Il piccolo Blutch

Il piccolo Blutch

Tratto da Fumetto n.74 dell'Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell'Illustrazione, un'analisi di Luciano Tamagnini su Il piccolo Christian, fumetto semi-biografico di Christian Hincker alias Blutch.

Oggi il fumetto seriale è guardato un po’ come un sottoprodotto per amanti del racconto popolare, inserendo in questa definizione tutto il “disprezzo” che un intellettuale può mettere nell’osservare i comportamenti del “popolo”! La moda porta sugli scudi da un lato il graphic journalism, ovvero il reportage effettuato tramite il disegno e dall’altro la graphic novel, quel racconto più o meno romanzato destinato a chiudersi in un solo appuntamento senza che i suoi protagonisti ricompaiano più, ritenendo conclusa in quell’unico racconto la vicenda che ne è alla base.
E’ probabilmente una questione di lana caprina, perché secondo questi criteri tutti i vecchi albetti a racconto completo potrebbero essere definiti graphic novel, dando, ad esempio, agli antichi Albi dell’Intrepido uno spessore culturale che non avevano (e che non volevano neppure avere).
Ma al di là di queste polemiche possiamo a naso quasi rilevare una sorta di costante rintracciabile all’interno di molte di queste novel: l’inserimento del personale nel racconto, come se, creata quasi la stessa dimensione del romanzo o della novella in prosa, questo metodo di racconto disegnato avesse in sé la chiave per portare gli autori a confidare ai lettori il proprio personale vissuto. Pensiamo a magnifiche opere come Il grande male di David B. oppure ai racconti di un premiatissimo Gipi o al recente bellissimo Morti di sonno di Reviati e forse capiremo meglio quello che si intende.

Anche Blutch, al secolo il poco più che quarantenne Christian Hincker, partito dalla satira al vetriolo di Fluide Glacial, si è trovato a raccontarsi prendendo spunto dalla propria professionalità. Infatti ha inventato una sorta di alter ego a cui dà quasi il suo stesso pseudonimo (variandolo appena appena in modo da creare tra la creatura e il creatore la giusta distanza che eviti la sovrapposizione) chiamandolo Blotch, un disegnatore che si ritiene una delle colonne di una rivista umoristica pur essendo solo una sorta di megalomane presuntuoso e prepotente, capace di schiacciare i deboli e di leccare gli stivali ai più potenti, senza avere neppure molte doti grafiche.
Nel raccontare la vita professionale (un po’ come accadeva nell’altrettanto caustico Los professionales di Gimenéz) egli chiama in causa spesso colleghi che vengono citati magari alterando il nome, ma facendoli rimanere riconoscibilissimi a chiunque abbia un po’ le mani in pasta nel settore, tanto che c’è persino Hergé e sappiamo quanto la cosa abbia irritato gli eredi dell’autore di Tin Tin.


Ma la cosa più divertente è stata proposta agli appassionati in due tranche cercando di raccontare il passaggio di età che vede un bimbetto diventare un ragazzino non attraverso i “fatti”, ma attraverso le fantasie filtrate dalle letture e dalle passioni. E le lettura vogliono quasi sempre a quell’età, negli anni sessanta, dire fumetti. E Blutch mimetizzandosi dietro le spoglie di Il piccolo Christian (questo il titolo che la Rizzoli Lizard ha dato al testo in edizione italiana), porta sull’altare della “maturazione” le sue grandi passioni, disegnando i personaggi amati e restituendo loro la “educativa” partecipazione alla vita dei ragazzi.
Sfilano così nella prima parte, quella concepita una decina di anni fa, realizzata a brevi flash, Doc Justice, Topolino, Tex divenuto Il solitario del Texas, Lucky Luke, i Puffi, Pif… il tutto mentre Christian comincia a scoprire le ragazze, ad apprezzare i fondi schiena femminili, a trovare riviste che gli mostrano le cose un po’ più esplicite…
Nella seconda parte della storia (realizzata un decennio dopo e presentata in Italia in versione bicolore proprio per sottolineare una sorta di maggior complessità raggiunta dal ragazzo) Christian passa alle medie e, dovendosi mostrare “adulto”, visto che così tutti si aspettano da lui, è costretto a mettere in soffitta o quasi gli eroi delle sue passioni… giovanili e a passare attraverso altre mitologie più adatte all’incontro con l’amore: Charlton Heston, il deserto e gli arabi romanticamente avvolti nelle loro lunghe vesti, Steve Mc-Queen
Solo che di fronte alla prima delusione ecco che, dopo aver sparato lontano attraverso un (non tanto) immaginario cannone la bella traditrice, Christian si rifugia nel solitario silenzio di una soffitta e, mentre tutti i personaggi che hanno reso lieta e favolosa la sua fanciullezza, si spingono, stipati dietro una parete, pronti a rientrare in gioco, si tuffa in una piacevole parentesi con la lettura di una raccolta di… Topolino!

Blutch è abilissimo nel mischiare gli eroi di fantasia con gli incontri/ scontri del crescere, lo fa con un sorriso complice (spesso anche amaro) che rende il suo lavoro veramente unico.

Abbiamo parlato di:
Il piccolo Christian
Blutch
Traduzione di Giovanni Zucca
Rizzoli-Lizard, 2010
118 pagine, brossurato, colori – 14,00€
ISBN: 9788817035323

Riferimenti:
Rizzoli/Lizard: lizard.rcslibri.corriere.it
Rizzoli/Lizard, il blog: rizzoli-lizard.blogspot.com

Tratto da Fumetto n. 74, la rivi­sta tri­me­strale dell’ANAFI (Asso­cia­zione Nazio­nale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione), distri­buita solo ai soci della mede­sima. Punto di rife­ri­mento degli appas­sio­nati di fumetti fin dal lon­tano 1971, FUMETTO e’ uno dei bene­fici di chi si asso­cia all’ANAFI; infatti, ogni anno, oltre ai quat­tro numeri della rivi­sta, ven­gono poi desti­nati ai soci almeno due volumi omag­gio appo­si­ta­mente editi.
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