Arriva a conclusione anche in Italia la serie principale di Black Hammer, l’universo supereroistico indie – pubblicato in USA da Dark Horse Comics – creato da Jeff Lemire e Dean Ormston e che si è già sviluppato in una moltitudine di miniserie spin off e crossover transeditoriali.
Il quarto volume italiano, edito come sempre da Bao Publishing, contiene gli ultimi sette numeri de L’Era del terrore, la seconda e conclusiva stagione di Black Hammer. I primi cinque numeri erano stati pubblicati da Bao nei primi mesi del 2019; sebbene la miniserie sia di fatto divisa in due tronconi – con gli albi da 1 a 5 a formare un primo racconto, il 6-7 come una sorta di miniserie nella serie e i numeri da 8 a 12 a chiudere la fila delle vicende degli eroi di Spiral City – la lettura compatta degli ultimi due volumi offre un quadro esaustivo e narrativamente più appagante della vicenda creata da Lemire e Ormston.
L’Era del terrore II si apre con un dittico di storie disegnate e colorate da Rich Tommaso, autore vicino al fumetto alternativo statunitense, dotato di uno stile originale che assomma al suo interno influssi della linea chiara europea e reminescenze della scena underground americana.
Il racconto con protagonista il colonnello Weird – uno degli eroi misteriosamente scomparsi da Spiral City e personaggio cruciale dell’intera vicenda – si pone come coda delle tematiche esplorate da Lemire nei primi cinque albi della mini, esplora un’altro tema toccato nei decenni dal fumetto di genere supereroico e, infine, funge da spartiacque della mini che da qui in poi si lega agli ultimi numeri della prima stagione di Black Hammer e tira le fila dell’intera trama della storia, concludendola.
La riflessione e l’omaggio portati avanti da Lemire nell’intero progetto narrativo di Black Hammer non si sono mai limitati a una reinterpretazione di cliché e di situazioni accumulatesi in anni di produzione supereroica a fumetti, ma sono arrivati anche ad approfondire i costrutti narrativi che nel corso dei decenni si sono succeduti e sono stati usati per raccontare le storie degli eroi in calzamaglia.
Il fine di tutto il lavoro lemiriano si esplicita proprio in queste prime due storie illustrate da Tommaso che contengono una ampia riflessione sulla narrazione, sul raccontare storie e sul potere che la narrazione può esercitare su chi scrive.
Se i primi cinque episodi de L’Era del Terrore sono un omaggio a un modo di raccontare i supereroi che ha caratterizzato all’incirca gli ultimi quindici anni del secolo scorso, con l’ammissione che il fumetto supereroico è solo uno dei molteplici universi racchiusi nel multiverso delle storie e delle narrazioni, qui Lemire compie il passo definitivo verso la metanarrazione.
Senza scordare che anche la metanarratività è stata, per un certo periodo, uno dei modi di raccontare e di riflettere sui supereroi, a partire dall’Animal Man di Grant Morrison, nelle tavole illustrate da Tommaso col suo tratto scarno, essenziale e pseudo infantile Lemire arriva a far incontrare Weird con lui stesso, il suo creatore e a far vivere al colonnello astronauta un’avventura insieme a una serie di strampalati personaggi mai nati, aborti della mente dello scrittore canadese che per un momento sono stati potenziali protagonisti di storie poi mai scritte.
Messa da parte questa parentesi metanarrativa, negli ultimi cinque numeri della miniserie Lemire ritrova il suo sodale Dean Ormston ai disegni e, tornando a un racconto puramente supereroistico – ma non privo del caratteristico accento lemiriano su legami familiari e amicizia -, riprende il racconto là dove lo aveva interrotto nelle prime due tavole che aprono il volume e… lo ribalta di nuovo.
I reboot, le realtà alternative, gli universi paralleli sono ormai consolidati materiali da costruzione delle storie di genere supereroico, spesso abusati e impiegati con troppa leggerezza e frequenza da autori e case editrici, soprattutto negli ultimi trent’anni.
Allo stesso tempo, questi elementi contraddistinguono e caratterizzano la materia supereroica e, nel cammino narrativo intrapreso da Lemire dall’inizio di questo suo progetto, non potevano certo mancare.
Ecco allora che Lucy Weber – la nuova Black Hammer che ha ereditato il ruolo del padre scomparso – e gli eroi “esiliati” fanno ritorno a Spiral City, ma nessuno di loro ricorda il passato né di essere stato un supereroe e tutti vivono in una realtà riscritta in cui i paladini in calzamaglia non sono mai esistiti.
Com’era già avvenuto per i primi numeri di Black Hammer, Lemire preme nuovamente sull’acceleratore narrativo e imposta un ritmo in cui gli eventi e i colpi di scena si susseguono uno dietro l’altro.
La dilatazione tipica di tanta produzione a fumetti (ma anche televisiva) contemporanea rifugge da queste pagine per lasciare spazio a un modo di raccontare che si ritrova di più nel genere supereroico fino agli anni ‘80 che nel contemporaneo.
Una narrazione solo all’apparenza superficiale, che per esempio non decide di dedicare un’intera tavola al confronto tra due personaggi ma lo condensa in due vignette in cui dialoghi mirati, concisi ed efficaci uniti a pose e mimica di chi li pronuncia offrono lo stesso grado di approfondimento psicologico di una sequenza spalmata in più pagine.
Lemire corre veloce – e con lui lo sguardo del lettore – ma senza omettere niente: quello di cui si necessita per “sentire” pienamente la storia e i sentimenti di chi la vive è tutto lì sulla pagina.
E poi si arriva al finale, che può apparire scontato, consolatorio e conciliante, ma che è assolutamente coerente con la riflessione portata avanti dallo sceneggiatore canadese in tutta la serie.
Siamo in una storia di supereroi e, dunque, questi non possono che trionfare alla fine, anche sacrificando qualcosa sull’altare dell’egoismo, perché domani ci sarà un’altra sfida da affrontare, un altro nemico da sconfiggere.
Se da un lato Lemire accondiscende a una conclusione ottimistica e positiva della vicenda, dall’altro per certi versi rifugge la reiterazione tipica del genere e della serializzazione.
La tematica familiare – suo cavallo di battaglia in tutto ciò che scrive – torna prepotente in questo finale, accogliendo infine la tesi che una vera famiglia ti accetta per ciò che sei, con un amore incondizionato che prescinde da scelte personali, errori, difetti e rancori.
Gli eroi dimenticati di Spiral City vanno infine incontro al loro destino definitivo, ognuno finalmente vivendo con consapevolezza il nuovo ruolo scelto per lui, senza rinunciare alla propria personalità.
In tutto l’ottimo lavoro compiuto da Lemire su Black Hammer, si corre il rischio di perdere di vista o sottovalutare l’importante contributo fornito da Dean Ormston, non solo disegnatore principale della serie ma anche creatore grafico dell’intero universo supereroistico che ruota attorno a Spiral City.
Come affermato da lo stesso Lemire, l’artista britannico è stato fondamentale nella creazione di questo progetto, tanto che quando Ormston durante la realizzazione dei primi numeri di Black Hammer soffrì di gravi problemi di salute, lo sceneggiatore canadese in accordo con Dark Horse decise di mettere in stand-by il progetto in attesa che il disegnatore potesse tornare a dedicarcisi.
Lo stile di Ormston, che rifugge la canonica estetica supereroica per avvicinarsi di più al segno grafico che da anni caratterizza il Mignola-verso grazie ad autori come Guy Davis, per esempio, è andata maturando col tempo, arrivando a un livello di dettaglio che appare ancor più evidente nella galleria che chiude il volume e che raccoglie alcuni layout e tavole in bianco e nero.
Se il lavoro su sfondi e ambientazioni è sempre stato ricco e preciso, in queste ultime storie Ormston privilegia vignette, anche di grandi dimensioni, con primi e primissimi piani dei protagonisti. In un gioco di sottrazione, con pochi tratti l’artista disegna emozioni e stati d’animo sui volti anche di semplici comprimari che appaiono di sfuggita.
A questa ricchezza grafica si aggiunge l’ultimo valore aggiunto, quello dato dai colori di Dave Stewart, tessuto connettivo di buona parte dei prodotti del Black Hammer-verso.
Con una palette cromatica viva e fatta di colori brillanti che spaziano su una ampia gamma di tonalità, il colorista completa le tavole donando loro profondità e tridimensionalità. Gli arancioni e i rossi del cielo di Spiral City nel momento dell’arrivo dell’Anti Dio, così come le tinte pastello del tramonto che accoglie l’epilogo della storia sono i vertici di un lavoro di colorazione dotato di una potenza narrativa pari a quella profusa da Lemire e Ormston.
Finisce qui, dunque, l’epopea collettiva di Abraham Slam, Golden Gail, Barbalien, Madame Dragonfly, Colonnello Weird, Talky Walky e di Black Hammer, padre e figlia, ma è ben lungi da Lemire l’idea di abbandonare questo universo, ancora ricco di angoli da esplorare. Arriveranno nuove storie, a partire da una miniserie dedicata a Weird, e nuove avventure di questi supereroi più umani e fallaci della media e, per questo, più interessanti.
Abbiamo parlato di:
Black Hammer vol #4 – L’Era del terrore II
Jeff Lemire, Rich Tommaso, Dean Ormston, Dave Stewart
Traduzione di Leonardo Favia
Bao Publishing, 2020
200 pagine, brossurato, colori – 19,00 €
ISBN: 9788832733884
Dan Cutali
5 Maggio 2020 a 15:22
Ottimo pezzo, David! Analitico al punto giusto ed esaustivo. Complimenti!