o l’esigenza) di creare una nuova rivista antologica, in che circostanze è nata e cosa si potrà trovare al suo interno?
Čapek nasce come “associazione a delinquere”, come l’abbiamo battezzata noi, tra cinque realtà: PUCK!, la rivista che dirigevo fino a qualche anno fa; CTRL Magazine, una bellissima rivista di informazione autoprodotta che esce nella zona di Milano e Bergamo; il festiva milanese AFA – Autoproduzioni Fighissime Anderground; Strade Bianche, che è la reincarnazione di Stampa Alternativa di Marcello Baraghini; Uomininudichecorrono, un collettivo maceratese che si occupa anche dell’organizzazione del festival Ratatà.
Queste cinque entità si sono quindi riunite per creare un prodotto editoriale nuovo, che era inteso come “rivista destrutturata”. L’idea, cioè, era quella di prendere le rubriche classiche di un qualunque magazine, come quella sulla cucina, sugli affari esteri ecc, e affidarle tutte a personalità particolari; l’intenzione era quella di destrutturare il concetto stesso di rubrica.
Così, per esempio, abbiamo quella di economia che è tenuta da un vero ex rapinatore di banche che spiega i “segreti del mestiere”. Non posso dire il suo vero nome, si fa chiamare “Lo Svizzero” ed è un personaggio notevole, con un bellissimo modo di ragionare, molto logico.
Il primo numero di Čapek contiene inoltre un omaggio a Topolino per i suoi 90 anni, realizzato dagli Air Pirates, un collettivo di fumettisti americani che negli anni Settanta hanno subito una causa contro la Disney perché prima di tanti altri, Andrea Pazienza compreso, avevano fatto dei fumetti con Topolino che si drogava o rappresentato mentre compiva atti sessuali. Sono un gruppo di fumettisti fantastici e tre di loro – Gary Hallgren, Ted Richards e il fondatore del gruppo Dan O’Neill – si sono riuniti apposta per l’occasione su Čapek.
C’è poi Mike Diana, arrestato per i suoi disegni osceni negli anni Novanta e accusato di essere colui che influenzava i ragazzi a commettere le stragi tramite le proprie opere, anche in virtù del fatto che un numero della sua rivista a fumetti autoprodotta venne trovato in casa del principale sospettato dei cinque omicidi di Gainesville (Florida) nel 1990. Le autorità americane gli vietarono di disegnare in toto e fu costretto a vedere uno psichiatra, fino a che non intervenne un movimento per la libertà di espressione a mezzo fumetto, il Comic Book Legal Defense Found: lui curerà la rubrica “Disegna come Mike Diana”.
Hai detto che vi definite come una “associazione a delinquere”: secondo te quanto il fascino del proibito caratterizza il progetto?
In questo senso è fondamentale la presenza di Marcello Baraghini.
Baraghini, oltre a essere il fondatore della casa editrice Stampa Alternativa e l’inventore dei Millelire [libri venduti al prezzo omonimo che spopolarono negli anni Novanta, NDR], è il pirata più affascinante che io conosca nel mondo dell’editoria, perché lui ha sempre trovato il modo di fottere il sistema editoriale e di comunicazione.
Uno dei suoi Millelire era sugli Aforismi di Epicuro [Lettera sulla felicità, NDR], che diventò best-seller costringendo così i giornali a mettere in cima alle classifiche di vendita un libro di un autore morto da secoli e venduto a mille lire, facendo così incazzare un sacco di addetti ai lavori.
Lui è per la diffusione dell’arte a prezzi popolari, tant’è vero che è proprio sua l’idea di non mettere un prezzo a Čapek, che viene venduto al costo che decide il lettore.
Si è sempre messo in gioco e per lui la libertà di espressione e di stampa sono importantissime; personalmente sono innamorato di questo suo modo di porsi e di relazionarsi con l’editoria.
Basti pensare che gran parte delle persone che si sono autoprodotte negli anni Settanta hanno avuto come direttore responsabile proprio Baraghini: per una vecchia legge era obbligatorio che ogni prodotto editoriale avesse quella figura, e lui si prestava sempre a ricoprire il ruolo, mettendo la firma su pubblicazioni delle quali, nella maggioranza dei casi, non sapeva nemmeno di cosa parlassero. Lo faceva proprio per il suo spirito libertario.
Averlo come co-editore ha quindi un valore simbolico fortissimo proprio per questo “storico”, senza considerare che comunque è stato parte attiva del progetto. La rivista si chiama Čapek perché ci ha confessato di aver copiato tutte le grafiche dei Millelire da Josef Čapek, fratello dello scrittore Karel Čapek, quindi le copertine di quei libri erano già firmate a nome Čapek ma erano comunque di Baraghini, che è anche grafico.
Inoltre ci ha fornito una yurta che è diventata la nostra redazione, dove abbiamo realizzato in tre giorni, ventiquattr’ore su ventiquattro, il primo numero della rivista.
Indipendente e underground: sinonimi o due parole che indicano due realtà con caratteristiche diverse?
Sono solo delle terminologie, alla fine.
A me piace in particolare il termine underground perché richiama direttamente quello americano, gli underground comics degli anni Sessanta/Settanta.
Mi piace molto quell’energia: erano fumetti disegnati molto bene ma anche molto vivi. Io ho avuto la fortuna di conoscerli tramite una riedizione italiana di ZAP! [la rivista di Robert Crumb con fumetti suoi e di Shelton, Clay Wilson, Spain Rodriguez, Moscoso, Griffin e Robert Williams, NDR] in un negozio di dischi quando avevo 16 anni. Vedere un fumetto del genere a quell’età, con incesti e quant’altro, ti fa scattare per forza qualcosa dentro.
E poi erano delle operazioni politiche senza però calcare troppo la mano su quell’aspetto, perché erano soprattutto storie divertenti e sovversive, anzi magari stavano pure antipatiche a una parte politicamente impegnata ma priva di ironia. Cannibale [rivista di fumetti italiana di carattere satirico, fondata da Stefano Tamburini nel 1977, NDR] aveva ereditato un po’ quell’approccio.
Quell’idea di fumetto underground effettivamente è un po’ diversa dalla concezione di fumetto indipendente come semplice autoproduzione, ma quello più che una questione di etichetta credo che sia legato soprattutto all’attitudine degli autori.
Ringraziamo Ivan per il tempo dedicatoci.
Intervista realizzata dal vivo a Bricòla 2019
Le foto a corredo dell’intervista sono di Amedeo Scalese.