Alessandro Bacchetta e Raffaello, maestro del colore

Alessandro Bacchetta e Raffaello, maestro del colore

Con la sua nuova opera, Alessandro Bacchetta ci porta in pieno Rinascimento. Per scoprire qualcosa in più, abbiamo fatto quattro chiacchiere con l'autore.

L’ultima volta che l’avevo intervistato Alessandro Bacchetta era al lavoro su Raffaello, l’opera a fumetti che è stata presentata dalla casa editrice Kleiner Flug durante Lucca Comics 2015 . Il protagonista, Raffaello, e il suo autore hanno in comune l’aver vissuto e passeggiato fra le vie di Città di Castello. Ma a parte questo, affrontare un personaggio così famoso, può essere davvero impegnativo.

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Il progetto rientra in una collana che Kleiner Flug dedica agli artisti del passato. Come ti sei rapportato ai tuoi predecessori? Hai cercato una linea di continuità?
No, per questo la casa editrice lascia una grande libertà, sia tecnica che narrativa, nonostante sia una collana. La storia di questo volume è molto strana, io e Alessio D’Uva ed io stavamo parlando su Skype riguardo ai miei futuri progetti, avevo appena pubblicato Una stanza tutta per tre. Gli dissi che volevo fare una storia sul giovane Raffaello, che era vissuto a Città di Castello, un posto che proprio in quegli anni stavo riscoprendo a livello storico e artistico (è la mia città). Quando gliel’ho raccontato, non sapevo nemmeno dell’esistenza di Kleiner Flug. Lui mi disse – non proprio in questi termini… – che aveva assegnato la biografia di Raffaello il giorno prima a uno sceneggiatore. Una coincidenza incredibile. Come potete intuire, alla fine sono riuscito ad appropriarmi del progetto, ma era una cosa che avrei sviluppato comunque. Poi certo, una volta al lavoro ho letto i primi volumi di Kleiner Flug, ma la storia aveva già preso forma nella mia testa ancor prima di conoscere la casa editrice.

La competizione non dovrebbe essere associata all’arte. Agli artisti, forse, ma non all’arte.” lo leggiamo nel testo. Personalmente cosa ne pensi?
È una cosa su cui ho riflettuto molto, perché io sono un artista, ma sono anche una persona estremamente competitiva. Adoro la sfida e tutto ciò che si sacrifica per vincere, sono uno sportivo mancato: mi piace la competizione in ogni sua forma. Ma trovo che le due cose siano davvero in opposizione. La voglia di sfidare gli altri può motivare prima di lavorare e può essere motivo di orgoglio (o riflessione) dopo la pubblicazione, ma durante la creazione non deve esserci spazio per pensieri del genere, si finisce solamente per danneggiare l’opera.

In un’intervista precedente mi avevi detto che “le biografie possono essere più pericolose di altri racconti, perché facilmente sfociano nel pedante o nell’educativo, c’è sempre il rischio che il contenuto prevarichi sul resto“. Qui come hai cercato di ovviare?
Come al solito, ovvero non pensando mai di dover istruire qualcuno su un determinato argomento. Ho raccontato la storia di un uomo, né più né meno. Quando ho voluto parlare dell’arte di Raffaello, l’unico caso in cui c’era il rischio di virare verso il didascalico, l’ho fatto attraverso Michelangelo: ho mischiato le sue considerazioni e i suoi apprezzamenti attraverso la sua emotività e i suoi turbamenti.

La selezione degli episodi della vita di Raffaello presuppone una buona conoscenza della vita dell’autore da parte di chi legge. In base a cosa hai fatto le tue scelte?
Non sono convintissimo che serva conoscere Raffaello per godersi il fumetto. Certo, conoscendone la storia si possono cogliere alcune sfumature che altri non comprenderanno, come i rimandi a Baldassare Castiglione o a Francesco Tifernate, ma in generale penso che sia un libro che possa apprezzare chiunque. I tre periodi che ho selezionato coincidono con giovinezza, maturazione ed età adulta. La parte più difficile, per quanto riguarda la documentazione, è stata sicuramente la prima: ho letto vari testi di Tom Henry, uno studioso di arte rinascimentale specializzato su Luca Signorelli, il critico che meglio ha approfondito i primi anni di Raffaello tra Città di Castello, Perugia e Urbino. Ma, ripeto, penso che la storia nella sua veste finale scorra fluida senza particolari conoscenze pregresse.

 

Quali ispirazioni in comune possono avere secondo te pittori classici e autori di fumetto?
Ah, non saprei proprio, immagino dipenda più dalla persona che dall’occupazione. Non credo ci sia più vicinanza tra un fumettista e un pittore che tra un fumettista e uno scrittore. In generale penso che l’arte sia una, indipendentemente dalla forma che assume. Ad esempio, trovo che Raffaello sia il gemello pittorico di Mozart, la loro estetica mi dà sensazioni molto simili pur essendo ambiti diversi.

Dopo il bianco/nero del tuo fumetto d’esordio sei passato al colore. In quale gamma cromatica ti trovi meglio?
Con entrambe, nei limiti del possibile cambio sempre tecnica in base alla storia. Ad esempio quando scrivo racconti sull’antica Grecia uso quasi sempre un pastello bianco e della carta grigia, come ad esempio in Ipponoo, pubblicato su Verticalismi (www.verticalismi.it/ipponoo). Ammetto che lo stile usato per Raffaello forse è quello più naturale, questo non vuol dire però che lo riutilizzerò in futuro. Mi pareva che il mio tratto istintivo fosse quello più adatto a raccontare questa storia, così non mi sono forzato a stravolgerlo.

Hai una laurea in lettere. In che modo ti influenza nel lavoro come fumettista?
Più che la laurea naturalmente mi ha influenzato il percorso di studi che ho fatto, e l’enorme passione che ho per la letteratura, che rimane la mia forma d’arte prediletta. La semiotica, la narratologia e la storia della letteratura, se studiate, non possono non influenzarti se crei fumetti. Ecco, forse l’influenza più grande risiede proprio nel fatto che, quando scrivo e disegno una storia, mi rapporto più ai romanzi che non alle graphic novel. Ma questo credo sia un bene. Come ogni giovane arte d’estrazione popolare, il fumetto non può essere autoreferenziale se vuol ottenere dignità artistica. Vale anche per il rock e, perché no, pure per i videogiochi, che in questo senso sono decisamente il mezzo d’espressione più arretrato.

Adesso che storie hai nel cassetto?
Ci sono tre possibilità. Una è quella che ho detto prima, cioè realizzare qualcosa sull’antica Grecia. Ne ho parlato anni fa proprio con Alessio D’Uva, prima di iniziare Raffaello. Ho già tutto in mente, dalla tecnica al formato orizzontale, e mi piacerebbe davvero poter lavorare di nuovo con Kleiner Flug su questo progetto. Ma ancora non è scattata la scintilla, non so se concentrarmi su una serie di racconti, su Eschilo o sulla figura di Achille. Insomma, detto brutalmente c’è il contorno ma manca l’asse portante. La seconda possibilità è una storia fantasy per bambini, che prima o poi realizzerò sicuramente. Sono cresciuto e ho amato la narrativa grazie a questo genere, è un ambito che mi sta a cuore nonostante abbia poco a che fare con quanto ho pubblicato finora. La terza è dedicarmi a una storia sperimentale, che ho già tracciato in linea di massima ma che non so con quale tecnica realizzare né come pubblicare, se online o su cartaceo. Insomma, credo che prima o poi vedranno la luce tutte e tre, quale verrà prima dipenderà tanto da me quanto dagli editori a cui le proporrò.

Intervista realizzata via e-mail a novembre 2015

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